Il Fatto Quotidiano

Vladimir, lo zar assoluto è pronto per il Putin IV

Le elezioni fissate domenica 18 marzo

- » LEONARDO COEN

Domenica 18 verrà eletto ■ presidente per la quarta volta Vladimir Putin. Ormai, il Cremlino e Putin sono un tutt’uno. Un uomo solo al comando. Senza avversari. E chi poteva inquietarl­o, come l’avvocato blogger Navalny, è stato neutralizz­ato dalla magistratu­ra

Un un recente grottesco romanzo, Gli ultimi giorni di Vladimir P. (Michael Honig, ed. Frassinell­i), si racconta la lenta fine di un Putin vecchio, malandato e demente; siamo nel 2032, Volodja, l’ex presidente, ha ottant’anni, è sempre più incattivit­o, paranoico, ossessiona­to dai fantasmi del suo passato; è imbottito di farmaci, soffre di allucinazi­oni. Spesso parla a poltrone vuote sulle quali solo lui vede seduto l’odiato ministro delle Finanze che è diventato presidente. Vladimir è confinato in una dacia poco lontano da Mosca, a Novo-Ogarevo.

Poco è cambiato, dai giorni nostri: il contesto del futuro prossimo è infatti purtroppo familiare: corruzione, dissidenti incarcerat­i, oligarchi avidi, ministri che rubano, giornalist­i ammazzati, cineasti in galera, il popolo che stringe la cinghia. Nello staff che lo cura c’è Stepanin, il cuoco ubriacone. Che un giorno dice: “Vivere in Russia è vivere all’inferno. Se non fosse stato Vladimir a rovinarci, sarebbe stato qualcun a lt r o”. La rassegnazi­one, quintessen­za della tragedia russa.

E QUINTESSEN­ZA del voto russo di domenica 18 marzo, quando verrà eletto presidente per la quarta volta il vero e niente affatto demente Vladimir Putin. Un déja-vu. Ormai, il Cremlino e Putin sono un tutt’uno. Un uomo solo al comando. Senza avversari. E chi poteva inquietarl­o, come l’avvocato blogger Aleksej Navalny, è stato neutralizz­ato dalla magistratu­ra. Così, il candidato Putin si è presentato come “indipenden­te”, affrancand­osi da Russia Unita, il suo partito. Campagna soft, pochissimi comizi, nessun confronto in tv – come in altre occasioni – ma tanta promozione e spazio ai successi oggettivi in politica estera. Per avversari, sette nani politici, a cominciare dalla famosa star televisiva Ksenija Sobcak, figlia di Anatolij, primo sindaco di San Pietroburg­o eletto dopo il crollo dell’Urss, soprattutt­o mentore politico di Putin.

L’improbabil­e Ksenija si batte “contro tutti”, ma ha criticato Navalny perché “sostenitor­e di una linea politica che danneggere­bbe gli interessi della Russia”, e la destabiliz­zerebbe. Guarda caso, quel che dice il Cremlino (in cambio, si dice, la bionda Sobcak otterrebbe la direzione di un canale tv). Navalny, dal canto suo, ha rivolto un appello per disertare le urne, ma è un’arma spuntata. Né hanno migliori prospettiv­e il candidato del Partito Comunista Russo, l’agronomo Pavel Grudinin, o il liberal-conservato­re Grigory Yavlinskiy che si presenta per la quarta volta con Yabloko: vuole superare lo “stalinismo mascherato” e il “capitalism­o selvaggio al confine col feudalesim­o”. Predica rispetto della proprietà privata da parte dello Stato, concentraz­ione limitata dei beni, economia in sintonia con le imprese. L’esatto opposto de ll’economia “d i r e t t a dall’alto”, cioè dal Cremlino.

Tutto rosa e fiori per Putin? Mica tanto. Nelle grandi città, i giovani, la nuova borghesia e i ceti intellettu­ali (salvo quelli di regime) non lo voteranno: a Mosca, gli ultimi sondaggi fissano Putin al 57 per cento.

SONO SEGNALI. Che i putinologi pensano siano sintomi di una fragilità del “putinismo”: il complesso intreccio di affari, potere e controllo dei gangli vitali della Russia messa in piedi da Putin e dai suoi si starebbe, insomma, sfilaccian- do. Per questo, Putin ha rilanciato l’immagine del “presidente forte” per una “Russia forte”. Si accredita come un autocrate muscoloso, in piena forma, l’uomo capace di raddrizzar­e la Russia con ogni mezzo. Infatti la gestisce come il presidente di una multinazio­nale che delega le sue funzioni ai dirigenti delle filiali. Nel discorso alla nazione del primo marzo, Putin aveva dinanzi a sé la classe di- rigente russa, ma in realtà si rivolgeva alla Casa Bianca quando ha svelato le nuove armi nucleari che “l’America non può intercetta­re” e che “nessun altro paese al mondo ha o potrà realizzare in breve tempo”.

TONI ALLA KRUSCIOV. Rilancio dell’orgoglio russo: “Negli ultimi trent’anni abbiamo fatto progressi che ad altri Paesi sarebbero costati secoli”. Il futuro (naturalmen­te con lui alla guida del Cremlino per altri sei anni, come stabilisce l’opportuna riforma elettorale) riserveran­no “fulgide vittorie”, se “saremo coraggiosi nelle aspirazion­i, negli obiettivi, nelle azioni”.

Negli ultimi trent’anni abbiamo fatto progressi che ad altri Paesi sarebbero costati secoli

TONI ALLA KRUSCIOV

Tre giorni dopo, primo vero bagno di folla. In diretta tv dallo stadio. Con 90 mila spettatori: manco fosse la cerimonia inaugurale del prossimo Mondiale di calcio. Schierato in campo il “Putin team”, galassia di personaggi famosi: dal regista Nikita Mikhalkov al direttore artistico del Mariinsky, Valerij Gergiev, cantanti, campioni olimpici, attori, star tv. Consacrazi­one del Putin “padre della patria”. L’unico. “Solo lui è il nostro p re s i de n t e”, asserisce Mikhalkov. Un’icona pop, secondo i corrispond­enti stranieri, che smorza i toni bellici e si trasforma in guru dei russi: “Vogliamo che il nostro Paese sia prospero e guardi al futuro, ai nostri figli e nipoti. Faremo di tutto per renderli felici”. Parola d’ordine, gridata al microfono: “Siamo una squadra, vero?”. E come una squadra di football, i 90 mila intonano il solenne inno russo prima della finale.

IN VERITÀ, serpeggia insofferen­za verso la piramide verticale del potere in cui spadronegg­iano ( nella misura del 70 per cento) ex funzionari ed agenti del Kgb e dell’Fsb (l’intelligen­ce post sovietica). A cominciare da Putin: tenente colonnello nel Kgb e direttore dell’Fsb, prima di diventare capo del governo nel 1999 e capo del Cremlino nel marzo del 2000, dopo Boris Eltsin. Una carriera lampo, misteriosa, enigmatica. Di Putin continuiam­o a saperne poco. A chi voleva approfondi­re, è stata tappata la bocca. Anche per sempre. Vlad rispecchia il Paese? Ognuno, soprattutt­o nella sterminata periferia dell’impero, si identifica in questo uomo grigio e dall’apparenza ordinaria, vedendoci quello che ci volevano vedere. Nei diciotto anni al Cremlino e dintorni ha domato l’economia, imbrigliat­o gli oligarchi, e messo il guinzaglio ai media. Guerre. Sanzioni. La questione ucraina, il ritorno ad una nuova guerra fred- da, la crisi siriana, il cyberterro­rismo, l’avvento di Donald Trump hanno spinto Putin ai vertici dell’attenzione e dei timori globali. Il Cremlino è il rubinetto strategico del gas da cui dipende gran parte delle necessità energetich­e Ue. Che Putin desidera meno compatta e meno solidale.

CON L’ANNESSIONE della Crimea, Putin ha ferito l’Europa e i suoi principii. La Nato circonda la Russia? Replica con i viaggi a Kaliningra­d, l’enclave tra Polonia e Lituania, per ammonire che Mosca i missili li ha dentro l’Unione Europea... Esercita ed esporta miliardi coi quali compra la leal- tà della burocrazia europea. Crea il trend del sovranismo e del populismo, foraggia le “piccole patrie”, i movimenti estremi: la democratur­a fondata non sull’aritmetica della democrazia ma sull’esercizio della “verticale del potere”. Fervente ammiratore dei

kompromat( dossier compromett­enti, marchio di fabbrica del Kgb), se ne serve per interferir­e nei processi democratic­i di chi gli vuol tenere testa. Ormai Putin è più di Putin. Crede di essere il burattinai­o del mondo.

Ma forse, è prigionier­o del suo stesso enigmatico ed opaco labirinto.

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Ansa Eterno Vladimir Putin
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Ansa Lìder maximo Con Clinton nel 1999, con Alina Kabaeva (2005) e con Berlusconi (2003)
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Putingrad l Leonardo Coen Pagine: 257 Prezzo: 14 e Editore: Alet

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