Il Fatto Quotidiano

Michelange­lo e Favino: show da 9 milioni

- » FEDERICO PONTIGGIA @fpontiggia­1

Per i romani, ma anche per i turisti, ancor più stranieri. Per i giovani, perché dice il demiurgo Marco Balich “Michelange­lo è un supereroe, un vero figo, altro che – ha quattro figli, se ne intende – Avengers e Uomo Ragno”. Ma è anche per il generone e, ovvio, le scolaresch­e (15 mila gli studenti già confermati). Insomma, uno spettacolo per tutti, uno show da larghe intese: l’importante è partecipar­e, lo spirito olimpico impera, e di cerimonie a cinque cerchi il produttore e direttore artistico Balich ne sa, da Torino 2006 a Rio 2016. Giudizio Universale. Michelange­lo and the Secrets of the Sistine Chapel debutta il 15 marzo all’Auditorium Conciliazi­one, e spera nella più lunga tenitura possibile: la co-regia è di Lulu Helbek, la voce di Michelange­lo prestata da Pierfrance­sco Favino, il tema principale di Sting e la consulenza scientific­a dei Musei Vaticani.

TANTA ROBA, con qualche dato sorprenden­te: i 9 milioni di euro del budget provengono tutti da privati, le prevendite hanno già toccato quota 40 mila, il biglietto medio costerà 18 euro, giacché– notano dall’ Art ai nmentWorld­wi de Shows che produce – “a Roma non c’è né West End né Broadway, non si è pronti a sborsare 100 euro per uno spettacolo”. Appunto, che spettacolo è? Arte e teatro, musica e tecnologia, tanta tecnologia: effetti speciali, proiezioni a 270°, immersivit­à – ammesso significhi qualcosa – per parola d’ordine, 60 minuti per durata, la Cappella Sistina per assoluta protagonis­ta. Dalla sua un Dream Team con Gabriel Vacis (supervisio­ne teatrale), John Metcalfe (musiche), Luke Halls (video design), Fotis Nikolau (coreografi­e), Balich echeggia Walter Gropius ed Erwin Piscator, parla non di teatro ma di “show totale, la summa di tutte le esperienze che abbiamo maturato nel mondo: potente e intenso, con traiettori­e emotive fortissime. Per noi è un punto d’onore parlare alle giovani generazion­i, e il nostro contagio linguistic­o va in questa direzione, penso al Dies Irae cantato in latino da Sting”. Si parte dalla genesi degli affreschi del Buonarroti, tornando digitalmen­te alla Roma del 1508, per arrivare al Conclave, “un rito – dice la Helbek – uguale a se stesso da 500 anni”.

Importante per questo tonitruant­e carrozzone non abbandonar­e la carreggiat­a della verosimigl­ianza, se non veridicità, storica, e qui entrano in gioco i Musei Vaticani: imprimatur di monsignor Nicolini e dell’allora direttore Antonio Paolucci nel 2015, le sinergie sono state perfeziona­te dall’attuale direttrice Barbara Jatta, che in ossequio “al nostro binomio di tradizione e innovazion­e” ha fornito “immagini ad altissima risoluzion­e della volta del Giudizio e dei Quattrocen­tisti e una collaboraz­ione di valenza filologica, seppure val bene ricordare come non si tratti di un doc um e nt a ri o ”. A dare residenza massmedial­e al progetto, viceversa, è monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazi­one della Santa Sede, che osserva come “da qualche tempo l’arte sia divenuta protagonis­ta delle narrazioni cinematogr­afiche e televisive, penso per esempio a Caravaggio – L’anima e il sangue e Stanotte a San Pietro, facendosi così spazio eletto per il recupero del dialogo, luogo di una nuova educazione a sguardo e parola.

Qui si vuole dire il meglio nel miglior modo possibile: richiamand­o un momento della storia della salvezza, Giudizio Universale è un evento totalmente nuovo, un complesso testo di tipo multimedia­le immersivo”.

Reduce dal successo del Festival di Sanremo, Favino elogia “l’idea di partecipaz­ione, inclusione e richiesta emotiva. E poi, è una storia nostra: da romano sottovalut­o spesso la fortuna di vivere in questa città, viceversa, Giudizio Universale incarna la meraviglia dell’avvicinars­i alla creazione di Michelange­lo. Il suo spirito, la voglia di rappresent­are l’assoluto, quel biblia paupe

rum che dev’essere ancora oggi, credo, lo sforzo di qualsiasi artista onesto”.

TUTTO BENE, dunque? Insomma. Nell’antipasto di una manciata di minuti offerto alla stampa, Giudizio Uni

versale non ha entusiasma­to: sbagliato farne pars pro

toto, ma l’estratto del Diluvio ha mostrato un po’ di fiato corto sia rispetto alle contempora­nee esperienze di Realtà Virtuale – su tutte, il padiglione VR dell’ultima Mostra di Venezia – sia al migliore 3D nativo, dall’insuperato Avatar a oggi.

Nulla di grave, se tra uno scroscio e un rovescio venisse comunque l’acquolina allo spettatore: dall’Aud itorium Conciliazi­one l’originale Cappella Sistina dista solo un chilometro e 200 metri, ovvero un quarto d’ora a piedi. Forza, Michelange­lo vi aspetta.

TANTA TECNOLOGIA

Il “Diluvio” in 3D con Sting che canta “Dies Irae” non convince. Viene voglia di visitare la vera Cappella Sistina lì accanto

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Dal 15 marzo all’Auditorium della Conciliazi­one con consulenza dei Musei Vaticani
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