Il Fatto Quotidiano

Lo chiamavano Matteo, ora già chiedono: chi?

Spariscono i fedelissim­i dell’ex leader: da Gentiloni fino a Zanda, tutti giù dal carro

- » GIANLUCA ROSELLI

Quando un leader viene sconfitto, le truppe si assottigli­ano. Iniziano i distinguo, le prese di posizione, i “sono d’accordo, ma…”. Prima flebili voci isolate, poi più numerose, infine coro greco.

STA ACCADENDO anche a Matteo Renzi, che ieri nella direzione del Pd ha formalizza­to le dimissioni da segretario. Direzione “bruciata” da una lunga intervista dello stesso Renzi al Corriere, nella quale ha rivolto più di un pensiero ai voltagabba­na delle ultime ore. “Qualche dirigente medita il tradimento? Forse. Del resto la viltà di oggi fa il paio con la piaggeria di ieri. E, se per caso in futuro dovessimo tornare, sarebbe accompagna­ta dall’opportunis­mo di domani”. E poi ancora: “I mediocri fanno sempre così: hanno scarsa fantasia, i mediocri”.

Parole cui ha replicato un renziano come Matteo Richetti . “Renzi lamenta piaggeria e viltà, ma queste persone lui spesso le ha promosse”, ha detto il deputato emiliano a Otto e mezzo.

A dare il fuoco alle polveri, subito dopo il voto, sono stati Luigi Zanda e Anna Finocchiar­o, i primi a chiedere un passo indietro di Renzi. Non fedeli doc, ma due che sulla causa del renzismo hanno investito parecchio: il primo come capogruppo al Senato, la seconda come assistente di Maria Elena

Boschi nella stesura della riforma costituzio­nale poi bocciata dal referendum. Poi i “post renziani”h anno iniziato a spuntare come funghi. A partire da Dario Franceschi­ni, che Renzi ha incolpato di essere già in trattativa con M5S sulle presidenze delle Camere. Per continuare con Ma- rianna Madia, Debora Serracchia­ni, Stefano Bonaccini, Nicola Latorre (in rotta anche per la mancata candidatur­a). Lo stesso Marco Minniti, citato da Renzi come fiore all’occhiello del Pd, ha iniziato una partita autonoma. Come pure Pier Carlo Padoan. Gli stessi Matteo Orfini e Maurizio Martina (reggente del partito), restano ufficialme­nte fedeli, ma hanno iniziato a correre su binari paralleli.

ABBANDONAR­E la nave finché si è in tempo, sembra essere il refrain di buona parte della classe dirigente del Pd. I distinguo sono sui contenuti: trattare col M5S, per esempio, o parlare con Berlusconi.

Post renziano si può definire anche Beppe Sala: ha chiesto un cambio di passo al Pd in chiave “modello Milano”. L’antirenzis­mo di Carlo Calenda è cosa nota, ma dopo la sconfitta l’ex ministro per lo Sviluppo economico non fa nemmeno più finta. Anche Claudio De Vincenti sembra già più freddo. I franceschi­niani, come Roberta Pinotti, serrano i ranghi. Infine, Paolo Gen tiloni . La distanza col premier l’ha messa lo stesso Renzi con le critiche nella prima uscita pubblica post voto. Ecco, se Gentiloni si poteva considerar­e “il presidente del consiglio facente funzione”, il futuro sarà assai diverso. Punto interrogat­ivo, invece, su Graziano Delrio: per ora sembra restare “fedele alla linea”, magari con la speranza di diventare segretario, in aprile. In assemblea nazionale al momento Renzi può contare su 460 voti (su 900). Fino ad allora il Risiko delle correnti sarà in continuo movimento.

 ?? Ansa ?? Il premier uscente Gentiloni
Ansa Il premier uscente Gentiloni
 ?? Ansa ?? Zanda, Finocchiar­o, Richetti
Ansa Zanda, Finocchiar­o, Richetti
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy