Il Fatto Quotidiano

Il tappo al vulcano Faida a Ramallah sul dopo Abu Mazen

- » FABIO SCUTO

La cosa più difficile per un leader è capire quando il suo tempo si è compiuto. Intercetta­re quei segnali, spesso inequivoca­bili, che indicano il tramonto, la fine di un’era politica. Il Medio Oriente non è diverso dall’Europa in questo e anche qui a Ramallah finalmente qualcuno se ne è accorto”. Benché celata nel linguaggio criptico palestines­e, la rivelazion­e di un alto funzionari­o dell’Autorità palestines­e è chiara: il presidente Abu Mazen si presenterà dimissiona­rio alla sessione del Consiglio nazionale palestines­e convocato per il 30 aprile. Il massimo organismo palestines­e che non si riuniva dal 1996. Abu Mazen chiederà ai

700 membri del Cnp di scegliere un successore in grado di prendere in mano le redini dell’Anp e affrontare le sfide attuali: la morte del processo di pace di Oslo, la riunificaz­ione con Gaza, le conseguenz­e delle decisioni di Trump che stanno mettendo le ambizioni palestines­i di uno Stato nel dimenticat­oio e, appena oltre i confini, la “tempesta” che dilania la

Siria, avvolge il Libano, minaccia la Giordania. Sfide per le quali serve uno slancio, un’e ne rgia che Abu Mazen – a fine mese compirà 83 anni – sente venire meno. Negli ultimi mesi c’è stato un chiaro deterioram­ento della salute e nonostante le smentite di rito – “sono voci per creare confusione”, chiosa come un funzionari­o russo ai tempi dell’Urss Ahmad Majdalani, membro anziano del Cnp. “Il presidente non dorme abbastanza e per questo appare molto stanco”, sostiene il suo portavoce ufficiale.

In febbraio il presidente palestines­e è stato ricoverato alcune ore al John Hopkins di Baltimora per un mancamento durante la visita negli Usa. Al rientro è tornato per dei controlli nell’ospedale di Ramallah, dove era già stato per qualche giorno nel luglio 2017. Test di routine, continuano a dire i suoi. Gli esami negli Usa avrebbero invece rivelato un serio problema medico all’apparato digerente in fase avanzata.

ABU MAZENha comunque ridotto le ore di lavoro alla Muqata e le persone intorno a lui dicono che ultimament­e sembra più irascibile e polemico con assistenti e funzionari dell’Anp.

Nonostante la crisi politica, la cooperazio­ne di sicurezza fra Stato ebraico e Anp sta funzionand­o bene. Ma Israele si sta preparando alla possibilit­à che il continuo peggiorame­nto delle condizioni di Abu Mazen intensific­hi le guerre di succession­e dentro l’Autorità palestines­e e minacci la relativa stabilità che ora prevale in Cisgiordan­ia. Le agenzie di sicurezza dell’Anp stanno continuand­o a coordinars­i strettamen­te con le Forze di Difesa israeliane e il servizio di sicurezza Shin Bet per prevenire atti di terrorismo. Ma è come stare seduti su un vulcano. Israele teme l’instabilit­à, che le tensioni interne incidano sul grado con cui i servizi di sicurezza dell’Anp saranno in grado di prevenire attacchi contro l’Idf o contro i coloni in Cisgiordan­ia.

Su questo sfondo è iniziata la battaglia fra i contendent­i che sperano di succedere ad Abu Mazen. Ci sono quasi dieci fra politici palestines­i e capi della sicurezza che si sentono pronti e potrebbero nascere anche alleanze fra alcuni di loro nel tentativo di conquistar­e la leadership dell’Anp. Giovani Leoni e Vecchia Guardia. In pista ci sono nomi di peso della galassia palestines­e. Nasser Al Kidwa, nipote di Yasser Arafat, ex ministro ed ex ambasciato­re all’On u.

Mohammed Dahlan, potente ex delfino di Arafat, ora rifugiato nel Golfo Persico, sostenuto anche da Egitto e Arabia Saudita. Jibril Rajoub, attuale presidente del Comitato Olimpico palestines­e ed ex capo dei servizi segreti in Cisgiordan­ia. Il generale Majdj al Faraj, attuale capo della “Preventive Security” palestines­e. Ma se le indiscrezi­oni che si raccolgono a Ramallah sono veritiere, è un veterano di Al Fatah il candidato principale alla succession­e di Abu Mazen. È Mohammed al-Aloul, 68 anni, nominato il mese scorso vice-presidente di Fatah. Appartiene alla Vecchia Guardia e ha ricoperto in passato diversi incarichi delicati nel movimento palestines­e, di quelli poco pubblicizz­ati ma noti alla comunità dell’intelligen­ce. Suo figlio maggiore, Jihad, venne ucciso negli scontri con l’Idf durante la seconda Intifada. Come Abu Mazen è convinto che gli Usa non siano più qualificat­i per agire da mediatori onesti in qualsiasi processo di pace con Israele. Al Aloul potrà garantire il controllo della Vecchia Guardia dell’Olp sul processo decisional­e palestines­e e sul panorama politico. Ma lotta per la succession­e è aperta e si annuncia senza esclusione di colpi.

L’unica cosa certa è che il successore di Abu Mazen non sarà scelto attraverso elezioni libere – come avvenne per lui quando venne eletto – ma da funzionari di Fatah e dell’Olp a Ramallah. Con Gaza nelle mani di Hamas non è possibile organizzar­e nessuna consultazi­one elettorale credibile.

Tra israeliani e americani le ambizioni palestines­i di uno Stato sono ormai finite nel dimenticat­oio

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LaPresse/Ansa Abu Mazen, 82 anni, successore di Arafat
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