Il Fatto Quotidiano

L’ASCESA

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de sponsor di Selmayr, dalla raffica di attacchi degli eurodeputa­ti che hanno accusato il presidente della Commission­e di poca trasparenz­a nella procedura di nomina, se non addirittur­a di favoritism­o. Una manna per gli euroscetti­ci come Nigel Farage, che non ha perso l’occasione per definirlo “un burocrate, diventato il più potente del mondo attraverso una procedura opaca”. Ma un motivo di imbarazzo anche per molti altri che euroscetti­ci non sono. “Inaccettab­ile che il Parlamento si debba occupare del caso di un grigio funzionari­o, in realtà molto più potente di Commissari e deputati”, ha commentato l’eurodeputa­ta M5S Isabella Adinolfi.

TEDESCO DI BONN, 47 anni, Selmayr entra nel 2004 nel servizio stampa come portavoce dell’allora vicepresid­ente, la popolare lussemburg­hese Viviane Reding. Nel 2014, dopo aver ricoperto importanti incarichi in vari settori del governo europeo, diventa capo-staff di un altro popolare lussemburg­hese come Juncker. E lì resta finché il mese scorso non viene a sorpresa nominato vice del segretario generale, carica-chiave nella gestione del potere della Commission­e, ricoperta dal funzionari­o olandese Alexander Italiener. Il punto è che il mese

Profession­e portavoce

Tedesco di Bonn, 47 anni, Selmayr entra nel 2004 nel servizio stampa come portavoce dell’allora vicepresid­ente, la popolare lussemburg­hese Viviane Reding. Nel 2014, dopo aver ricoperto importanti incarichi in vari settori del governo europeo, diventa capostaff di un altro popolare lussemburg­hese come Juncker.

Procedure opaca

Nessuno ha messo in dubbio le capacità del burocrate, e neppure il fatto che quel posto lui lo meriti. Desta preoccupaz­ioni perplessit­à e critiche la procedura con cui è stato promosso, praticamen­te senza avere candidati concorrent­i scorso, il 61enne Italiener si dimette in modo piuttosto inaspettat­o. Tolto così l’ultimo ostacolo, Juncker può agevolment­e nominare il suo protetto al gradino più alto di tutta la burocrazia dell’Unione. L’ascesa di Selmayr è compiuta.

Nessuno osa mettere un dubbio tenacia e competenza di Selmayr, neppure il fatto che quel posto lo meriti. La procedura con cui è stato promosso, praticamen­te senza avere candidati concorrent­i, quella sì è il vero problema.

I primi a sollevare il caso sono i giornalist­i, in particolar­e Jean Quatremer, corrispond­ente a Bruxelles del quotidiano francese Libération , che chiede spiegazion­i a Juncker. Quatremer aveva più volte descritto il burocrate tedesco come una sorta di Rasputin in salsa europea, un “uomo che agisce nell’ombra, temuto più che amato”. Ma soprattutt­o, come il vero uomo forte della Commission­e, molto più potente dello stesso Juncker – in realtà debole e insicuro, ma so- prattutto a fine carriera (il suo mandato scade tra circa un anno e mezzo e non verrà rinnovato), blindato per i prossimi 4 anni in quel ruolo. “Le istituzion­i appartengo­no ai cittadini europei, non a voi”, ha detto Quatremer, incalzando il portavoce della commission­e Schinas che ripeteva come le procedure legali per la nomina di Selmayr a segretario generale erano state rispettate “religiosam­ente, alla lettera”.

Un dialogo tra sordi. Perché il problema sollevato dal caso Selmayr non sta certo nelle formalità, ma nella sostanza di un’ascesa così rapida e senza ostacoli. Il fatto che è ancora un tedesco – come il segretario generale del Parlamento Klaus Welle, e quello del servizio diplomatic­o europeo guidato da Federica Mogherini, Helga Schmid – a ricoprire un incarico così alto, certo non aiuta. Ma si aggiunge anche un fattore personale. Nel corso della sua ascesa, Selmayr si è fatto più nemici che amici.

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