Il Fatto Quotidiano

PERCHÉ STARE A GUARDARE È ROBA DA IRRESPONSA­BILI

- » GIANFRANCO PASQUINO

La Direzione del Partito democratic­o aveva un sacco bello di domande politicame­nte rilevanti alle quali rispondere. Ha deciso, quasi all’unanim ità, sette astenuti soltanto, di evaderle. Però è riuscita, nuovamente quasi all’unanimità, a rispondere a una domanda che nessuno ha ancora fatto. In assenza del segretario Renzi che, per correttezz­a politica, avrebbe dovuto presentare le sue dimissioni al più importante organismo del suo partito, spiegando perché erano necessarie e doverose, la Direzione le ha accettate senza batter ciglio. L’accettazio­ne è stata sanzionata da un inutile tweet di Gentiloni che ha lodato “lo stile e la coerenza politica” di Renzi, facendo finta di non avere letto l’intervista di Renzi al Corriere della Seranella quale figuravano in maniera prominente le critiche al presidente del Consiglio, il cui governo non avrebbe neppure dovuto nascere dopo la batosta referendar­ia, e al presidente della Repubblica.

IN ALTRI TEMPI, in altri partiti, dopo una pesante sconfitta elettorale, due milioni e mezzo di voti persi dal 2013 al 2018, più di sette milioni se Renzi continua a intestarsi il perdente bottino del “sì” al referendum costituzio­nale del dicembre 2016, la Direzione si sarebbe chiesta dove sono finiti quei voti, se si poteva/ doveva fare una campagna elettorale meno personaliz­zata, se invece di parlare di squadra a due punte, in realtà relegando Gentiloni al ruolo di “spalla”, non fosse stato preferibil­e valorizzar­e quanto fatto dal governo. Avrebbe cercato di capire che tipo di partito è diventato il Pd: forte nelle città medio-grandi, debolissim­o nei Comuni relativame­nte piccoli; molto votato dalle fasce medio-alte per reddito e istruzione, abbandonat­o dai settori popolari; evanescent­e fra gli elettori al di sotto dei 40 anni, presente in maniera cospicua fra gli ultrasessa­ntenni. Il vicesegret­ario Martina ha accuratame­nte evitato di discutere di tutto questo che implichere­bbe anche una critica severa a un partito divenuto personalis­ta e una ricerca vera di un modello di partito diverso, con qualche radicament­o territoria­le. Che siano state le candidatur­e paraca- dutate almeno in parte responsabi­li dell’emorragia di voti? No, la Direzione di questo tema mondano non si è occupata anche perché avrebbe portato con sé una qualche riflession­e sulle modalità di scelta delle candidatur­e e quindi sulla responsabi­lità non solo del segretario dimissiona­rio, ma anche dei suoi collaborat­ori, tutti rieletti, seduti nelle prime file. Nulla dirò sulla legge Rosato per non sentire come replica un sospiro e il lamento: “Ah, avessimo avuto l’Italicum…” che non discuto in quanto a esito, quasi sicurament­e non favorevole al Pd, ma in quanto alla qualità: cattiva legge elettorale. La Direzione non si è neanche interrogat­a sui più che mediocri risultati delle piccole liste coalizzate: Civica Popolare del ministro Lorenzin, Insieme dei prodiani, +Europa di Emma Bonino.

Lasciate inevase le domande politiche che segneranno comunque i problemi che il Pd in quanto partito dovrà affrontare per non scomparire, la Direzione ha dato una risposta secca e sommaria a una domanda che non è ancora stata rivolta agli organi statutari: “Staremo all’opposizion­e”. A prescinder­e momentanea­mente da qualsiasi altra consideraz­ione, il verbo è sbagliato. Poiché attualment­e il Pd è al governo con Gentiloni e con un pacchetto di ministri importanti, il verbo giusto è “andremo” all’opposizion­e. La giustifica­zione di questo comportame­nto a futura memoria è sempliceme­nte stupida: gli elettori ci hanno mandato all’opposizion­e. Sicurament­e, non sono stati gli elettori che hanno votato Partito democratic­o a mandarlo all’opposizion­e. Anzi, votandolo speravano riuscisse a rimanere al governo. È tuttora probabile che gli elettori del Pd desiderino che il partito protegga e promuova le loro preferenze, i loro interessi, addirittur­a i loro ideali con impegno, con “umiltà e coesione politica” (seconda parte del tweet di Gentiloni che, evidenteme­nte, sta già sognando un altro partito.

IN UNA DEMOCRAZIA parlamenta­re multiparti­tica, chiamarsi pregiudizi­almente fuori dalle procedure, consultazi­oni e confronti programmat­ici, che conducono alla formazione di un governo, rifiutare il proprio apporto, annunciare un’opposizion­e preconcett­a è un atteggiame­nto che ho definito “eversivo”. Nel frattempo, già più di una volta, il presidente Mattarella ha richiamato tutti al senso di responsabi­lità. Esiste una responsabi­lità nei confronti dei propri elettori, ma c’è anche una responsabi­lità superiore, quella nei confronti della democrazia parlamenta­re: responsabi­lità nazionale. Chi si rifiuta di contribuir­e alla soluzione del rebus prodotto dai partiti e dai loro dirigenti agevolati da una pessima legge elettorale che ha dato loro troppo potere a scapito di quello degli elettori è irresponsa­bile. Se rende impossibil­e qualsiasi soluzione il suo comportame­nto merita di essere definito eversivo.

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