Il Fatto Quotidiano

IL CONVENTO SFRATTA CRACCO

Ad Abbiategra­sso lo chef nella bufera

- » FERRUCCIO SANSA

“Solo in Italia abbiamo un convento del ’400 occupato e usato gratis come magazzino di cucine da uno chef stellato”, sorride Domenico Finiguerra, consiglier­e comunale ad Abbiategra­sso.

La cucina di Cracco è nell’antico Convento dell’Annunciata. Che sul sito dell’associazio­ne Maestro Martino, “fondata e presieduta” dallo chef, vie- ne presentato come sede dell’ Ambasciata del gusto. Peccato che il contratto sia scaduto il 15 ottobre 2017. “Vorremmo capire – chiede Finiguerra – a che titolo Cracco la occupa. E se il contratto, siglato dalla vecchia giunta, sia stato un affare o un pacco per il Comune che ha speso 11 milioni per recuperare l’immobile. Mentre da Cracco riceveva mille euro al mese”.

Tutto

comincia nel 2015, vigilia dell’Expo. Ad Abbiategra­sso plana Carlo Cracco, star tv con due stelle Michelin (oggi una). Il Comune gli affida parte del Convento. Finiguerra racconta: “Nei primi mesi ci risulta che l’immobile sia stato concesso gratis. Poi a un canone molto basso. Ma le cucine sono sempre lì”. Parliamo dello splendido convento dell’Annunciata, costruito nel 1466 dagli Sforza. Il sindaco Cesare Nai ha ereditato Cracco dalla passata giunta. Ma il canone non era fuori mercato? “Non era alto - risponde Nai - Però il contratto era breve, non si poteva pretendere un investimen­to. Adesso faremo una gara. Noi spendiamo 200 mila euro l’anno per la manutenzio­ne…”. Da tre anni il Comune ci rimette centinaia di migliaia di euro.

E Cracco? Le cucine restano lì. E il sito dell’Ambasciata scrive: “La sede è nel Convento dell’Annunciata”. Cracco in un video dice: “Immagina un luogo dove si fondono tradizione e innovazion­e, alla fine del ‘400 nasce questo convento affrescato da pittori di scuola leonardesc­a. In questo spazio cuochi di tutto il mondo avranno cittadinan­za”. Com’è pos- sibile? Cracco non parla. Risponde la sua associazio­ne: “L’accordo nei primi mesi non prevedeva un pagamento, ma attività culturali concordate con il Comune”. Poi? “Il canone era adeguato”. Ma perché siete ancora lì? “Abbiamo chiesto il rinnovo e nelle more ci è stato consentito di lasciare l’attrezzatu­ra”. E l’evento benefico a cui, secondo Finiguerra, avreste detto di no? “Noi non avevamo più la disponibil­ità dei locali. Toccava al Comune”. Intanto i fornelli sono sempre lì, vicino alle volte affrescate.

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