Il Fatto Quotidiano

Comprare senatori fa schizzare lo spread? La Corte dei conti indaga

Ex Cavaliere nel mirino per il danno erariale

- » LUCIANO CERASA

Aquasi

sette anni di distanza da quei giorni vissuti sotto il bombardame­nto dei mercati finanziari, per Silvio Berlusconi torna l'incubo dello spread. Caduto in prescrizio­ne il reato di corruzione, l’incauto “acquisto” del senatore Sergio De Gregorio per tre milioni di euro, ordito per scalzare Prodi da Palazzo Chigi, potrebbe costare ora ben più caro al leader di Forza Italia.

LA CORTE DEI CONTI del Lazio sta procedendo nei confronti di Berlusconi per il danno - d’immagine e erariale - che sarebbe stato causato allo Stato dal fatidico cambio di casacca. Stabilita l’ipotesi dell’illecito, si sono detti i procurator­i del Lazio, occorre tradurla in pratica: come si fa a valutare le conseguenz­e sulle casse pubbliche della caduta di un governo, resa possibile da un reato, seppure prescritto? Incuranti delle conseguenz­e che una contestazi­o- ne così surreale potrebbe avere su migliaia di atti di governo centrale e periferico, i magistrati contabili hanno pensato di incaricare la Guardia di Finanza di stimare l'ammontare dell'incremento degli interessi sul debito pubblico che lo Stato ha pagato dall'insediamen­to alle dimissioni del Berlusconi quater. Se l’ex Cavaliere non avesse fatto cadere fraudolent­emente Prodi, devono aver ragionato i magistrati della Corte dei Conti, lo spread non sarebbe aumentato.

L'esecutivo di centrodest­ra nato a seguito della caduta del governo dell'Unione, si insediò il 7 maggio 2008 e rimase in carica fino al 16 novembre 2011, per un totale di 1 287 giorni, ovvero 3 anni, 6 mesi e 8 giorni. In questo periodo lo spread (il differenzi­ale degli interessi pagati tra i Btp italiani e i bund tedeschi) passò dai 43,3 punti del governo del professore al record di 574 conseguito sotto la gestione del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, tanto che Berlusconi si dimise gridando al complotto. La fattura che la Gdf potrebbe presentare all'ex presidente del Consiglio è sicurament­e stratosfer­ica. C'è da calcolare infatti gli interessi composti pagati su un differenzi­ale, accumulato in piena crisi del debito sovrano tra il 2008 e il 2011, pari a circa 770 miliardi. La sentenza di condanna a tre anni di reclusione pronunciat­a dal tribunale di Napoli l'8 luglio 2015 nei confronti del patron di Mediaset e dell'ex direttore dell'Avanti, Valter Lavitola è stata dichiarata prescritta il 20 aprile 2017 dalla Corte di appello del capoluogo partenopeo.

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Ansa Sergio De Gregorio

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