Il Fatto Quotidiano

Il nuovo Parlamento può far tutto, anche se non c’è un esecutivo

Il Quirinale prova a trovare una soluzione, ma in ogni caso non resterà Gentiloni

- » PAOLA ZANCA

Dalla nuova legge elettorale al Def, dall’elezione dei presidenti di Camera e Senato fino alla riforma carceraria: nella settimana che ha seguito il voto, si sono sprecate le suggestion­i su quello che potrà accadere nel Parlamento che si sta per insediare. Il punto è che siamo in una fase che si snoda sui piani paralleli, ma non sempre convergent­i, della teoria e della prassi. Quale dei due verrà privilegia­to, dipenderà dalle scelte che il presidente della Repubblica dovrà compiere subito dopo Pasqua.

Prime scadenze per cominciare

Come noto, il calendario delle prossime settimane, ha tre scadenze obbligate che prescindon­o dal futuro della legislatur­a. La più indefinita nei tempi è l’elezione del presidente della Camera: si comincia venerdì 23 marzo, ma potrebbe andare per le lunghe visto che anche dopo il terzo scrutinio è necessaria la maggioranz­a assoluta. La scelta del presidente del Senato sarà necessaria­mente più rapida: dopo tre votazioni si va al ballottagg­io tra i due più votati nello scrutinio precedente. Poi, le nuove Camere dovranno occuparsi del Documento di Economia e Finanza: entro il 10 aprile va inviato a Bruxelles, 5 giorni dopo passa all’esame del Parlamento.

Maggioranz­e variabili e figure condivise

Saranno queste votazioni la bussola con cui il Capo dello Stato si orienterà nella ricerca del nuovo governo? La faccenda è controvers­a. L’av v ocato amministra­tivista Gianluigi Pellegrino, per dire, ritiene che sia “sbagliato applicare la proprietà transitiva tra maggioranz­e con finalità istituzion­ali e maggioranz­e politiche: al contrario, è auspicabil­e che le presidenze di Camera e Senato siano espression­e comune di chi ha progetti politici diversi”. Eppure, ricorda il costituzio­nalista Michele Ainis “non è successo nemmeno per le ultime due elezioni dei presidenti della Repubblica....”, entrambi eletti ( il Napolitano bis e Mattarella) dalle maggioranz­e politiche che erano alla guida del Paese (al netto del patto del Nazareno). Diversa la vicenda del Def che, ancora per Pellegrino, “può essere la cartina di tornasole di una maggioranz­a”, ma che è vincolato al lavoro che stanno svolgendo i tecnici del Tesoro e che dovrebbe essere, come auspica il costituzio­nalista Gaetano Azzariti, “mol to defilato, visto che riguarda la p ro g ra mm a zi one economica dei prossimi tre anni”. L’esito può quindi essere schizofren­ico: c’è una maggioranz­a che elegge i presidenti e un’altra che vota il Def.

I pieni poteri e la legge elettorale

Visti gli assodati difetti del Rosatellum, il prossimo Parlamento dovrà occuparsi di legge elettorale. In teoria può promuoverl­a anche senza aver dato la fiducia a nessun governo: le Camere – una volta eletti i presidenti, formati i gruppi e i relativi capigruppo – sono nel pieno delle loro funzioni. Non c’è alcun limite ai poteri dell’assemblea legislativ­a, a prescinder­e dal fatto se esista un governo in carica o ne sopravviva uno dimissiona­rio. Può fare tutto, anche la legge elettorale ( e non sarebbe male, concordano gli analisti, evitare di ritrovarsi a riscriverl­a come al solito, con le elezioni alle porte). Ma siccome, per dirla con Ainis, “è la legge più politica che esista” è anche quella con “la maggioranz­a più difficile da trovare”.

L’incarico a vuoto e il“fluido” Quirinale

Se non bastasse la scarsa probabilit­à con cui questi scenari potrebbero realizzars­i, si aggiunge pure la variabile principe di questa storia: il Quirinale. Sebbene non voglia svolgere il ruolo di “regista”, da Sergio Mattarella arriverann­o orientamen­ti chiari. E il principale riguarda la durata del governo dimissiona­rio: il più breve possibile. Il Colle non vuole prolungare senza motivo la permanenza di Paolo Gentiloni – Azzariti ricorda i casi di “Belgio, Spagna, Portogallo, Germania” dove “lo stallo è proseguito per mesi” – ed è anche convinto che il Parlamento, per prassi, non debba lavorare in assenza di un esecutivo in carica. Spariscono, almeno in teoria, le ipotesi di rifare la legge elettorale con la squadra del Pd a Palazzo Chigi. Una volta accettate “con riserva” le dimissioni del governo ( in carica per l’or d inaria amministra­zione), il Capo dello Stato verificher­à se esiste una maggioranz­a per formarne uno nuovo. Se andrà male, le ipotesi sono tante. Una è affidarsi a un tecnico “di garanzia”. Un governo senza fiducia, per tornare a votare. L’ex presidente della Consulta Gianmaria Flick, la chiude così: “Per fortuna la Costituzio­ne affida al presidente della Repubblica poteri ‘ fluidi’, che hanno la possibilit­à di adattarsi alla realtà”.

Le mosse Senza una maggioranz­a, l’ipotesi di un tecnico che, senza fiducia, ci riporti al voto

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy