“Voto Cinque Stelle” La Cgil mette fuori un suo sindacalista
Federazione Flc De Pascalis su Facebook aveva sostenuto la linea Di Maio. I capi gli impediscono di candidarsi per le liste unitarie
Posizioni troppo vicine a quelle del M5S, una critica al sindacato decisamente simile a quella mossa da Luigi Di Maio. Apriti cielo. Un post su Facebook partorisce il diluvio dentro la Cgil pugliese, che alla fine ci rimette più di un pezzo. E perde, soprattutto, un suo sindacalista storico. “Questo è squadrismo”, dice lui.
ACCADE A LECCE e protagonista della vicenda è chi ha rappresentato la Flc (lavoratori della conoscenza) all’interno dell’Università del Salento in tutti questi anni, Manfredi De Pascalis. Con un passato da segretario cittadino del Pds e da dirigente regionale di Rifondazione, è lui, da sempre, la Cgil dentro l’ateneo: l’ha resa la prima organizzazione sindacale, è punto di riferimento per tutti gli iscritti, primo degli eletti a ogni competizione. La sua opinione relativa alla necessità di un’autoriforma del sindacato, lanciata sui social a due settimane dalle politiche, però, è andata di traverso: per i vertici della categoria è diventata di “assoluta distanza e inconciliabilità” con la sua candidatura all’elezione delle Rsu (rappresentanza sindacale unitaria) del prossimo aprile.
“Da sempre uomo di sinistra, coerente e militante, ho deciso il 4 marzo prossimo di votare e sostenere il Movimento 5 Stelle”, ha scritto De Pascalis il 17 febbraio. E tra le varie ragioni elencate, in primis quella di “evitare che questo Paese sia nuovamente governato dal Renzismo/Berlusconismo”, anche la condivisione dell’esigenza “rilanciata” dai pentastellati “di un’autoriforma del sindacato (che corre il rischio di fare la stessa fine dei vecchi partiti malati di burocrazia e scarsa demo- crazia interna) e della riforma della rappresentanza per restituirla ai lavoratori (non è possibile che i lavoratori siano rappresentati dalle minoranze degli apparati)”. “Ti saremmo grati se eliminassi dal tuo post quella par- te”, gli hanno scritto a stretto giro il segretario regionale Flc, Claudio Menga, e la segretaria confederale Valentina Fragassi. Una lettera, la loro, che si apre con un appunto personale: “Se nelle tue scelte politiche attuali hai deciso di abdicare al valore della coerenza rispetto alla tua storia di uomo di sinistra aderendo al M5S, ebbene sappi che questa è una scelta di cui prendiamo atto, che non ci sentiamo di giudicare e che rispettiamo profondamente”. Poi, il rilievo sulle “forti criticità” in merito alla “presunta esigenza” di autoriforma delle organizzazioni dei lavoratori: quelle posizioni “sono già state lapidariamente espresse dal leader del M5S Luigi Di Maio, secondo cui i sindacati confederali ‘o si autoriformano o, quando saremo al governo, faremo noi la riforma’”. Susanna Camusso, come viene ricordato nel- la missiva, ha già contestato quella dichiarazione, “perché denota il grave analfabetismo costituzionale di chi l’ha proferita (semplicemente perché non sa che l’organizzazione sindacale è libera) e perché tale volontà di riforma governativa del sindacato denota che il segno è quello di ridurre la partecipazione alla democrazia”. Posizioni “offensive e antitetiche rispetto alla Cgil”, tanto da chiedere un passo indietro a chi si è candidato a rappresentarla.
“QUELL’AFFERMAZIONE fatta da un dirigente crea problemi, perché qui la questione è difendere l’autonomia sindacale dalla politica – puntualizza al Fattoil segretario Menga –. Perché rimandare a un governo una riforma che spetta al sindacato, che ha tutti gli strumenti interni per farla, se vuole? È stata quell’affermazione a farci intervenire, in quanto inserita in un appello al voto che rinvia a una diatriba a distanza tra Di Maio e Camusso”. “Quanto fatto a me non è democratico, non è un qualcosa che appartiene alla Cgil – replica il sindacalista –. Dopo la lettera mi hanno convocato i segretari, poi è stato riunito il comitato degli iscritti: è stato come subire un doppio processo. Hanno tentato di porre ai voti il depennamento della mia candidatura e alcuni compagni si sono ribellati. Alla fine, mi sono ritirato io. È stato come andarmene da casa mia, occupata abusivamente dall’apparato”. Assieme a lui, altri 5 candidati su 12 hanno revocato la disponibilità a correre per le elezioni Rsu. E vanno con i Cobas.
Libertà di pensiero I vertici regionali gli ordinano di correggere il post. Lui si rifiuta e con altri va nei Cobas