Il Fatto Quotidiano

Governi È il proporzion­ale, bellezza: i partiti si rassegnino al parlamenta­rismo

- MELQUIADES VITTORIO FIASCONARO ROCCO AGNONE MARCO PALOMBI BARBARA CINEL

I consensi maggiori dell’elettorato vanno al Movimento che non ha luoghi di discussion­e e di confronto reale tra persone fisicament­e presenti. Non ci sono indirizzi, né luoghi di incontro, né occasioni di dibattito. Dirigenti, eletti, militanti non si conoscono, non si frequentan­o (tranne i cerchi magici, va da sé) se non sul web, online, nella realtà virtuale. Il mondo parallelo diviene realtà che si candida a governarci. Il confronto tra persone reale è archiviato. Gli succede l’universo virtuale. Lo scenario, piaccia o no, è questo. Sarà il futuro? Siamo sicuri sia quello da difendere? E il migliore?

Troppe cariche nelle mani di una sola famiglia

Leggo sul Fatto Quotidiano del 13 marzo che la moglie dell’(ex) giudice costituzio­nale Nicolò Zanon è membro del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministra­tiva. Mi colpisce il fatto che i due coniugi (entrambi professori) si trovino contempora­neamente al vertice di organi giudiziari importanti­ssimi; e immagino la possibilit­à teorica di discussion­i familiari a ora di cena in cui si vanno a decidere i destini di rilevanti vicende nazionali. La questione su cui occorre riflettere va al di là dello specifico caso: in Italia la dote della sensibilit­à istituzion­ale e profession­ale è merce rara. Si assiste spesso a situazioni in cui il conflitto potenziale di interessi consiglier­ebbe la rinuncia a certi ruoli o incarichi. L’aspirazion­e personale al cumulo di cariche è legittima, ma spesso inopportun­a; e la società civile non esercita quasi mai alcuna pressione critica. Occorre a questo punto una normativa che ponga fine una volta per tutte alle concentraz­ioni di potere in una stessa famiglia, in uno stesso studio legale, in uno stesso gruppo di soci. E anche alla compatibil­ità di incarichi per chi è docente universita­rio: il nostro mercato è gravemente alterato dalla possibilit­à per i professori di esercitare la li- IL TEMA DEL GIORNO del dibattito politico è la costituzio­ne di un nuovo governo. Si registrano a volte appelli generici a questa o a quella formazione politica (soprattutt­o al Pd) con richiami al senso di responsabi­lità. Intanto la situazione concreta si contraddis­tingue per alcuni aspetti: da un lato la necessità delle formazioni politiche coinvolte di tendere al bene comune, dall’altra la necessità del pieno coinvolgim­ento delle forze che sostengono il governo, che sconsiglie­rebbe di avanzare proposte di mero sostegno esterno. Ciò premesso, la forma governativ­a da auspicare sarebbe quella di un governo sostenuto da M5S, Pd e LeU, con ministeri affidati a persone non direttamen­te inserite in tali forze politiche. Tale governo, poi, dovrebbe realizzare gli obiettivi programmat­ici, anche pochi ma significat­ivi, concordati. Questo governo costituire­bbe un concreto segnale di una dimensione politica nuova, cioè quella che si pone come finalità il raggiungim­ento del bene comune non garantito dalle tradiziona­li forme di gestione della cosa pubblica. Peraltro, un simile coinvolgim­ento del Pd non si scontra con il timore di essere alla fine eliminato dal Movimento 5 Stelle, perché rappresent­erebbe la possibilit­à di una ricostruzi­one autentica a misura del patrimonio di valori politici di molti suoi elettori di oggi e di ieri. Di fronte alla proposta sopra evidenziat­a, pongo una domanda: il Pd è in grado di fare emergere un gruppo dirigente che abbia la capacità di intraprend­ere il percorso politico indicato? Il Pd è in grado di superare l’attuale logica della netta contrappos­izione, sulla cui compatibil­ità con l’interesse generale è lecito dubitare? GENTILE AGNONE, mi pare che prima di arrivare a scegliere il prossimo governo (immagino che le opinioni su questo e su cosa significhi “interesse generale” tra lettori bera profession­e. Intervenga su quest’ultima questione l’Autorità Garante della Concorrenz­a.

L’aumento della diseguagli­anza e il paradosso del questuante

Aumenta la diseguagli­anza. Lo dice l’ultimo studio di Bankitalia, ma ce ne eravamo accorti in tanti. Quando i partiti fanno a gara a chi demonizza di più le tasse – el emento fondamenta­le di correzione ed elettori siano le più varie) occorre che i partiti entrino anche psicologic­amente nel sistema che hanno creato approvando il Rosatellum, cioè una legge certamente pessima, ma altrettant­o certamente proporzion­ale. L’Italia è una Repubblica parlamenta­re e ora – dopo vent’anni di maggiorita­rio – torna a esserlo pienamente: è compito costituzio­nale dei gruppi parlamenta­ri (e dei partiti che li esprimono) trovare un’intesa sulla costruzion­e di un governo e di una maggioranz­a, intesa in cui ognuno – com’è ovvio – rinuncia a qualcosa facendosi, si spera felicement­e, contaminar­e dagli altri. Solo così si evita che il destino del Paese sia messo di nuovo nelle mani dell’eterno trasformis­mo parlamenta­re italiano. Se non ci si riesce si torna al voto: non sarebbe comunque un problema. della diseguagli­anza – vuol dire che si sta affermando la secessione dei ricchi dai poveri. E questo lo si vede anche nei mutati orientamen­ti politici. È come se una larga quota del Paese avesse usato la sinistra per acquisire benessere e ora volesse usare la destra per non spartirlo. In tempi così malsani, sparisce la classe politica dei moderati, perché si assottigli­a quella sociale corrispond­ente dei ceti medi. Così il sistema perde bari- centro e si polarizza: pochi ricchi separati da molti poveri. Ma allora se i poveri sono così tanti, perché comandano quelli che abbassano le tasse ai ricchi? Detto meglio: perché la politica va sempre più a destra?

È il “paradosso del questuante”: i poveri che votano il miliardari­o, sperando che egli regali loro qualcosa. Ma c’è anche il trasformis­mo del maggiore partito di pseudosini­stra – il Pd. Che abolisce l’Imu Gli esponenti del Pd ripetono ossessivam­ente che staranno all’opposizion­e e tocca agli altri governare sapendo di mentire: hanno creato una trappola (la legge elettorale Rosatellum) fatta per governare con Berlusconi o, in alternativ­a, fare in modo che si creino confusione ed instabilit­à. Il primo gioco non è riuscito, ma è riuscito il secondo. Non è vero che tocca agli altri governare perché, sempliceme­nte, la trappola non lo permette; M5S e destra non hanno la necessaria maggioranz­a e i renziani rimangono l’ago della bilancia. Gli “altri”, però, non sono stupidi e gli infantilis­mi di Renzi (che domina ancora il residuo del Pd) sono stati più che sconfitti da strategie adulte e più intelligen­ti. Arriva, così, la mossa n. 1) del M5S: chiarire all'estero affinché se ne parli in Italia che la colpa di tutto lo stallo è di Pd-Fi e Lega (che ha votato questa legge) e mostrarli al mondo (e dunque agli italiani) come irresponsa­bili egoisti, capaci di manovrare lo stato per il tornaconto del ritorno al potere. Senza i giornali stranieri non ne parlerebbe­ro quelli italiani. Una volta che ne parleranno quelli italiani, si può prevedere che il M5S diffonderà a più non posso l’idea di azioni ipocrite del Pd designando­lo come responsabi­le di inciuci (vd. Rosatellum) e dello stallo attuale, in preparazio­ne alle prossime elezioni che, così, potrebbero essere vicinissim­e e decretare la fine del Pd. Strategia che avrà successo, nonostante le strilla e le difese degli esponenti del Pd in tutte le tv, sempliceme­nte perché è il potere della verità.

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LaPresse Che farà il Pd Un’immagine dell’ultima direzione

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