Reddito di cittadinanza: come farlo funzionare
Finora tutto il dibattito sul reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle ha riguardato le coperture - tra i 15 e i 29 miliardi annui, a seconda delle stime - e la condizionalità abbinata al sussidio (formazione e possibilità di rifiutare non più di due offerte di lavoro). La domanda principale rimane sullo sfondo: può riuscire a sradicare la povertà garantendo a tutti almeno 780 euro al mese?
Le questioni sui soldi vengono dopo, si può partire con quelli che ci sono e poi si aumenta la dotazione man mano che si riformano gli altri ammortizzatori sociali. Se confrontiamo la proposta di reddito di cittadinanza dei cinquestelle con l’esperienza recente del Rei, il reddito di inclusione sociale varato dal governo Gentiloni, vengono alcuni dubbi.
LA POVERTÀ. L’ipotesi su cui è costruito il reddito M5S è che la povertà dipenda dall’assenza di lavoro e che quindi, una volta trovato un posto tramite il centro per l’impiego, il problema sia risolto. Secondo le stime di Claudio Lucifora per il Cnel, nel 2014 c’erano in Italia 2,4 milioni di working poor tra i lavoratori dipendenti e 756.000 tra gli autonomi, cioè persone che lavorano ma con un salario sotto lo soglia di povertà relativa, definita come i due terzi del reddito mediano. Queste persone sono esposte al rischio di scivolare nella disoccupazione o nell’inattività ma, soprattutto, la fragilità finanziaria impedisce loro di affrontare situazioni critiche, improvvise o croniche, come una malattia, un genitore anziano da accudire a casa, la perdita del lavoro del coniuge. Dare un’integrazione fino ad arrivare a 780 euro al mese, cambia poco della loro condizione, soprattutto se non c’è gradualità nel togliere il sussidio una volta trovato il lavoro. Rimarranno sempre sul ciglio della povertà. Se poi le cause del disagio sono strutturali - alcolismo, droghe, scarsa pianificazione familiare – limitarsi a dare soldi senza prendere in carico le singole situazioni diventa puro assistenziali- smo da Prima Repubblica. Una specie di pensione di invalidità rafforzata.
COO RDINA MENTO. Il Rei, che oggi ha una dotazione di soli 2 miliardi di euro ed è pensato contro la povertà assoluta, prevede un coordinamento molto complesso di vari pezzi della Pubblica am- ministrazione per fare la “valutazione multidimensionale” del povero da aiutare. Stefano Sacchi, da anni studioso della povertà e tra gli ideatori del Rei di cui ora si occupa dall’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, spiega: “I servizi sociali che prendono in carico i beneficiari del Rei rispondono ai 338 ambiti, che COSTI E TEMPI. Il 20 per cento della dotazione complessiva del Rei (2 miliardi) è destinato alla macchina organizzativa. Nel piano dei cinquestelle, ci sono soltanto 2 miliardi per la riforma dei centri per l’impiego che si aggiungono ai 15 per il sussidio. In percentuale è l’ 11 per cento. Difficile pensare che ci siano economie di scala tali da permettere di costruire progetti personalizzati per 10 milioni di persone usando impegnando una quota così bassa del totale degli stanziamenti.
Anche senza arrivare agli 11 miliardi di euro annui tedeschi per le politiche attive del lavoro, riformare i centri per l’impiego è un progetto di ampio respiro dai tempi incerti, il rischio è che non ci sia quel livello di efficienza minimo necessario a evitare che il reddito di cittadinanza diventi una misura assistenziale con poche condizionalità e molti costi amministrativi.
FURBI. Il progetto dei cinquestelle va poi aggiornato. Usa come parametro di valutazione della titolarità l’Isee, un indicatore reddituale, mentre serve come minimo l’Isre che ha anche una componente patrimoniale, altrimenti il reddito di cittadinanza diventerà un sussidio agli evasori che dichiarano poco ma possiedono molto. Anche le sanzioni per le mancate comunicazioni amministrative vanno inasprite, nel Rei sono molto più dure che nel disegno di legge M5S del 2013. Un’altra incongruenza del programma 5Stelle da sanare è l’annuncio di usare le risorse del Rei per dare subito sgravi fiscali alle famiglie mentre si ricostruisce da zero il reddito di cittadinanza. Sarebbe una follia.
Di fronte a queste complessità gestionali, inevitabili anche con la massima gradualità, verrebbe quasi da rispolverare le idee più radicali di un vero reddito di cittadinanza incondizionato, pagato anche ai ricchi (che ne rimborsano poi il grosso tramite l’Irpef). Ma purtroppo o per fortuna i cinquestelle si sono impegnati soltanto a offrire un reddito minimo condizionato. Se avranno la possibilità di governare.
Ai centri per l’impiego I soldi previsti dalla proposta 5Stelle