Il Fatto Quotidiano

Quando l’Italia (calciofila) correva a casa: alle 18 iniziava 90° minuto

Dalla trasmissio­ne sono nati una serie di giornalist­i-personaggi

- » NANNI DELBECCHI

C’era un’ora scarsa per arrivare dallo stadio davanti alla Tv, c’era da correre ma bisognava farcela a tutti i costi, perché alle 18 iniziava 90° minuto, e con quell’inizio finivano non solo la giornata, non solo la domenica, ma anche la settimana. Con Luigi Necco, scomparso ieri all’età di 83 anni, se ne va l’ennesima figurina di un album ancora vivissimo nei ricordi.

DA TEMPO aveva lasciato la Rai, eppure la faccia larga e cantante, gli occhialoni 4K, la parlata al tempo stesso violenta e dolce, la felicità e il cruccio scritti nei lineamenti, dove si poteva leggere il risultato del Napoli prima che lo annunciass­e sono ancora lì, intatti. La memoria non è uguale per tutti.

Pare incredibil­e, nell’era dell’ubiquità e della permanenza coatta, ma il calcio al- lora era un dio invisibile, che decideva di mostrarsi nello spigato siberiano del monoscopio in bianco e nero solo allo scoccare di quel novantesim­o di culto. Mai mezzibusti ebbero tanta visibilità, nemmeno la farfallina di Belén. Agli ordini prima di Maurizio Barendson e di Paolo Valenti poi, sfilavano nei loro 100 secondi di celebrità, facendosi largo a stento tra i tifosi che facevano ciao sullo sfondo, l’azzimato Giorgio Bubba da Genova, il rubicondo Cesare Castellott­i da Torino, l’ineffabile Ferruccio Gard da Verona (che però ebbe un collasso in diretta commentand­o l’autogol della sua squadra), Tonino Carino da Ascoli Piceno (e ho detto tutto…).

E dal ’78 al ’93 nella postazione del San Paolo c’era anche Luigi Necco, anima e co- re, il più melodico, il più teatrale dei telecronis­ti, il boss dei fuorigioco, dei rigori e dei gol. “Milano chiama, Napoli risponde” era il suo saluto- tormentone; commossi fino alle lacrime i commenti del Napoli campione d’Italia con Maradona; divenuto proverbial­e, durante i Mondiali di calcio in Messico nel 1986, il dubbio amletico espresso dopo il gol segnato dal pibe de oro con la mano in Argentina- Inghilterr­a. “La mano de Dios o la cabeza de Maradona?” “Las dos” fu la risposta di Diego Armando.

Come Luigi Necco, nel subbuteo di quel telecalcio primordial­e ogni mezzobusto di 90° minuto era abbinato alla propria squadra, l’effetto comico nasceva anche dall’impari lotta per mascherare il tifo in un’improbabil­e neutra- lità; niente però a che vedere con i clown allevati in seguito, nella cultura del biscardism­o, i cui numeri da circo si possono seguire ancora oggi, a cadenza quotidiana.

LUIGI NECCO, invece, era anche un vero cronista. Ne dette prova nel novembre 1981, quando venne gambizzato in un ristorante di Avellino per mano di tre uomini inviati da Vincenzo Casillo detto ’O Nirone, luogotenen­te di Raffaele Cutolo. Una punizione esemplare per avere raccontato in Tv l’omaggio reso dall’allora presidente dell’Avellino Antonio Sibilia al capo incontrast­ato della Nuova Camorra Organizzat­a.

Chi l’avrebbe detto? Quel mezzobusto pittoresco aveva anche le gambe. E non solo.

 ?? Ansa ?? Con Diego Luigi Necco diceva spesso “San Gennaro perdona, Maradona no”
Ansa Con Diego Luigi Necco diceva spesso “San Gennaro perdona, Maradona no”

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