Quei 9 mesi per passare da Pornhub a Peppa Pig
Un padre alle prese con le figlie femmine
Da domani in libreria “Tutte le prime volte” di Paolo Longarini, l’educazione sentimentale di un padre e delle sue “piccole grandi donne”. L’autore ha scritto un testo per il Fatto.
Niente panico. Una inaspettata quantità di persone è appena arrivata al pieno confronto con parti della tua compagna che tu hai dovuto strappare alla lycra combattendo centimetro dopo centimetro, forti solo di una laurea in medicina (poi dicono che il pezzo di carta non serve a niente) e mentre tu ti senti apostrofare da lei con toni e maniere che nemmeno nei film di Bombolo.
Ma va bene, va tutto bene.
Improvvisamente, un pianto apparentemente disperato, tanto forte da coprire addirittura il tuo, esplode con potenza equiparabile all’assegnazione di un rigore al novantesimo.
Sei padre.
SENZA CHE TUlo abbia chiesto, ti viene messo in mano un fagottello urlante dalla forma ed espressione del tutto simili a quelle di un gatto egizio. Tutti i presenti si fermano, l’aria si cristallizza, l’attimo, la terra che tremò.
Aspettano tutti una sola e unica cosa, lo sai, e non puoi sottrarti a questo rito, anche se quello che spunta dall’involto somiglia vagamente a una testa rimpicciolita da una tribù amazzonica. L’ansia dei presenti cresce, vorresti ribellarti, vorresti scappare, vorresti fare tante cose ma sai di dover sottostare a questa convenzione sociale. Lo dici.
- È bellissima.
Sarà solo il primo dei tanti momenti di imbarazzo che proverai con la tua pargola.
- Nei nove mesi di gestazione, sarai l’unico a non capire una minchia degli esami che la futura mamma dovrà sostenere, là dove nel monitor dell’ecografo tutti vedono una distinta figura perfettamente antropomorfa, a te sembra di vedere l’assenza di segnale quando si rompeva l’antenna collegata al vecchio Mivar.
Tutti ti guardano malissimo.
Se padre di figlio maschio, sorridi fiero solo quando scambi il cordone ombelicale per delle misure virili pari a quelle di un piccolo pony.
Ti guardano anche peggio.
- Chiami al cellulare il tuo pediatra per chiedere “ma ne ha fatta più della sua massa corporea? È forse una mutante?” Da allora ti alza la parcella di 50 euro.
- Inizi a passare più tem- po all’Ikea di quanto sia previsto dalla convenzione di Ginevra.
- Non dormi più, tanto che ti ritrovi a chiuderti in bagno anche quando non ne hai bisogno, sperando nessuno si accorga che hai portato con te il cuscino al posto della solita Gazzetta dello Sport.
- Sei un rude omaccione peloso che in vita sua ha solo indossato camicie di flanella a scacchi, uso ad abbattere alberi usando solo i denti, tosto al punto che se un traghetto ha il motore ingolfato, chiamano te per farlo ripartire a spinta e sei l’unico a cui Chuck Norris manda gli auguri di compleanno.
Non hai pianto alla morte di Nemecsek, ridevi pensando a Bambi orfano e i primi dieci minuti di Up sono per te la fiera dello sbadiglio.
Ma ti trasformi in una imbarazzante fontana di lacrime quando la vedi allontanarsi per il suo primo giorno di scuola.
- Insisti fino all’ul timo con la madre per essere tu a scegliere il regalo del suo primo compleanno. “Niente palloni”. “Ma è il Tango! Un pallone mitico!”.
“No. E nemmeno palloni da basket”.
“Va bene…”.
“Racchette da tennis, completi da Judo, nulla che abbia a che fare con la tua squadra del cuore, mazze da baseball o maglie da rugby”.
“Ok, io pensavo a…”. “Abbonamenti allo stadio, nemmeno a parlarne”.
“La replica della spada laser di Luke sì, o quella o me ne vado”.
“Tua madre ti aspetta, l’ho già chiamata”. “Antipatica”.
- Commetti l’errore di pensare “ma sì, in fondo solo due minuti per riposare gli occhi” una volta seduto in platea per il suo primo saggio di danza.
Vieni svegliato dal tuo stesso russare.
- La tua compagnati rimprovera come fossi un ragazzino sciocco e ti ordina di chiedere immediatamente scusa. Non lo fai. Insiste definendoti infantile, non smette nemmeno se minacci di trattenere il respiro fino a diventare blu.
Ma non è colpa tua: quel bambino non avrebbe mai dovuto avvicinarsi così tanto alla tua piccola senza permesso, il TUO permesso. La
maglietta “Giù le mani da mia figlia, piccole blatte” dovrebbe chiarire molti concetti. Imparassero a leggere fin dall’asilo, che diamine.
- Cancellare la cronologia del tuo computer non ha più senso: la funzione di riempimento automatico di Google, premendo P, visualizza solo Peppa Pig. Gli amministratori di Pornhub ti tolgono il saluto.
- Non hai più una giacca senza una macchia di latte rappreso, le tue tasche abbondano di pupazzetti e avanzi di cibo, al ristorante ti metti senza pensarci il tovagliolo sulla spalla, ormai elenchi “Nidina, Humana, Aptamil…” con la stessa sicurezza con cui, nel 1982, recitavi “Zoff, Gentile, Cabrini…”.
Ma sorridi. Sempre.