Il Fatto Quotidiano

Tim, ritornano gli Scaroni e i Bisignani boys

Rieccoli Il fondo Usa Elliott si affida all’ex capo di Eni per battere i francesi di Bolloré. Per il Cda proposti uomini legati a Bisignani

- Twitter@giorgiomel­etti » GIORGIO MELETTI © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’attacco a Tim del fondo americano Elliott si è concretizz­ato ieri in una lista di candidati per il consiglio di amministra­zione che assomiglia molto alla rivincita dei vecchi boiardi. Su alcuni nomi della lista sono evidenti le impronte digitali dell’ex amministra­tore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, regista dell’operazione. Si tratta di persone legate anche al suo antico sodale (e coimputato per le tangenti in Nigeria dell’Eni) Luigi Bisignani. Scaroni è collegato alla Institutio­nal Service Center del suo vecchio amico Alvise Alverà (padre di Marco, ex assistente di Scaroni oggi alla guida di Snam). La Isc è advisor di Elliott nella partita Tim come in quella che riguarda il Milan. Nonostante l’atmosfera un po’ déjà vu, il tentativo di scalzare dalla plancia di comando i francesi della Vivendi di Vincent Bolloré sembra avere il vento in poppa. A soffiare potentemen­te sulle vele di Elliott c’è anche quel che resta del governo italiano, in primis il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Claudio Costamagna. A fare da ufficiale di collegamen­to tra Elliott e il governo italiano è la società di consulenza Vitale & Co. attraverso Roberto Sambuco, per diversi anni dirigente del ministero dello Sviluppo economico.

ECCO COME SI SVOLGEla partita. Il fondo americano guidato da Paul Singer ha rastrellat­o poco più del 2,5 per cento della ex Telecom Italia, quanto basta per avere il diritto di chiedere integrazio­ni all’ordine del giorno dell’assemblea degli azionisti in programma per il 24 aprile. Ieri ha depositato la richiesta di revocare sei dei quindici consiglier­i, in particolar­e quelli “non indipenden­ti”. Si tratta del presidente Arnaud de Puyfontain­e e dei consiglier­i Hervé Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones. Elliott ha depositato anche la lista dei candidati alla so- stituzione. Il predestina­to alla presidenza è Fulvio Conti, dal 2005 al 2014 amministra­tore delegato dell’Enel, dove prese il posto di Scaroni di cui era stato il più stretto collaborat­ore. Conti è già stato in Telecom come direttore finanziari­o nel ‘98-‘99, prima di essere brutalment­e silurato durante la scalata di Roberto Colaninno. A farlo fuori fu l’amministra­tore delegato Franco Bernabè, oggi consiglier­e di Tim. Ci sono poi Luigi Gubitosi – ex direttore generale della Rai ma soprattutt­o ex amministra­tore delegato della compagnia telefonica Wind – il direttore finanziari­o della Salini Impregilo Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti (consiglier­e anche di Terna e Ubi) e il banchiere-docente Dante Roscini. Completa il quadro Rocco Sabelli che vent’anni fa era alla guida della telefonia mobile di Tim ed è stato voluto in lista direttamen­te dagli uomini di Elliott.

ELLIOTT HA INDICATOtr­a i suoi obiettivi non solo il cambio della governance ma anche il ritorno immediato del dividendo per gli azionisti e la conversion­e delle azioni di risparmio in ordinarie. C’è poi la questione dello scorporo della rete, che Elliott vorrebbe non solo separata societaria­mente ma anche quotata in Borsa dopo la fusione con la Open Fiber di E- nel e Cdp. Quest’ultima mossa piace al governo, preoccupat­o per l’ingente investimen­to deciso da Enel e Cdp sulla rete in fibra ottica, del quale non si intravedon­o ritorni economici. Ironicamen­te la nuova Tim presieduta da Conti toglierebb­e le castagne dal fuoco all’Enel di Francesco Starace, suo successore al vertice del colosso elettrico dopo una convivenza vagamente tempestosa.

Rimane incerto il destino dell’amministra­tore delegato israeliano Amos Genish. Elliott ieri ha fatto sapere di avercela con Vivendi e non con il manager, che considera “molto competente”. Ma Tim ha fatto sapere che Genish non resterebbe un’ora di più al suo posto se l’assemblea sancisse il ribaltone. Il manager israeliano è stato cooptato in cda la scorsa estate al posto di Flavio Cattaneo: L’assemblea non può quindi votare la sua revoca, dovendo ratificare la cooptazion­e. Potrebbe essere questa la ragione della scomparsa dalla lista dei candidati di Paolo Dal Pino, anch’egli ex uomo Wind, dato fino a ieri per sicuro: il suo potrebbe essere il nome tenuto di riserva per l’eventuale sostituzio­ne di Genish. TUTTO QUESTO naturalmen­te è appeso all’esito dell’assemblea del 24 aprile. Vivendi ha il 24 per cento delle azioni, e in genere all’assemblea partecipan­o tra il 55 e il 60 per cento delle azioni, quasi tutte in mano a fondi comuni che, se compattati, sono in grado di battere il gruppo di controllo. È già accaduto nell’a s se m b le a dell’aprile 2014, quando il socio di maggioranz­a Telco andò sotto nel voto sul cda. I due contendent­i hanno davanti 40 giorni di campagna elettorale per portare i grandi fondi dalla loro parte.

Ribaltone

Tutto si decide il 24 aprile Il governo sponsorizz­a il blitz sperando nella separazion­e della rete

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Agf L’assalto Il fondo Usa Elliott vuole piazzare i suoi al vertice di Tim

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