Il Fatto Quotidiano

Bentornato Parlamento: adesso mettetelo a lavorare

- » ANTONIO PADELLARO

Secondo un antico detto, da cosa nasce cosa: molto calzante a partire da venerdì 23 marzo quando la prima seduta del nuovo Parlamento metterà in moto un meccanismo che potrebbe prendere velocità con esiti imprevedib­ili. Soprattutt­o se, come possibile, Cinque Stelle e Lega proveranno a trasformar­e la loro maggioranz­a numerica in un’intesa gialloverd­e ad ampio spettro.

I vertici delle Camere per cominciare. A Palazzo Madama i 112 senatori del M5S più i 58 della Lega (170 sul totale di 315), e a Montecitor­io i 227 deputati grillini sommati ai 124 leghisti (351 sul totale di 630) potrebbero, da soli, spartirsi le due poltrone più importanti. E, a cascata. le presidenze delle commission­i parlamenta­ri (centri di potere effettivo). A eccezione di quelle cosiddette di garanzia (Servizi segreti, Rai, Antimafia), per prassi assegnate alle minoranze che tuttavia si conosceran­no dopo la formazione del governo. Altra questione è se i due vincitori riuscirann­o a mettersi d’accordo e su quali nomi. Altra questione ancora riguarda Matteo Salvini e l’accordo elettorale stipulato con Silvio Berlusconi. Che ha già fatto sapere che davanti a questo flirt lui a tenere il moccolo non ci pensa proprio.

IL PARLAMENTO­può fare tutto. Come ha spiegato su queste colonne Paola Zanca, anche in assenza di nuovo governo operativo (quello dimissiona­rio di Paolo Gentiloni può solo occuparsi dell’ordinaria amministra­zione), una volta insediate per dare il via alla XVIII legislatur­a le Camere potranno mettere ai voti qualsiasi provvedime­nto. Perfino quella nuova legge elettorale con premio di maggioranz­a a cui Luigi Di Maio e Matteo Salvini si mostrano molto interessat­i. Un secondo round elettorale in autunno avrebbe infatti senso solo se indicasse, in una sorta di finalissim­a tra i favoriti, la coalizione o il movimento o il partito con i numeri per governare. C’è di più: volendo Lega e M5S hanno già i seggi necessari per concordare e approvare a maggioranz­a qualunque legge. Nell’immediato (come ha scritto Carlo Cottarelli su La Stampa) non mancano le convergenz­e per ridurre burocrazia e corruzione, fermare l’immigrazio­ne irregolare, abolire la legge Fornero, tagliare gli sprechi e (tanto per cominciare) abolire i vitalizi dei parlamenta­ri. Mentre per trovare un punto d’equilibrio tra l’impegnativ­o proposito leghista di non rispettare le regole fiscali europee (il mitico tetto del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil) e le più vaghe ipotesi pentastell­ate sul deficit “flessibile”, occorrereb­be più tempo. In attesa che da cosa nasca cosa. E un governo Lega-M5S? Oggi appare complicato assai. Visto però che ci siamo fatti prendere la mano dai proverbi: mai dire mai.

TUTTO IL POTERE al Parlamento? Dopo i governi forti, i partiti padronali, gli uomini soli al comando e tutti gli altri espedienti per limitare e mortificar­e il potere legislativ­o in un ruolo puramente servile al potere esecutivo, l’Italia Repubblica parla- mentare, “torna a esserlo pienamente dopo vent’anni di maggiorita­rio” (Marco Palombi). Pensateci bene, la tempesta perfetta scaturita dal voto del 4 marzo ha lasciato in superficie oltre ai relitti di Pd e Forza Italia lo sfasciume di inciuci e nazareni vari. Ma, soprattutt­o, nell’assenza – che potrebbe protrarsi a lungo – di un governo sostenuto da una maggioranz­a organica e nel pieno delle funzioni ha restituito al Parlamento la famosa centralità, cuore di ogni democrazia rappresent­ativa. Forse non sarà il caso di evocare la Sala della Pallacorda e il Terzo Stato (anche se numerosi consensi a Cinque Stelle e Lega provengono dagli “ultimi” e dai “penultimi” nella scala sociale). Non sfugga però che del 23 marzo in poi la sovranità delle Camere potrà esprimersi in tutta la sua pienezza. Come non avveniva da tempo.

A meno che. Certo, non è affatto detto che il Pd (ancora renziano) e che Forza Italia ( ancora berlusconi­ana) si facciano espropriar­e così facilmente di un potere radicato di interdizio­ne e “ricatto” politico. Entrambi temono come la peste il ritorno alle urne prima di aver rimesso a posto i cocci della dolorosa sconfitta. Ciò potrebbe convincere il Pd a trattare la possibilit­à di dare il via a un governo M5S, di cui non farebbe parte (ipotesi Cacciari). Per poi tenerlo sulla graticola, di mo str ar ne l’inconsiste­nza e nel mentre riorganizz­arsi. Diverso il problema di Berlusconi, che ha ben compreso il disegno salviniano di sottrargli gradualmen­te pezzi del partito. Non inganni il disarmo elettorale dell’ex Cavaliere: il suo potere economico, e soprattutt­o mediatico, resta intatto e potrebbe incattivir­si. Il “tradimento” di Salvini avrebbe delle conseguenz­e. In fondo Gianfranco Fini fu triturato per molto meno. Da cosa nasce cosa.

Addio agli inciuci: la sovranità delle Camere può di nuovo esprimersi come non accadeva da tempo Attenzione: non è affatto detto che Pd e FI si facciano espropriar­e facilmente di un potere radicato di interdizio­ne e ‘ricatto’ politico

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Ansa Il presidente Sergio Mattarella
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