Il Fatto Quotidiano

La paura del voto-bis fa 90: primi passi Pd sulle Camere

La strategia dei “perdenti” per non riaprire le urne (e scomparire del tutto). Ecco chi tifa per un governo a tutti i costi

- ▶ DE CAROLIS E MARRA

Il M5S che è arrivato primo prepara il “suo” Def e proposte di programma. E pensa a nuovi ministri tecnici, più noti e trasversal­i. Ma la vera arma di Luigi Di Maio per arrivare al governo è la paura degli altri: quella di tornare al voto, a breve. Un timore diffuso. Così forte da far dire a Silvio Berlusconi che “piuttosto che tornare a votare, meglio cercare un accordo anche con i 5Stelle, come può fare Matteo”. E Matteo è ovviamente Salvini, a cui nel vertice di mercoledì del centrodest­ra Berlusconi ha dato il via libera per trattare con il M5S. E non solo sulle presidenze delle Camere: ma anche su un appoggio a un loro governo, se servisse. “Se andassimo a un nuovo voto a breve, i 5Stelle farebbero il pieno”, ha scandito Berlusconi di fronte al leader della Lega e alla presidente di Fratelli d’Italia, una corrucciat­a Giorgia Meloni.

Il Caimano sa che Forza Italia può solo indebolirs­i da qui in avanti. Quindi meglio tenersi aperta ogni strada: compresa quella verso un governo del M5S assieme alla Lega, con FI (o parte di essa) a rinforzo. Una mossa che Berlusconi motiverebb­e con il “senso di responsabi­lità” e tutto il corollario retorico del caso. E già Liberoieri aveva titolato sul “Silvio che strizza l’occhio a Di Maio”, prendendos­i la smentita dell’interessat­o: “Io ai 5Stelle apro la porta per cacciarli”. Poi però nel pomeriggio Salvini ha rilanciato: “Berlusconi chiude al M5S? Non mi sembra, stiamo ragionando di programmi”.

NEL FRATTEMPO a Roma i capigruppo del Movimento, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, hanno iniziato gli incontri con i partiti sulle presidenze delle Camere. E in fila hanno visto Pietro Grasso per LeU, Maurizio Martina e Lorenzo Guerini per il Pd, Renato Brunetta per Forza Italia e il leghista Giancarlo Giorgetti. “Incontri interlocut­ori, non si è parlato di nomi”, giurano dai vari fronti. I due capigruppo grillini rivendican­o: “Abbiamo ribadito a tutti di voler slegare le nomine dalla questione del governo, e abbiamo registrato l’apertura sia del Pd che della Lega sul metodo”. Il M5S, come già chiarito mercoledì da Di Maio, pretende la presidenza di Montecitor­io. E la prima scelta è un fedelissim­o del candidato premier, Riccardo Fraccaro: ex segretario dell’ufficio di presidenza, tra i più attivi per l’abolizione dei vitalizi, non a caso citati mercoledì da Di Maio. Mentre per il Senato punta a due vicepresid­enti (Paola Taverna e forse Vito Crimi). Nell’attesa Ettore Rosato del Pd assicura: “Se ci saranno candidatur­e convincent­i, le voteremo”. La delegazion­e dem, composta da Martina e Guerini, per adesso, si è limitata a chiedere “figure autorevoli”. E si è preoccupat­a di garantirsi il “minimo sindacale”: ovvero una vice presidenza del Senato, una della Camera e un Questore in ognuno dei due rami del Parlamento.

IL PD È TRAMORTITO e frammentat­o, ma anche consapevol­e che con il ritorno al voto rischia di essere spianato definitiva­mente. E anche se la risposta standard ufficiale è “siamo alla finestra, non tocca a noi”, le trattative verso un governo vanno avanti. C’è tutto un fronte che guarda ai Cinque Stelle. Prima di tutto, Dario Franceschi­ni: sarebbe il protagonis­ta della trattativa. Tra i motivi per cui Renzi il giorno dopo le elezioni aveva dichia- rato di voler “congelare” le dimissioni a dopo la formazione del governo, ci sarebbe stata proprio la volontà di fermare il ministro della Cultura, che stava lavorando a un accordo che lo doveva portare alla presidenza di Montecitor­io.

Se Michele Emiliano si è esposto esplicitam­ente, sono in molti – a partire dagli orlandiani – che aspettano un segnale da Di Maio. “Il Pd sta aspettando un’iniziativa politica. Bersani mise in campo gli 8 punti nel 2013. Facessero qualcosa del genere, ci permettess­ero di cambiare posizione. Certo, la cosa non può partire da noi”, ragionano nel Pd. I gruppi parlamenta­ri dem sono divisi, con i renziani che, almeno sulla carta, sarebbero pronti a “impallinar­e” qualsiasi tentativo del genere. L’ex segretario non ha nascosto il suo tifo per un accordo Di MaioSalvin­i, che servirebbe a depotenzia­rli e a “smascherar­li”, nella sua ottica, ma comincia a temere un governo breve, per fare una legge elettorale a loro favorevole.

E se Martina in realtà lavora in tandem con Franceschi­ni, in maniera parallela entrano in campo anche le altre componenti, a partire da Luca Lotti. Difficile per gli interlocut­ori capire se qualcuno possa garantire per il Pd. E dunque, per dividere Di Maio da Salvini, i dem potrebbero decidere di usare i loro parlamenta­ri per far eleggere il leghista Giorgetti alla Camera e Paolo Romani in Senato (il candidato più quotato in assoluto). Sullo sfondo resta il governo di scopo, l’esecutivo di tutti, l’ap pr od o meno sgradito.

Piuttosto che tornare a votare, meglio cercare un accordo anche con i 5Stelle, come può fare Matteo

SILVIO BERLUSCONI

Il dialogo sulle presidenze Ieri i capigruppo del Movimento hanno visto gli altri partiti: l’ok di Pd e Lega per slegare la partita da quella del governo

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La prima seduta del nuovo Parlamento sarà venerdì prossimo
Ansa/LaPresse 23 marzo La prima seduta del nuovo Parlamento sarà venerdì prossimo
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