Ingroia, mega-sequestro Lui: “Altri gli sprechi”
La Procura blocca 151 mila euro dell’ex pm: ipotesi peculato sulla gestione di “Sicilia e Servizi”
Ha firmato decreti di sequestro per centinaia di milioni di euro ma ora Antonio Ingroia si vede presentare il conto dalla Procura di Palermo che ha guidato per anni come aggiunto, ed è un conto “salato’’: 151 mila euro sequestrati dai suoi conti correnti (“e nel caso le somme non vengano rinvenute dispone il sequestro di beni’’) e da quelli del revisore dei conti Antonio Chisari per essersi assegnato un’indennità premiale di 117 mila euro e rimborsi spese di vitto alloggio in 40 tra alberghi e ristoranti di Palermo e Roma tra il 2013 e il 2015, nel periodo in cui è stato prima liquidatore e poi amministratore unico di Sicilia e Servizi (Siese), la società che gestisce l’informatizzazione della Regione siciliana dal cui vertice Ingroia è stato rimosso il 6 febbraio scorso. Ci sono Villa Igea e l’Excelsior, per costi anche di quasi 4.000 euro, e c’è il locale dello chef antimafia Natale Giunta, per un pranzo da 100 euro. E anche se la decisione di colpire il patrimonio dell’ex collega deve essere stata tormentata per i pm palermitani (l’inchiesta è condotta dal procuratore aggiunto Sergio De Montis e dai pm Pierangelo Padova ed Enrico Bologna, ma il decreto di sequestro non è firmato d al l ’ aggiunto) il provvedimento ha l’effetto di un colpo non lieve inferto dall’ufficio guidato da Franco Lo Voi al mito mediatico dell’ex pm, “padre’’ del processo per la Trattativa Stato-mafia, candidato a guidare un ufficio dell’Onu in Guatemala e poi traghettato in politica con risultati alterni.
SECONDO LA PROCURA, nella sua qualità di amministratore unico della società che cura l’informatizzazione della Regione Siciliana, tra il 2014 e il 2016, Ingroia avrebbe percepito indebitamente i rimborsi spese relativi al vitto e all’alloggio delle trasferte; circostanza che non sarebbe prevista dalla legge che ammetterebbe, secondo la Procura, solo il recupero del denaro speso per i mezzi di trasporto.
I suoi ex colleghi gli hanno contestato anche di avere percepito un indennità di risultato, circa 113 mila euro, non proporzionato e superiore all’utile conseguito dalla società, circa 36 mila euro. Ingroia ha sostenuto che da anni ormai risiede a Roma e numerose pronunce della Corte dei conti, applicando una norma di legge hanno più volte stabilito che tra le spese di trasporto rientrino anche quelle di vitto e di alloggio.
Il sequestro è l’ultimo di una raffica di provvedimenti giudiziari, penali e contabili, ai quali Ingroia è stato sottoposto fin dall’estate del 2015, quando la Guardia di finanza andò a sequestrare nella sede di Sicilia e Servizi le fatture dei viaggi e le delibere di assegnazione dell’indenn ità premiale.
VENNE INDAGATO anche per 76 assunzioni ritenute illegittime, ma il gip archiviò nell’agosto 2016. E fu reindagato per il doppio incarico (commissario della provincia di Trapani e amministratore unico di Siese) ed anche qui è arrivata, l’altro ieri, una nuova archiviazione, con l’invio delle carte alla Corte dei conti per la valutazione di eventuali danni erariali. E quando proprio i giudici contabili rilevarono un difetto di giurisdizione della Procura sulle assunzioni bloccando l’i nchiesta, Ingroia polemizzò con uno di quei pm indicandolo come “un fin troppo solerte sostituto procuratore della Corte dei Conti legato, sia da affinità parentali che da passati incarichi consulenziali, a uno dei difensori dell'ex senatore Dell'Utri’’. Gli replicò l’avvocato Enrico Trantino, che riconobbe in quel pm il proprio cugino, Gianluca Albo (‘’il difensore cui allude il signor Ingroia è mio padre. Mi guardo bene dal lavare l'onta per questo ci penseranno i giudici cui ci rivolgeremo’’) e la vicenda sfociò nell’annuncio di reciproche querele.
Tensioni riaccese all’inaugurazione dell’anno giudiziario, quando il procuratore contabile Pino Zingale rivelò che Ingroia aveva impedito agli ispettori della Regione di varcare la soglia della sede di Sicilia Digitale, un dato “clamorosamente falso’’ secondo la smentita dell’ex pm della Trattativa, insolitamente duro: “Ritengo grave il fatto che un pubblico funzionario ha comunicato circostanze false alla Corte dei Conti, e di questo dovrà risponderne’’.
Intanto a difendersi per ora è lo stesso Ingroia: “Ho la coscienza a posto – ha detto ieri in una nota - perché so di avere sempre rispettato la legge’’.
I precedenti
Già inquisito per 76 assunzioni, archiviato e rimosso dalla società della Regione