Il Fatto Quotidiano

Ingroia, mega-sequestro Lui: “Altri gli sprechi”

La Procura blocca 151 mila euro dell’ex pm: ipotesi peculato sulla gestione di “Sicilia e Servizi”

- » GIUSEPPE LO BIANCO Palermo

Ha firmato decreti di sequestro per centinaia di milioni di euro ma ora Antonio Ingroia si vede presentare il conto dalla Procura di Palermo che ha guidato per anni come aggiunto, ed è un conto “salato’’: 151 mila euro sequestrat­i dai suoi conti correnti (“e nel caso le somme non vengano rinvenute dispone il sequestro di beni’’) e da quelli del revisore dei conti Antonio Chisari per essersi assegnato un’indennità premiale di 117 mila euro e rimborsi spese di vitto alloggio in 40 tra alberghi e ristoranti di Palermo e Roma tra il 2013 e il 2015, nel periodo in cui è stato prima liquidator­e e poi amministra­tore unico di Sicilia e Servizi (Siese), la società che gestisce l’informatiz­zazione della Regione siciliana dal cui vertice Ingroia è stato rimosso il 6 febbraio scorso. Ci sono Villa Igea e l’Excelsior, per costi anche di quasi 4.000 euro, e c’è il locale dello chef antimafia Natale Giunta, per un pranzo da 100 euro. E anche se la decisione di colpire il patrimonio dell’ex collega deve essere stata tormentata per i pm palermitan­i (l’inchiesta è condotta dal procurator­e aggiunto Sergio De Montis e dai pm Pierangelo Padova ed Enrico Bologna, ma il decreto di sequestro non è firmato d al l ’ aggiunto) il provvedime­nto ha l’effetto di un colpo non lieve inferto dall’ufficio guidato da Franco Lo Voi al mito mediatico dell’ex pm, “padre’’ del processo per la Trattativa Stato-mafia, candidato a guidare un ufficio dell’Onu in Guatemala e poi traghettat­o in politica con risultati alterni.

SECONDO LA PROCURA, nella sua qualità di amministra­tore unico della società che cura l’informatiz­zazione della Regione Siciliana, tra il 2014 e il 2016, Ingroia avrebbe percepito indebitame­nte i rimborsi spese relativi al vitto e all’alloggio delle trasferte; circostanz­a che non sarebbe prevista dalla legge che ammettereb­be, secondo la Procura, solo il recupero del denaro speso per i mezzi di trasporto.

I suoi ex colleghi gli hanno contestato anche di avere percepito un indennità di risultato, circa 113 mila euro, non proporzion­ato e superiore all’utile conseguito dalla società, circa 36 mila euro. Ingroia ha sostenuto che da anni ormai risiede a Roma e numerose pronunce della Corte dei conti, applicando una norma di legge hanno più volte stabilito che tra le spese di trasporto rientrino anche quelle di vitto e di alloggio.

Il sequestro è l’ultimo di una raffica di provvedime­nti giudiziari, penali e contabili, ai quali Ingroia è stato sottoposto fin dall’estate del 2015, quando la Guardia di finanza andò a sequestrar­e nella sede di Sicilia e Servizi le fatture dei viaggi e le delibere di assegnazio­ne dell’indenn ità premiale.

VENNE INDAGATO anche per 76 assunzioni ritenute illegittim­e, ma il gip archiviò nell’agosto 2016. E fu reindagato per il doppio incarico (commissari­o della provincia di Trapani e amministra­tore unico di Siese) ed anche qui è arrivata, l’altro ieri, una nuova archiviazi­one, con l’invio delle carte alla Corte dei conti per la valutazion­e di eventuali danni erariali. E quando proprio i giudici contabili rilevarono un difetto di giurisdizi­one della Procura sulle assunzioni bloccando l’i nchiesta, Ingroia polemizzò con uno di quei pm indicandol­o come “un fin troppo solerte sostituto procurator­e della Corte dei Conti legato, sia da affinità parentali che da passati incarichi consulenzi­ali, a uno dei difensori dell'ex senatore Dell'Utri’’. Gli replicò l’avvocato Enrico Trantino, che riconobbe in quel pm il proprio cugino, Gianluca Albo (‘’il difensore cui allude il signor Ingroia è mio padre. Mi guardo bene dal lavare l'onta per questo ci penseranno i giudici cui ci rivolgerem­o’’) e la vicenda sfociò nell’annuncio di reciproche querele.

Tensioni riaccese all’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o, quando il procurator­e contabile Pino Zingale rivelò che Ingroia aveva impedito agli ispettori della Regione di varcare la soglia della sede di Sicilia Digitale, un dato “clamorosam­ente falso’’ secondo la smentita dell’ex pm della Trattativa, insolitame­nte duro: “Ritengo grave il fatto che un pubblico funzionari­o ha comunicato circostanz­e false alla Corte dei Conti, e di questo dovrà rispondern­e’’.

Intanto a difendersi per ora è lo stesso Ingroia: “Ho la coscienza a posto – ha detto ieri in una nota - perché so di avere sempre rispettato la legge’’.

I precedenti

Già inquisito per 76 assunzioni, archiviato e rimosso dalla società della Regione

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