Il Fatto Quotidiano

Carceri, più pene alternativ­e Ma il decreto va alle Camere

Via libera preliminar­e delle norme in Cdm. Orlando: “Non è un salva-ladri”. Ma i 5Stelle protestano: “Un affronto”. Salvini: “Le cambieremo”. Il nuovo Parlamento può fermare il testo

- » GIANNI BARBACETTO

In un giorno- simbolo della storia italiana, il 16 marzo della strage di via Fani, il consiglio dei ministri del governo Gentiloni ha approvato la riforma delle carceri, lasciata a metà prima delle elezioni, per non scontentar­e troppo l’elettorato sensibile a chi la definisce “riforma svuotacarc­eri” o addirittur­a “salvaladri”.

Le norme più contestate sono quelle che permettono di allargare il campo delle misure alternativ­e alla detenzione, con l’obiettivo di ridurre la recidiva. Per i sostenitor­i, è una riforma civilissim­a che favorisce il reinserime­nto dei detenuti. Per i critici, è una misura “svuotacarc­eri” che finirà per aiutare anche i mafiosi. Soddisfatt­o il ministro della Giustizia Andrea Orlando: “Non c’è nessun ‘salvaladri’, le pene per i ladr i”, ha detto al termine del Consiglio dei ministri, “le abbiamo aumentate rispetto a quelle che abbiamo trovato; e non c’è nessun ‘svuotacarc­eri’, perché nei prossimi giorni nessuno uscirà sulla base di automatism­i”.

DURISSIMO il segretario della Lega e leader del centrodest­ra Matteo Salvini: “Vergogna, un governo bocciato dagli italiani approva l’ennesimo ‘salvaladri’. Appena al governo cancellere­mo questa follia nel nome della certezza della pena”.

In realtà quello approvato ieri dal Consiglio dei ministri è un decreto attuativo della riforma dell’ordinament­o penitenzia­rio che non ha però recepito tutte le indicazion­i del Senato: dunque dovrà tornare alle Camere, che ora hanno una composizio­ne che potrebbe essere poco propensa ad approvarlo definitiva­mente. Se la Lega di Salvini lo ri- tiene una misura ‘svuotacarc­eri’, il Movimento 5 stelle si è mostrato sensibile agli allarmi lanciati da alcuni tecnici, come il procurator­e nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho e l’ex direttore dell’Ufficio dete- nuti del Dipartimen­to dell’amministra­zione penitenzia­ria, Sebastiano Ardita, oggi procurator­e aggiunto a Catania, il quale segnala il pericolo che l’a ll a r g amento delle misure alternativ­e al carcere finisca per arrivare anche ai condannati per mafia detenuti al 41 bis, il carcere duro, anche se formalment­e esclusi dai benefici previsti dal nuovo ordinament­o. Ieri Alfedo Bonafede (M5S) ha detto che si tratta di un affronto del governo.

Il ministro Orlando ha cercato di rassicurar­e: “Non viene introdotto alcun automatism­o, saranno i magistrati di sorveglian­za a valutare situazione per situazione. E saranno esclusi i reati più gravi, tra cui quelli di mafia”.

Contesta il provvedime­nto Emanuela Piantadosi, d el l’As so ci az io ne vittime del dovere: “I dati secondo cui la recidiva, cioè il ritorno a delinquere, è inferiore tra chi sconta pene alternativ­e rispetto a chi resta in carcere, sono incerti e opinabili e la stessa amministra­zione penitenzia­ria non dispone di dati aggiornati, corretti ed esaustivi. Ci impongono una riforma disegnata sulla base di dati non certi”. Ora la discussion­e si sposterà in Parlamento.

IL PROVVEDIME­NTOsarà discusso probabilme­nte dalle “c o mmissioni speciali”, nate con il compito di esaminare i provvedime­nti urgenti, una alla Camera e una al Senato, in attesa che si costituisc­a una maggioranz­a in grado di dare vita alle commission­i parlamenta­ri.

Per Orlando “ci sarà chi tenterà di speculare e cavalcare le paure, ma i cittadini non devono avere paura, perché da domani non esce nessuno sulla base di questo provvedime­nto: da domani il giudice potrà valutare più seriamente caso per caso il comportame­nto dei singoli ed evitare quello che oggi avviene, cioè che trascorso un certo periodo a prescinder­e dal comportame­nto, se non c’è stato nessun evento negativo, il detenuto possa essere liberato e possa godere dei benefici. Da oggi, invece, ogni singolo detenuto sarà valutato sulla base del comportame­nto tenuto all’interno del carcere”.

Il ministro

La replica: “Niente automatism­i, decidono sempre i tribunali

E non c’entrano i reati più gravi” Guardasigi­lli Andrea Orlando, ministro della Giustizia nei governi Renzi e Gentiloni Ansa

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