Così LeU muore subito nel fatidico Friuli
Il movimento di Grasso si spacca: Mdp va col candidato renziano, Civati e Sinistra contrari
L’ultimo
atto della breve storia triste di Liberi e Uguali si svolge in Friuli Venezia Giulia. A fine aprile si vota per le elezioni regionali che decidono l’erede di Debora Serracchiani. Il candidato del Pd è il vice della governatrice uscente, Sergio Bolzonello. Cosa fa la lista di sinistra che doveva segnare una “radicale discontinuità” – parole loro – rispetto alle politiche renziane ? Si divide ( di nuovo) sull’appoggio a un candidato renziano.
NICOLA FRATOIANNI e Pippo Civati non prendono nemmeno in considerazione l’ipotesi. Invece gli ex Pd (bersaniani e dintorni) hanno trovato un accordo per formare una listarella di appoggio a Bolzonello. Così ieri pomeriggio i segretari friulani di Possibile e Sinistra italiana hanno firmato un comunicato non esattamente diplomatico nei confronti dei compagni di avventura: “Le elezioni nazionali hanno spaventato qualcuno e all’interno di Mdp in Friuli Venezia Giulia sono prevalsi i calcoli elettorali. Una piroetta ingiustificabile e insostenibile da cui prendiamo le dovute distanze”. Da una parte dunque si proclama il rilancio di Liberi e Uguali, da affidare a Roberto Speranza dopo la deludente campagna elettorale di Pietro Grasso, dall’altra si pongono le basi per la definitiva archiviazione del progetto. Destino praticamente segnato già dalle prime proiezioni, la notte del 4 marzo: dalle urne LeU ha portato a casa la miseria del 3,4% e 18 parlamentari (14 deputati e 4 senatori). La metà di loro sono in quota Mdp. E sembrano avere idee piuttosto chiare sul futuro della compagine: il ritorno a casa nel Pd post Renzi. Possibilmente con l’appoggio a un segretario che provenga dall’antica famiglia diessina, come Nicola Zingaretti. L’effetto può suonare vagamente paradossale: l’analisi del voto porta Pier Luigi Bersani a riconoscere che “la gente ci ha percepito come una variante del sistema” (dall’intervista al Fatto di giovedì). Ma la strategia che segue a questa presa d’atto è quella di cercare riparo tornando al vecchio partito; ovvero infilandosi negli ultimi pertugi del sistema stesso.
LE PORTE DI LEU sono spalancate. Elisa Simoni l’ha detto chiaramente: “La riflessione aperta da Maurizio Martina (l’erede provvisorio di Renzi al Nazareno, ndr) sul futuro del Pd e del centrosinistra è importante per tutta la nostra comunità politica. Sarà sui principi, idee nuove e personalità in grado di incarnarle che il centrosinistra potrà rinascere a partire già dalle prossime elezioni amministrative”. Insomma: in attesa delle “nuove personalità”– Zingaretti, dicevamo – si torna all’alleanza col Partito democratico già dalle Regionali friulane. Simoni, cugina di Matteo Renzi, era stata l’ultima a lasciare il Pd lo scorso 14 luglio. Ieri è stata la prima a dire in termini piuttosto espliciti che è il momento di riportare tutto a casa. E gli altri? Sinistra Italiana e Fratoianni hanno celebrato la direzione nazionale in beata solitudine sabato scorso. Dicendo, in pratica, che si va avanti insieme solo se si fanno le cose in modo completamente diverso. La famosa “radicale discontinuità” di cui sopra. Pippo Civati, rimasto fuori dal Parlamento grazie alla candidatura in un listino periferico decisa dai suoi compagni, oggi riunisce Possibile a Bologna. Da battitore libero, si prepara a pronunciare un discorso molto duro su quello che rimane di LeU. In mezzo resta Pietro Grasso: si aspettava ingenuamente lo scioglimento delle tre piccole organizzazioni che hanno fatto nascere la lista. È rimasto seppellito con lei, dalle parti del 3%.
Bersani & C. Gli ex Pd si preparano al ritorno al Nazareno, Fratoianni e Possibile no