Quando il gioco può diventare una malattia
“Il risparmio costa sudore e nessuno ti regala nulla: si deve cambiare il modello culturale propagandato anche dalla tv pubblica in trasmissioni come quelle dei pacchi”
(da “Cleptocrazia” di Elio Lannutti – Imprimatur, 2013 – pag. 140)
Mentre il Movimento 5 Stelle vince le elezioni e diventa il primo partito, con un programma alternativo che – oltre al “cavallo di battaglia” del reddito di cittadinanza e ad altri interventi innovativi – prevede l’abolizione delle slot machine, la giustizia amministrativa blocca il provvedimento con cui il governo uscente aveva già deciso di ridurne il numero. Può essere anche questo un piccolo test per misurare la distanza fra il radicalismo dei cinquestelle e il conservatorismo sociale del sistema. E perciò il caso delle infernali macchinette mangiasoldi, disseminate nei bar, nelle tabaccherie e negli stabilimenti balneari, assume un valore mediatico e pedagogico per contrastare la ludopatia, il racket e il riciclaggio di denaro.
Al momento si calcola che siano 407 mila le slot machine installate su tutto il territorio nazionale: un numero troppo elevato e una diffusione troppo capillare per poter tutelare innanzitutto i minori e gli anziani, cioè la fasce di popolazione più esposte a questa “tentazione fatale” che spesso rischia di diventare una dipendenza o una vera e propria malattia. Un colossale giro d’affari di 50 miliardi di euro all’anno, 39 restituiti in vincite, con una spesa netta complessiva di 11 miliardi, di cui la metà va allo Stato come gettito erariale (circa sei miliardi).
IN BASE ALLA LEGGE di Stabilità del 2016 e alla manovra correttiva del 2017, s’era stabilito di ridurre del 35% la presenza delle macchinette per portarle a 265 mila entro aprile di quest’anno. La maggior parte dei concessionari s’era mostrata favorevole alla proposta, proprio per conciliare le esigenze di sicurezza, trasparenza e salute dei giocatori con la tutela della legalità e salvaguardare una parte delle entrate erariali che derivano dal gioco. Tanto da avviare l’operazione in due fasi: una prima tranche (16%) entro il 31 dicembre scorso e una seconda (19%) da concludere entro il prossimo mese.
Ma a questo punto è intervenuto l’immancabile Tar del Lazio a congelare la bonifica. Su ricorso di “Codere”, una delle società concessionarie di slot machine, multinazionale del gioco con sede a Madrid che opera in Italia dal 2000, il Tribunale ha sospeso la riduzione di una gran parte delle sue macchinette.
Senza entrare qui nei dettagli tecnici e giuridici della vicenda, sulla base di un’interpretazione restrittiva della legge di Stabilità 2016 – contraria a quella dei concorrenti – gli spagnoli ne hanno approfittato per accrescere la loro presenza, acquistando 2.593 nuovi certificati che abilitano a installare gli apparecchi per il gioco d’azzardo. Ora l’ultima parola spetta al Tar che si riunirà in Camera di consiglio il 21 marzo, per decidere se ribaltare o meno l’accordo raggiunto fra Parlamento, governo, Monopoli di Stato e concessionari.
Certo, non sono soltanto le famigerate slot machine ad alimentare la ludopatia nel nostro Paese. Anche la televisione, compresa quella pubblica, con i suoi quiz a premi ha molte responsabilità nella diffusione di un’ideologia del “denaro facile”, del “colpo grosso”, del “rischiatutto”. E in questo senso, appunto, si tratta di una questione di rilevanza sociale, mediatica e pedagogica. Occorre sostituire un vecchio modello consumistico con uno più moderno e consapevole, fondato sull’impegno, sul merito e sul risparmio.