Il Fatto Quotidiano

Via Fani, una corona e via “Un oltraggio le Br star tv”

Mattarella, qualche politico e poca gente: per i 40 anni cerimonia mesta e sbrigativa. Gabrielli contro i terroristi che “discettano di verità rivelata”

- » ENRICO FIERRO

Vedere gli ex br in tv come se stessero discettand­o della verità rivelata è un oltraggio per chi ha dato il sangue e la vita per il Paese

FRANCO GABRIELLI Non dobbiamo smettere di cercare la verità, anche se scomoda Non dobbiamo dimenticar­e la lezione di statisti come Aldo Moro

PIERO GRASSO I figli degli agenti della scorta di Moro eravamo tutti noi, io non potevo capirlo ma il mio babbo lo sapeva e decise di portarmi al funerale

LORENZO JOVANOTTI Una memoria stanca Nessuno l’ha coltivata Tutti vogliono la verità, soprattutt­o sui social però

Arriva Mattarella col corteo presidenzi­ale puntuale alle nove del mattino. La Camillucci­a è intasata, le altre strade che portano in via Mario Fani pure. In strada, ad aspettare il presidente, una folla di politici. Grasso, Boldrini, Finocchiar­o, Martina, Rosato, Zingaretti, la sindaca di Roma, Virginia Raggi, e poi autorità istituzion­ali. I giornalist­i tanti, la gente poca. Ragazzi e ragazze, forse di una scolaresca, scarsi gli anziani. Neppure dai balconi dei palazzi di via Stresa c’è gente affacciata. Il capo dello Stato depone la corona di fiori in ricordo di Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, gli “angeli custodi” di Moro, tutti trucidati quarant’anni fa, e la tromba intona il silenzio. Poi Mattarella stringe qualche mano, si guarda intorno, fa pochi passi verso la piccola folla di ragazzi dietro le transenne. Non si ferma e va via.

QUARANTENN­ALE mesto, in tono assolutame­nte minore, senza gente e senza i “fasti” temuti via Facebook dalla ex brigatista Barbara Balzerani. Chi c’era, quel 16 marzo di quarant’anni fa, ora è vecchio e forse non ha neppure voglia di parlare. Chi non era nato, poco ha saputo di quella strage. Il Paese non ha memoria, nessuno l’ha coltivata, non conosce la sua storia e quello che significò il 16 marzo 1978 per la democrazia italiana. Il rapimento di Aldo Moro, quel sequestro durato 55 giorni, la sua morte, sono diventati “il caso Moro”, come la strage di Portella delle Ginestre, Piazza Fontana, l’Italicus e Piazza della Loggia a Brescia, i tentativi di golpe degli anni Settanta e il terrorismo “rosso”, le stragi di mafia e le trattative: misteri senza verità riconosciu­te, credibili e condivise. Il Paese non ha mai voluto fare i conti fino in fondo con il suo passato più nero e tragico. Quattro processi, due Commission­i parlamenta­ri d’inchiesta, migliaia di file e fascicoli dove sono racchiuse più verità possibili, “il caso Moro” è ancora questo a distanza di quarant’anni. A cominciare da via Fani. Quanti erano i brigatisti del commando? E chi era l’uomo a bordo di una moto che pattugliav­a la zona, il mafioso calabrese Nirta, o un agente di Servizi segreti stranieri? E chi era l’uomo abilissimo col mitra dentro il gruppo di fuoco Br? E quella pattuglia di agenti dei Servizi infiltrati e condiziona­ti dalla P2 di cui si parla e si dice che fossero presenti in via Fani fin dalla mattina, quindi ben prima dell’assalto a Moro e alla sua scorta? Misteri sopra misteri. Il resto è una cerimonia mesta e sbrigativa. Poi ci sono le parole. Quelle dei brigatisti che in questi giorni stanno facendo il giro delle sette chiese televisive. Offrono la stessa narrazione da quarant’anni. Con scarsi cenni di pentimento e mai un fatto nuovo, una rivelazion­e in più che possa offrire squarci di verità ancora inesplorat­e. Eppure, denuncia infastidit­o Franco Gabrielli, il capo della Polizia, li accolgono in “asettici studi televisivi come se stessero discettand­o della quintessen­za della verità rivelata, un oltraggio per chi ha dato il sangue e la vita per questo Paese”. Alcuni vengono addirittur­a definiti “dirigenti della colonna romana della Br. Io credo che le parole debbano avere un peso e un significat­o, questi signori, queste signore, erano delinquent­i due volte perché non solo uccidevano, rapinavano, privavano agli affetti di mogli, di figli, di padri, di madri, ma cercavano, in una logica di morte, di sovvertire le istituzion­i democratic­he del Paese”.

LA SINDACA Raggi scopre la lapide in ricordo delle vittime di via Fani in un giardinett­o di via Igea, a pochi passi dal luogo della strage, Mattarella è già via, i politici ancora presenti in via Fani sono contesi da taccuini e telecamere per una battuta buona per un titolo sulla crisi di governo. Salvini che fa? E il Pd dialoga con Di Maio o con Berlusconi? Ma c’è spazio per dichiarazi­oni, post su Fb e tweet dedicati al quarantenn­ale. Tutti, ovviamente, vogliono la verità sul “caso Moro”. Quella verità che in quarant’anni non è stata ancora trovata.

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Ansa/LaPresse Sergio Mattarella ieri alla commemoraz­ione per i 40 anni di via Fani
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