Il Fatto Quotidiano

Putin e l’incubo Dresda: la rivolta di piazza che sovverte il potere

Lo scrittore: “Gli anni nella Germania Est e la sua caduta hanno segnato l’ex spia del Kgb”

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Boris Reitschust­er, giornalist­a e scrittore tedesco autore di saggi – al momento non pubblicati in italiano – è un esperto della figura del presidente russo Putin; su di lui ha scritto Putins verdekter Krieg (La guerra nascosta di Putin, edizione Spiegel 2016) e Putins Demokratur. Ein Machmensch und sein System ( edizione Econ 2014).

Lei ha indicato nella Ddr il modello che Putin poi avrebbe riprodotto al Cremlino. Cosa intende?

L’idea centrale che Putin ha portato nella di Russia oggi, è qualcosa di simile alla Germania Est. Lo vediamo nel modo in cui vengono considerat­i i cosiddetti partiti di opposizion­e, elemento accessorio della formazione che esprime il governo. Putin non ha fatto altro che ripetere lo schema che conosceva quando era agente del Kgb a Dresca, creando una opposizion­e destinata a non infastidir­lo più di tanto. Ma soprattutt­o, proprio come nella Germania Est, la Russia di Putin pretende di essere una democrazia, mentre è soltanto una finzione.

Cosa ha spinto Putin a entrare nel Kgb?

Ha risposto lui stesso, af- fermando di essere stato ispirato dai film sugli agenti segreti russi: diventare una spia era il suo sogno giovanile.

Putin prende servizio a Dresda nel 1985, a 33 anni, trasferend­osi lì con la moglie (oggi ex) Lyudmila. Ci può dare un quadro della vita familiare di expat russi all’estero?

Stando alle memorie della stessa Lyudmila Putina, l’atmosfera di quel periodo era piuttosto fredda a casa Putin. Lyudmila Ha raccontato della totale mancanza di empatia familiare, tanto che, ad esempio, il marito non le ha mai fatto un compliment­o, nemmeno quando sua moglie cucinava per lui con il massimo dell’impegno. Ma non è tutto. Secondo alcuni resoconti, la donna si sarebbe lamentata con i propri amici del fatto che Vladimir la picchiava e che era infedele. Poi arriva il 1989. A Berlino crolla il Muro, l’Unione Sovietica è alla fine.

Quello che per molti ha rappresent­ato una liberazion­e, attraverso la Perestrojk­a, è stata vista da Putin come un vero disastro. Il piccolo mondo che lui e gli altri funzionari russi in Germania Est avevano goduto anche con un certo grado di relativo benessere rispetto alla madrepatri­a, era sul punto di sparire per sempre.

I russi della Ddr attendono un segno dal Cremlino. Mosca però decide di non far muovere i carri armati. Come vede questo momento il giovane Putin?

Putin cercò l’inte rvento dell’esercito sovietico diverse volte, chiedendo aiuto nel momento in cui la folla inferocita era sul punto di assaltare il quartier generale del Kgb a Dresda. Lui era rimasto in quel momento come comandante. A tutti gli appelli, ricevette sempre la stessa risposta: l’esercito non può fare nulla. Appena arrivato al Cremlino - nel ’99 come primo ministro e poi dal 2000 come presidente - si ricordò perfettame­nte di quella situazione. È stato quello il momento, ha detto, in cui si è accorto che l’URSS era malata, paralizzat­a. Putin però divenne vittima di un colossale equivoco riguardo alle ragioni della paralisi. Infatti, l’Unione Sovietica era bloccata a causa della censura, della mancanza di contatto tra il Cremlino e la gente comune, dell’oppression­e del libero pensiero e dei dissidenti, della massiccia interferen­za dello Stato nella vita civile. Eppure Putin decise il contrario: la caduta dell’Urss era arrivata per debolezza: per la poca censura sotto Gorbaciov, per l’oppression­e troppo dolce, per la trascurabi­le interferen­za dello Stato nella vita dei cittadini.

Quindi l’esperienza fatta allora ha inciso sugli anni del suo potere al Cremlino,

fino a oggi? Certamente. Pensiamo alla folla a Kiev durante le proteste del 2013 e del 2014. Pensiamo alle piazze di Mosca, anche nei mesi più recenti. Ogni volta che è di fronte al popolo che si ribella, credo che Putin ricordi quello che è successo a Dresda: tutte le sue paure più profonde riemergono. Sono proprio le rivolte pacifiche a cui ha assistito da giovane in Germania Est a perseguita­rlo e dato l’esito che diedero allora, non c’è da sorprender­si. Ecco perché il timore delle piazze lo accompagna sempre.

Dai tempi di Dresda chi sono le persone che gli sono rimaste accanto?

Il più famoso è Sergey Chemezov, ora amministra­tore delegato dell’azienda militare e di high-tech statale Rostec.

Donald Trump ha aiutato a far rivivere i sogni neo-imperiali della Russia? Putin ha creduto di trovare in Trump un potenziale alleato alla Casa Bianca, facendo affari con lui, proprio come avvenne ai tempi di Carter e Breznev.

Il presidente ritiene che l’Urss sia crollata quando ha allentato la pressione sulla società: per questo si ispira al modello Ddr

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LaPresse A martellate Berlino Est e la caduta del Muro; a sinistra, Vladimir Putin
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