Marielle, delitto all’ombra del braccio violento della legge
In migliaia hanno manifestato sgomenti a Rio de Janeiro e in altre città per l’a ss as si ni o di Marielle Franco, consigliere e attivista dei diritti umani. Marielle è stata uccisa in un agguato mercoledì, assieme al suo autista, Anderson Pedro Gomes, con quattro proiettili calibro 9. Esperta sociologa in violenza urbana, studiosa delle favelas, Marielle era amata. Aveva iniziato nel 2016 con il Partido Sosialismo e Liberdade ed era stata eletta con più di 46 mila voti.
Franco era un simbolo, soprattutto per giovani, donne e gli oppressi nelle favela di Rio, dove il 16 febbraio, il presidente Michel Temer - sotto inchiesta per mazzette che avrebbe preso per favorire concessioni portuarie a Santos - ha decretato l’intervento dello stato federale per mano dell’esercito. L’Onu ha condannato l’intervento militare, deciso, senza consultare le organizzazioni civili. Franco era contraria alla presenza dei soldati, considerato un atto di propaganda elettorale da parte del governo.
Il 28 febbraio, Marielle era stata nominata relatrice della Commissione parlamentare che analizzerà le azioni delle Forze armate. Alcuni giorni prima della sua morte, il 10 marzo, aveva denunciato più volte gli abusi e le angherie del 41° battaglione della Polizia Militare.
Non è la prima volta che un politico finisce nel mirino: nel 2016 nove fra candidati e consiglieri sono stati assassinati in circostanze particolari e in questo contesto gli stessi militari non si capisce da che parte stiano. Bast pensare al caso del tenente- colonnello, Claudio Luiz Oliveira, che è stato accusato di aver ordinato l’esecuzione di Patricia Acioli, la giudice uccisa con 21 proiettili sulla porta di casa.
L’omicidio di Marielle Franco ripropone scenari inquietanti: non si tratta più solo di pizzo e estorsioni nelle favela, ma il sospetto che nel traffico di cocaina e armi vi siano pezzi dello Stato.