Il Fatto Quotidiano

Dopo la pizza griffata Cracco c’è solo la trippa informale

- » NANNI DELBECCHI

Forse si è scoperto che cosa ci faceva Carlo Cracco nel suo bagno, nella sua cucina, nel suo living. Isolato da tutto e da tutti, “solo Carlo” stava concependo la sua ultima invenzione in religioso raccoglime­nto: la Pizza Margherita. Questa mi pare di averla già sentita, dirà qualcuno; eh sì, ma questa non è una Margherita come le altre, questa è una Margherita griffata, firmata, stellata; una Pizza che sarebbe più giusto chiamare Carla, o addirittur­a Cracca. Come tutti i grandi chef da cui sia- mo ormai circondati, Cracco non cucina. Cracco osa. Dal “cestino gourmet” del Frecciaros­sa alle patatine San Carlo in busta. Inoltre, come ogni vero artista, lui rivisita. Liszt rivisitava Paganini, Bacon rivisitava Velazquez; Cracco ha rivisitato la Margherita. Impasto di cereali combinati tra loro (come i giudici di Masterchef), mozzarella cruda, basilico “rivisitato” in favore dell’origano. La cosa più rivisitata di tutte è il prezzo: per gustare la Pizza Cracca nel ristorante appena aperto in Galleria a Milano ci vogliono 16 euro. Tariffa stellata, anzi, stellare, roba che Sgarbi deve passare il resto dei suoi giorni a fare selfie. Il web è insorto, ma questo non fa notizia, ormai insorge a prescinder­e. Magari la Cracca è pure buona, ma il dubbio è un altro. Passino gli occhiali, i profumi, le infradito; ma ora pure la pizza firmata. Andiamo verso il minestrone d’autore, gli spaghi cubisti, la trippa informale? Sempre più dalle stelle alle stalle: però solo stalle stellate.

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