DI MAIO, SALVINI E LA POLITICA DEL “COME SE”
Le tappe e le urne La mazurka a Recanati, le arance a Scordia, il gufo di Langhirano, elettori ingrati: disastri ovunque sia passato col treno
La dolorosa polvere si sta posando sull’i mmane catastrofe renziana del 4 marzo e la recensione postuma di Destinazione Italia si trasforma in un funebre esercizio di memoria sul Caro Estinto, ovviamente in senso politico. Una lettura composta, rispettosa dell’altrui tragedia, evitando scontati sghignazzi e contemplando la fatica fatta dall’ex segretario del Pd sul finire dello scorso anno, quando novello capotreno accumulò binari italici per la bellezza di quasi 10 mila chilometri. I fatidici territori. L’ascolto. I selfie. I “dammi il cinque” dispensati come necessaria benedizione per popolazioni spesso dimenticate. E Destinazione Italia s’intitola appunto il volume bello, intenso e colorato che racchiude le foto di questo giro della penisola.
UN VIAGGIO lungo 9.555 chilometri, per la precisione, contati dal treno renziano alla stazione dell’ultima tappa, la numero 110 del 7 dicembre. Augusta, in provincia di Siracusa. Una sosta non capita sino in fondo dagli autoctoni visitati. Anzi non compresa per nulla, ché Renzi e il Pd ad Augusta, nel funesto 4 marzo, hanno raccolto appena 2.227 voti, il 12,96 per cento. Laddove l’odiato M5S ha raggiunto il 50,62, con 9.246 voti. In Sicilia, il treno renziano ha coperto invano tutte le province. Un bollettino di guerra peggiore della media nazionale, anch’essa disastrosa. Ecco, per esempio, la toccante immagine di Renzi che seduto e pensoso, con la mano a coprirgli la bocca, ascolta due donne del Centro Antiviolenza Penelope, a Gaggi, nel Messinese. Ri- sultato: 118 voti pari al 7,51 per cento contro il solito 50 e passa dei grillini.
Stessa storia a Scordia, provincia di Catania, dove il povero Renzi, sceso dal treno, ha macinato altri chilometri a piedi per ispezionare agrumi e ortofrutta. Il popolo indigeno è stato spietato nei suoi confronti: 863 voti, l’11,17 per cento. I pentastellati a Scordia? Al 57,62 per cento con 4.449 voti. Arancia rossa e renziana non la trionferà. Territori ingrati, nonostante l’attento ascolto. Ad addolcire però la lettura sempre composta e sempre rispettosa dell’altrui tragedia c’è la soave sequenza della settima tappa, a Recanati, nelle Marche considerate sicure. Renzi è in compagnia di Matteo Richetti, amico ritrovato, e i due mirano in alto verso la siepe leopardiana, non solo per un selfie. Uno sforzo poetico senza frutto: uno striminzito 18,69 per cento e terzo posto dietro M5S e centrodestra.
Un viaggio all’inizio della notte, più che al termine céliniano, e che non risparmia doverosi pellegrinaggi sepolcrali. Renzi a Maglie, il paese di Aldo Moro nel Leccese (14,74 per cento); Renzi a Casarsa della Delizia, provincia di Pordenone, sulla tomba di Pier Paolo Pasolini (18,23 per cento); Renzi a Ghilarza, in Sardegna, nella casa natale di Antonio Gramsci. E qui è forse la compagnia di Luca Lotti a far perdere altri voti. In tutto solo 264, pari all’11,51 per cento.
I numeri
NELLA SUA Odissea ferroviaria, senza la sospirata Itaca della vittoria finale, il prode condottiero ha sfidato la sorte a Langhirano, provincia di Parma, posando persino accanto a un maestoso gufo, prima di rinchiudersi in un rinomato prosciuttificio. A stracciarlo, stavolta, è stato il centrodestra: 43,88 a 21,42. Dal nord al sud, dal centro alle isole, Renzi è stato un generale kamikaze su un treno che non ha portato al sole ma al buio più profondo. E 6 milioni 134mila e 727 voti per il Pd (risultato nazionale alla Camera) diviso 9.555 chilometri fa 642,04. Nemmeno mille voti a chilometro.