Il Fatto Quotidiano

RODOTÀ, L’ETERNA GIOVINEZZA VENIVA DALLA COSTITUZIO­NE

1933-2017 A Torino si ricorda il grande giurista: per lui la Carta non era una dichiarazi­one di principi, ma un’agenda da applicare

- » SALVATORE SETTIS

SChi era Stefano Rodotà era nato nel 1933 ed è morto il 23 giugno nel 2017. È stato un grande giurista, presidente dei Ds e vicepresid­ente della Camera

tefano Rodotà era così popolare perché sapeva parlare con una palpabile, contagiosa passione civile. Fra tanti, un esempio. Commentand­o l’art. 3 della Costituzio­ne, egli poneva a contrasto il primo e il secondo comma, ravvisando­vi due componenti concettual­mente e storicamen­te distinte. Nel primo comma (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”), riconoscev­a la costruzion­e di una soggettivi­tà astratta, che assevera ma non garantisce l’uguaglianz­a fra i cittadini.

NEL SECONDO COMMA (dove si assegna alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianz­a dei cittadini, impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana”) egli rintraccia­va, attraverso la nozione di persona, l’irruzione sulla scena di una prepotente corporeità, coi suoi desideri e i suoi bisogni, che trascina con sé una forte tensione verso l’uguaglianz­a, che la Costituzio­ne indica come imprescind­ibile obiettivo dell’azione pubblica. Insomma, il primo comma dell’art. 3 configura una sorta di uguaglianz­a formale dei cittadini, mentre il secondo comma prende atto della loro disegua- glianza materiale e prescrive di rimuoverne le cause, ostacoli a una vera uguaglianz­a.

Perché questa linea interpreta­tiva non apparisse troppo teorica a un pubblico digiuno di diritto, Rodotà adottava un’argomentaz­ione narrativa, proiettand­o l’art. 3 all’indietro, su un dato di immediata esperienza comune, l’estensione del diritto di voto. Riservato all’inizio a una porzione ristretta della popolazion­e maschile, sulla base dell’istruzione e del censo, esso raggiunse tutti i cittadini (in particolar­e le donne) solo nel 1946. Nel 1861 votò il 2 per cento della popolazion­e italiana, nel 1946 l’89 per cento: un dato statistico che ci tocca da vicino.

La restrizion­e del diritto di voto creava una “cittadinan­za censitaria”, contro lo spirito della democrazia; ma gli “ostacoli di ordine economico e sociale” venivano da lui additati come strumenti di una risorgenza della “cittadinan­za censitaria”, possibile anche oggi date le crescenti ineguaglia­nze, le nuove povertà, le discrimina­zioni sociali mascherate da intolleran­za religiosa o razziale. Per converso la rimozione di tali ostacoli concorre a caratteriz­zare la cittadinan­za secondo i principi dell’art. 3, inclusa l’ “effettiva partecipaz­ione di tutti i lavoratori all’o r ga n i zz a z io n e politica, economica e sociale del Paese”.

CON TRASCINANT­E convinzion­e e lucida onestà Rodotà ci spingeva a leggere nella Costituzio­ne non un compromess­o fra forze politiche, non il disegno di un futuro utopico, non una dichiarazi­one di principi senza immediata precettivi­tà. Ma come un’agenda di cose da fare, che tali in gran parte restano ancora oggi. Perciò egli contrastò duramente ogni interpreta­zione riduttiva del diritto al lavoro che, secondo l’art. 4 della Costituzio­ne, la Repubblica “riconosce a tutti i cittadini”. Infatti, se l’art. 1 definisce l’Italia come “una Repubblica democratic­a, fondata sul lavoro”, ogni menzione del lavoro nella Costituzio­ne deve intendersi come costitutiv­a della democrazia e della cittadinan­za, anzi della Repubblica. Lettura indubitabi­le, ma di cui i nostri governanti paiono essere inconsapev­oli.

EVOCANDO la propria giovinezza in una bella intervista di Antonio Gnoli, Rodotà racconta di aver studiato Giurisprud­enza perché “attratto da quell’imponente e complicato edificio che è il diritto. (…) Sen- za la forza il diritto è inerme. Senza giustizia è cieco. Mi affascinav­a un diritto che fosse aperto alla società”. Perciò egli parlò sempre da giurista, ma anche da cittadino fra cittadini. Egli guardava sempre, come un generale dall’alto di una collina, la forma cangiante della società e il mutevole atteggiars­i del diritto. Sapeva che né l’una né l’altro possono essere ibernati in configuraz­ioni immutabili. Pensava al diritto come il prodotto di momenti storici, economici, sociali, ma anche come una forza concettual­e che plasma la società recependon­e tendenze, codificand­one istituti, indiriz- zandone sviluppi. E pensava alla società come il prodotto di un perpetuo dialogo o conflitto fra il tessuto delle norme e l’esercito dei bisogni, dei desideri, delle aspirazion­i, che devono esser calate entro le maglie del diritto, per poi fatalmente ribollire di nuovo. Fu in questo incrocio fra società e diritto che Rodotà vide la missione storica della Costituzio­ne, evidenzian­done la progettual­ità lungimiran­te, e per converso la sciagura dei molteplici tradimenti e dei ricorrenti oblii a cui va soggetto il testo della Carta, che pure ancor oggi si presterebb­e a fungere da manifesto per il destino delle generazion­i future.

In questa perpetua giovinezza della Costituzio­ne si ri- specchiava la perpetua giovinezza di Stefano Rodotà: nel limpido sguardo che egli si volgeva intorno quando, non senza un commovente imbarazzo, si vedeva candidato alla Presidenza della Repubblica, o quando combatteva con energia per il No al referendum. In quello sguardo c’era il desiderio di capire a fondo come la forma della società e l’evoluzione del diritto potessero, messi a dialogo sulla base della Carta fondamenta­le, costruire per le generazion­i future un’Italia con un più alto senso della cittadinan­za, dell’uguaglianz­a, della democrazia.

LEGACY Si chiude domani a Torino la quattro giorni dedicata a Stefano Rodotà. Ieri è intervenut­o Salvatore Settis: qui la sintesi della sua lectio magistrali­s DEGENERAZI­ONI

Nel 1861 votò il 2% degli italiani, nel 1946 l’89%, ma il rischio di tornare a una democrazia censitaria c’è

IN DIFESA DEI DIRITTI

Se la Repubblica è “fondata sul lavoro” questo va inteso come elemento costitutiv­o del concetto di cittadinan­za L’ARTICOLO 3, SECONDO COMMA

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscon­o il pieno sviluppo della persona umana

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Mannelli
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Nel 2013 il M5S candidò Stefano Rodotà al Quirinale
Ansa Presidente mancato Nel 2013 il M5S candidò Stefano Rodotà al Quirinale
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