Il Fatto Quotidiano

Le delizie del “come se”

- » ANTONIO PADELLARO stà a badà ar capello. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Onestament­e,

anche noi ci sentiremmo fighi assai se ci fosse capitato di stravincer­e le elezioni con il 32 e rotti per cento o di dare una bella piallata al borioso padrone del centrodest­ra: a cuccia, ora comando io. Ogni successo ha il suo stato nascente, la polpa deliziosa da assaporare mentre c’è chi si divora il fegato (“Signore dai forza al mio nemico e fallo vivere a lungo, affinché possa assistere al mio trionfo”. Napoleone).

CERTO, ciascuno ha il suo stile. Dopo aver proclamato nella notte magica del 4 marzo: “Adesso tutti dovranno venire a parlare con noi”, Luigi Di Maio dieci giorni dopo deve ammettere, con il candore del ragazzo di campagna, che nessuno si è fatto ancora sentire (ci siamo passati tutti con le fidanzatin­e: mamma mi ha cercato qualcuno?). Mentre il tosto Matteo Salvini sembra ogni giorno di più “Piero detto medaglia, campione di tutti gli sport” nel bar del Crodino (stessa canotta ascellare padana). Del resto, lui nei panni del premier si era già calato da mesi annunciand­o come cosa fatta l’espulsione, oplà, di 600 mila immigrati irre- golari, dopo l’inevitabil­e conquista di Palazzo Chigi. Poi, chissà, Silvio gli avrà sussurrato qualcosina e ha leggerment­e virato sul più sfumato “appena al governo”. Però sempre a muso duro: “Cancellere­mo la riforma salva-ladri”. Evvai! Comunque, nella incantata dimensione del facciamo come se, il leader leghista di già in piazza Colonna cammina tre metri sopra il cielo e scavalca le transenne più agile del ben oliato Nino Castelnuov­o. Mentre la dolce Isoardi si porta avanti col lavoro, first sciura “ma nell’ombra”.

INVANO il navigato Rocco Casalino consiglia ai 5Stelle bocche serrate e profilo basso con i “giornalist­i cattivi che fanno il gioco sporco”. È una parola. Provateci voi a non essere tentati dai mille microfoni che si protendono imploranti una sillaba, come se foste Leo Messi alla consegna del Pallone d’oro. Sono i giorni in cui molti si sentono potenziali ministri o “in pectore”, come si diceva una volta (ma una volta al deputato, trepidante per un sottosegre­tariato, che chiedeva cosa devo dire a mia moglie, De Gasperi rispondeva secco ‘me la saluti tanto’). Il grillino Alfonso Bonafede, “designato” dalla perfida stampa Guardasigi­lli nel “potenziale” esecutivo Di Maio. Il leghista dal volto umano Massimilia­no Fedriga “probabile” titolare di un dicastero economico “nel caso” Salvini fosse presidente del Consiglio. Ci si muove nella grammatica sospesa delle ipotetiche, dei condiziona­li e dei compliment­i a futura memoria. Accorti a non dire, a non sbagliare una mossa, a non strafare.

Salvini, che ha fatto il militare a Cuneo, consiglia ai suoi di non dare nell’occhio, “di non comprare attici”, come in certi film dopo una rapina. A Di Maio qualcuno vedrete telefonerà. Intanto, nel “tutto come se” alla Lega per governare mancano una settantina di parlamenta­ri e al M5S un botto. Come dicono a Roma,

Premier e ministri in pectore vivono chiusi nel mondo delle ipotetiche, del ‘nel caso che’, dei compliment­i a futura memoria

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LaPresse Vincitori Luigi Di Maio e Matteo Salvini
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