IL PIANETA SI SCALDA, IL POTERE È GELIDO
Quando a Roma, il 16 marzo, un aereo detto “Freccia tricolore” ( un caccia da combattimento addestrato per le acrobazie aeree) è passato due volte col suo fragore di guerra nel cielo, credo come strano modo di rendere onore a Moro nel l’anniversario del suo rapimento, qualcuno avrà pensato che quello è il suono della morte che ogni poche ore scarica bombe e forse armi chimiche su intere popolazioni civili. Su generazioni di bambini di intere regioni, su civili tenuti in ostaggio dalle due, tre, quattro parti in combattimento, mentre, come in un film di denuncia e disprezzo di chi ha il potere, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si riunisce d’urgenza per non decidere.
MENTRE SCRIVO, mentre voi leggete, sono in corso quattro genocidi senza limite e senza tregua. Alcuni (potrebbe essere un alibi) sono culturalmente lontani e storicamente estranei a ciò che sappiamo, salvo le modalità e la vastità con cui le stragi vengono condotte. Altre stragi sono vicine e sono opera di Paesi alleati sia nella Nato sia negli affari, a cui, a quanto pare, non abbiamo nulla da dire. Sto ancora a spettando che qualcuno chieda il boicottaggio di prodotti della Turchia, che ha iniziato da settimane continui bombardamenti, dedicati esclusivamente al- le popolazioni civili di tutta la striscia che confina con la Turchia dal lato della Siria, e che è una parte amata e difesa della terra dei curdi. La persecuzione dei curdi non conosce intervalli, anche se ai curdi va il merito quasi esclusivo di avere disintegrato l’esercito del Califfato e bloccato il suo terrorismo. I curdi per i turchi restano nemici finché esistono. Intanto continua la caccia, la cattura e la strage della popolazione yazida, piccolo e antico nucleo etnico, ospite secolare ed estraneo del mondo islamico, che adesso è dichiarato arbitrariamente nemico da sterminare, da parte di iracheni e siriani di Assad. Ma nel Sud- Est asiatico, fra Myanmar, Bangladesh, Pakistan e India, infuria la persecuzione dei rohingya, una persecuzione totale e crudele che raggiunge dovunque questo popolo in fuga, odiato per ragioni mai dette ma radicate in tutta l’area della loro esistenza, e diretta soprattutto a donne e bambini (gli uomini servono come schiavi) con libera e sfrenata ferocia. Questa tremenda strage ha una speciale ragione di disgusto morale: è esplosa nel Paese dove risiede, e partecipa al governo, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, in cui il mondo ha creduto. E ha sbagliato. La Signora (come la chiamano in Myanmar) non ha detto una parola o fatto un gesto per salvare un solo bambino rohingya, di quel popolo sistematicamente massacrato. Ma come fare a non inserire nella lista delle stragi che segnano la nostra epoca e la segneranno per sempre, come lo scioglimento dei ghiacci polari e il salire del livello del mare, la caccia senza sosta ai migranti, senza badare alla morte per annegamento o per abbandono di donne e bambini, senza risparmiare il coinvolgimento di autorità giudiziarie e di polizia, per criminalizzare chi aiuta a cercare l’alleanza del banditismo internazionale pur di fermare “i diversi”? Mai dimenticare che c’è un legame stretto e oscuro tra chi perseguita e raccomanda di perseguitare i migranti nel Mediterraneo ( ormai tomba di decina di migliaia di profughi, adulti e bambini che, come dicono i telegiornali, “non ce l’hanno fatta”) e l’estrema destra ame- ricana ( vedi il recente viaggio dell’estremista di destra Steven Bannon in Italia e i suoi complimenti per il buon lavoro svolto da una parte degli italiani, che forse tra poco governerà).
NEL PAESE dell’estremista Steven Bannon quella destra è già al governo. La rappresenta Donald Trump, che è riuscito a liberarsi di tutte la persone normali che lo circondavano (forse arruolati all’inizio per coprire un po’la sua vera immagine di persona totalmente senza scrupoli ed esitazioni, nelle sue poche, elementari, minacciose decisioni). Il gelido e insensibile rapporto di Trump con i problemi che lo circondano e le angosce del mondo, ha come efficace rivale (ma forse finto nemico) il presidente russo Putin. La cattiveria di Trump è nel licenziare per finta colpa e con umiliazione anche i suoi collaboratori più in vista. Intorno a Putin sembra che siano veleni estremi i rimedi estremi contro avversari caduti in disgrazia. Ma intanto la Polonia e Salvini difendono le frontiere col rosario (niente di più blasfemo), il Venezuela muore da solo, Paesi come il Brasile e l’India vanno a destra con occhi bendati dal passato, e molta voglia di condanne, persecuzioni, prigioni e morti. E in Cina 4000 componenti del più alto corpo istituzionale (4000 meno due) votano tutti insieme che il loro presidente sarà presidente per sempre, ovvero votano, compatti, la loro fine. Come vedete, dovunque nel mondo sibila con forza un vento gelido dove governano solitudine, violenza, indifferenza. E progetti di cui non ci hanno ancora informati.