E Riina disse: “Io capo dei capi? Affari miei, non chiedetemelo”
LAVOCEDEL BOSS Martedì l’audio del 2008 su National Geographic
“La prego di non far e q u e s t e d omande, io se faccio parte di Cosa Nostra, o sono il capo dei capi, o sottocapo dei sottocapi, io non sono tenuto a dirlo a lei né a nessuno”. Per la prima e forse unica volta in un dialogo con lo Stato, Salvatore Riina, con quelle parole, si atteggiò a capo della “Cupola”, rivela Sergio Lari, procuratore generale di Caltanissetta dal 2015 al 2018: l’ultimo a tentare di interrogare il corleonese, nel 2008, prima della morte avvenuta il 17 novembre 2017 al 41 bis nel carcere di Parma. L ’ a u d i o dell’interrogatorio – inedito – andrà in onda su National Geographic (canale 403 di Sky) martedì alle 20.55 in Riina, le verità nascoste.
“Ci sono delle persone – spiega Lari – che non hanno rispetto per la vita umana, che sono disposte a uccidere per un nonnulla. Queste persone incutono terrore. La sua forza era basata esclusivamente sulla capacità di avere un totale disprezzo per la vita umana. La prima volta che l’ho visto aveva quasi ott an t’anni. Quest’uomo ha sentito il bisogno – racconta l’ex procuratore – di avere u n’interlocuzione con lo Stato. Sperava in cambio di questo di ottenere qualche beneficio carcerario. Sembrava lucido, dimostrava capacità di resistere alle priva- zioni del carcere duro. Era una persona molto curata nell’aspetto, non si presentava trasandato, anzi. Interrogare Riina, un uomo la cui ferocia è da tutti conosciuta, per me comportava una carica emotiva enorme. Era responsabile della morte di persone che a me erano molto vicine. Mi riferisco a Giovanni Falcone, un uomo che ha tenuto in braccio mia fi- glia. Quando guardavo in faccia quell’uomo e mi passavano nella mente le immagini drammatiche che avevo visto nelle carte dei miei processi, di quei corpi sventrati..., cercavo però di astrarmi dalla carica emotiva che portavo dentro, per essere procuratore della Repubblica che non si lasciava condizionare da questi fatti. C’è stato solo un momento di frizione durante l’interrogatorio, per un attimo ho avuto la sensazione che mi si stesse scagliando addosso: ‘Lei non lo sa che domande su Cosa nostra non me ne deve fare?’. L’unico momento in cui mi è parso di cogliere sincerità è stato quando ha detto che non si sarebbe mai messo in contatto, lui ha usato il termine un ci u to in siciliano, con uomini dei Servizi”.
LARI: Signor Riina, io sono un procuratore della Repubblica, il dottore Lari e noi siamo venuti oggi a sentirla...
Riina: Sono vecchio, mi si manda in qualche montagna agli arresti domiciliari, prendete in considerazione le mie sofferenze. (...) Non ho nien- te a che vedere con Borsellino, o con Falcone, che le devo dire? Io sono una povera vittima dello Stato e della vita italiana, questo ho da dirgli. (...) Se io avessi conosciuto a uno dei Servizi segreti non mi chiamerei Salvatore Riina.
Lari : Perché? Ce lo spiega?
Riina : Perché farei parte di questi pentiti, di questi signori, se io avessi unciutoa uno di questi dei Servizi. Dovete sapere chi è Salvatore Riina, Salvatore Riina è escluso di tutti questi Servizi, perché non ce l’ho né nella testa né nella mente e né nel fisico. Riina Salvatore è Riina Salvatore da Corleone.
Lari: Lo sa che Vito Ciancimino dice che lei ha un revolver al posto del cervello?
Riina: ( risata) Ah, forte questa.
Lari: Lei è il capo dei capi di Cosa Nostra?.
Riina: La prego di non fare queste domande, io se faccio parte di Cosa nostra, o sono il capo dei capi, o sottocapo dei sottocapi, io non sono tenuto a dirlo né a lei e né a nessuno. Io sono un uomo, che vivo per i fatti miei. Io sono Salvatore Riina e faccio il carcerato.
BOTTA E RISPOSTA
Lari: “Sa che Vito Ciancimino diceva che lei ha il revolver al posto del cervello?” Riina: “Ah ah ah, forte questa”