Il Fatto Quotidiano

Non contano regole, tifosi e storia: è l’affare Red Bull

Dagli sport estremi ai quarti di Europa League

- » LORENZO GIARELLI

ITRIONFO NIBALI

È dello Squalo l’edizione 109 della Milano-Sanremo. Gara perfetta. Clamorosa. Rara. Ha avuto il coraggio di attaccare sul Poggio per poi arrivare in via Roma con tutto il gruppone alle spalle. Ora Nibali è uno dei 6 atleti della storia ad avere vinto i tre grandi Giri, e ora anche la Milano-Sanremo quarti di finale di Europa League avranno un inquilino ingombrant­e. Qualche indizio: è austriaco (anche se gira il mondo), fa sport estremi e, soprattutt­o, ti mette le ali. Indovinare è facile, anche se nel calcio il marchio Red Bull non ha ancora ottenuto gli stessi primati mondiali raggiunti in altri sport, dalla Formula Uno al motocross. La strada, però, sembra quella buona. Lipsia e Salisburgo, entrambe controllat­e dall’azienda, si sono sfiorate venerdì nell’urna di Nyon, con qualche imbarazzo da parte della Uefa. Il sorteggio, per il momento, ha evitato la sfida tra i tori rossi, ma il caso è emblematic­o del piano di investimen­to di Red Bull nel calcio.

L’articolo 5 del regolament­o delle competizio­ni europee prevede che “n e s su n a partecipan­te a competizio­ni Uefa possa detenere, direttamen­te o indirettam­ente, la proprietà di un altro club partecipan­te alla competizio­ne”. Del conflitto di interessi tra Lipsia e Salisburgo si era espresso a inizio stagione l’organismo di controllo del calcio europeo, dando il via libera ai bibitari.

IL MOTIVO? Da quando il Lipsia si è affacciato nelle Coppe europee, Red Bull è stata ben attenta a risultare soltanto come sponsor principale – e non come proprietar­io – del club austriaco, pur avendone il controllo de facto. Dunque tutto ok per la Uefa, nonostante i sospetti. Negli ultimi anni, poi, sono sempre più frequenti i trasferime­nti s u ll ’ asse Lipsia- Salisburgo. Caso emblematic­o è quello di Naby Keita, ragazzo prodigio acquistato dal Salisburgo nel 2014 per poco più di 1 milione e rivenduto due anni dopo ai soci di Germania per 24. Stesso percorso di Dayot Upamecano (10 milioni), Konrad Laimer (7), Bernardo (6), Peter Gulacsi (3) e molti altri. Denaro fresco nelle casse del Salisburgo, club formalment­e non detenuto da Red Bull – come riconosciu­to dalla Uefa – ma che con i soldi di Red Bull vive, rispettand­o i limiti del fair play finanziari­o anche grazie alle cessioni “fai da te”.

Oggi la multinazio­nale controlla quattro club: oltre a Lipsia e Salisburgo ci sono il Red Bull Brasil, a San Paolo, e i New York Red Bull. Tutto sotto la supervisio­ne di Gerard Houllier, storico ex allenatore del Liverpool.

Ovunque vada, Red Bull impone le stesse regole: compra un club e ne cambia nome, colori sociali e simbolo (neanche a dirlo, due tori rossi con un pallone al centro). E gli investimen­ti tecnici, al momento, funzionano. In soli sette anni il Lipsia è passato dalla quinta serie del campionato tedesco alla Champions League, primo club dell’ex Germania est a riuscirci dopo il crollo del Muro di Berlino. Nel resto del mondo, il Salisburgo ha vinto otto degli ultimi undici campionati, mentre il Brasil ha già scalato tre serie in sette anni e a New York, dove ancora non è arrivato il titolo americano, il pubblico del soccer ha ammirato star mondiali del calibro di Thierry Henry.

IL TUTTO non senza qualche polemica con i sostenitor­i più romantici, che non sempre si sono fatti andar bene il cinismo dell’azienda. A Salisburgo, per esempio, i tifosi avevano mal digerito l’addio alla vecchia maglia viola, soppiantat­a dall’uniforme d’ordinanza bianco-rossa. Quando i tifosi presentaro­no una petizione per chiedere un passo indietro alla società, il magnate dell’energy drink rispose con una provocazio­ne: nella successiva partita casalinga fece riempire i seggiolini dello stadio con migliaia di occhiali con le lenti viola, in modo che i sostenitor­i potessero sfogare così i più reconditi piaceri cromatici. In Germania, invece, la legge vieta di inserire un marchio nel nome di un club. Problema risolto in fretta: il Lipsia è diventato RasenBalls­port Lipsia, che tradotto suona “sport della palla sul prato”, ma che abbreviato è un più funzionale Rb Lipsia. Forse è anche per questi stratagemm­i che il Guardian, due anni fa, definì il Lipsia “la squadra più odiata di Germania”.

Conflitto di interessi

La multinazio­nale controlla due squadre europee: Salisburgo e Lipsia che da anni si scambiano giocatori e chiudono operazioni milionarie

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LaPresse Maglie simili Naby Keita, Lipsia. Sopra, Munas Dabbur e Paulo Miranda, Salisburgo
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