Il Fatto Quotidiano

VOTO, CHI MUORE NON SI RIVEDE

Bilanci Renzi si dà al tennis, B. si eclissa, Dudù non abbaia e Bonino smonta maxischerm­i. Avanzano il leghista Giorgetti e Big Jim Martina

- » DANIELA RANIERI

Non ci dormiamo la notte. Prima delle elezioni c’era una pletora di candidati ( che nell’antica Roma si chiamavano così perché indossavan­o una toga candida che li rendeva riconoscib­ili prima e dopo) che poi, a elezioni tenute, sono spariti, mentre altri sono magicament­e apparsi dal nulla. Perché sono cambiati gli attori in gioco? Chi siamo andati a votare? Prodigi del Rosatellum, fatto in modo che l’elettore eleggesse chi non voleva. Ecco la galleria di figurine in ascesa e in discesa dopo la far

sa elettorale. BERLUSCONI SILVIO

È come lo Stregatto. Appare, scompare; nel buio del nulla catodico resta la scia odontoiatr­ica del suo sorriso. Persino da detenuto in regime alternativ­o filtravano sue immagini: l’epica del ravveduto che raccontava barzellett­e e suonava il piano per gli anziani (il tribunale ritenne che avessero anche loro qualcosa da scontare). Una sua foto esiste del giorno in cui varcò la soglia del Nazareno con Verdini per siglare la segreta “profonda sintonia” con Renzi. Adesso, dopo la ristruttur­azione somatica a Merano, il servizio da Kennedy versione Scarface a Villa Maria con la Pascale, la bulimia delle apparizion­i Tv (glassato come la maschera funebre di Tutankhamo­n, sempre più bleso e scassato come un carillon del 1930), è sparito. Il 14%, nella sua brutalità di cifra, lo ha ricondotto alla sua dimensione d’elezione, quella di fenomeno da avanspetta­colo che fa la stagione e poi si eclissa. All’estero, dove già lo vedevano capo di una grossa coalizione antipopuli­sta ( sic ) insieme a Renzi e per interposta persona- pupazzo di Tajani, fischietta­no vaghi.

BONGIORNO GIULIA

Noi questa avvocata, famosa per aver difeso Andreotti dall’accusa di mafia, Sollecito da quella di omicidio e Ghedini di aver corrotto testimoni, la ricordavam­o in una recente gloriosa apparizion­e Tv mentre maneggiava una pistola si spera giocattolo e illustrava al Paese il futuro programma politico: “In casa mia devo poter sparare ai delinquent­i”. La sua campagna elettorale, durata il tempo di una conferenza stampa (quando si dice il legame col territorio), le ha fruttato l’elezione come senatrice della Lega e quindi la candidatur­a alla presidenza del Senato della Repubblica. Se non c’è di meglio, stiamo messi bene.

BONINO EMMA

Ci sono volute più persone per disinstall­are i maxischerm­i luminosi della campagna elettorale di +Europa dalle stazioni di quante ne sono bastate per non farla entrare in Parlamento.

BOSCHI MARIA ELENA Trionfante a Bolzano, si narra abbia già imparato a fare lo Strudel e a dire otto parole in tedesco. Inconsolab­ili ne danno il triste annuncio gli orafi aretini.

CALENDA CARLO

È vero che lo Sviluppo economico ha fatto un balzo da tigre asiatica da quando c’è lui, ma ci voleva la rottamazio­ne di Renzi per proiettare questo talentuoso romanordin­o nei cieli del governo del Paese. Due ore dopo aver preso la tessera del Pd, già dava ordini e si atteggiava a capo. Benvisto da Scalfari, che ha passato con lui un’ora “a parlare di Diderot e Montaigne”, ha tolto a Matteo lo scettro di Mister Compulsivo di Twitter. E, si sa, da lì alla gloria è un attimo.

DUDÙ

Dopo il servizio su Chi, l’aspirante First dog è sparito nel nulla insieme alla Brambilla. Da chiamare l’Enpa.

GIORGETTI GIANCARLO Adesso voi ci giurate che conoscevat­e questo Giorgetti prima delle elezioni senza essere i responsabi­li del catering alla festa della Lega di Borgomaner­o (Novara). Ora viene fuori che questo padano rudemente sexy (un mix tra il Bossi dei tempi d’oro e un carburator­ista di Ingria) era il vero regista delle strategie di Salvini. Tanto da dettare condizioni, da vice del terzo partito d’Italia, a nome di tutto il centrodest­ra: “O si fa un governo che dura o si va al voto”. L’abbiamo ascoltato a Porta a Porta: se impara l’italiano potrebbe essere il nuovo Cavour.

GRASSO PIETRO

Il suo nome sul simbolo. Una scelta talmente imbroccata da fruttare a LeU il 3,2%. Ma che fine ha fatto questo trascinato­re di popoli? S’è ritirato in convento? È scappato in Sudamerica? Una spedizione di speleologi, alpinisti e subacquei è al lavoro per ritrovarlo. Non si interrompe così un’emozione.

LORENZIN BEATRICE

Non ci viene in mente niente.

LOTTI LUCA

L’eroica campagna elettorale (due tweet e l’inaugurazi­one di un campetto sportivo) lo ha portato al trionfo a Empoli. Se la giustizia a orologeria non ne arresterà l’ascesa farà molta strada (nel Copasir).

MARTINA MAURIZIOh Questo Big Jim con la faccia da televendit­ore di materassi è l’attuale capo “reggente” del Pd, per dire come Renzi ha ridotto il Pd. Quando parla lui, in direzione i colleghi compulsano i telefonini. Tutti su Google a cercare “Maurizio Martina chi è”.

MINNITI MARCO

Sua Eccellenza il ministro del Regno Marco Minniti, dopo la fastosa campagna di Libia, è stato sconfitto a Pesaro da tale Cecconi (eletto coi 5Stelle che l’avevano espulso). Dopo si è fatto ritrarre da La Stampa nello studio che fu di Giolitti e Mussolini, seduto al tavolo, amaro: “Il Pd rischia di scomparire”. Poi ha ricevuto Merlo di Repubblica e si è messo a declamare Majakovski­j. Ha detto: “Il mio è un compito maieutico: tirare fuori la verità con le tenaglie da ciascuno”. Prozac compresse 1 volta al giorno al mattino, Xanax 15 gocce la sera prima di coricarsi.

RENZI MATTEO

Che non conti più niente è stato chiaro quando Lucia Annunziata, elogiando in Tv la sua tenerissim­a tenuta da tennis, l’ha definito “simpatico” e il pubblico ha applaudito. Se c’è una cosa che Renzi non è mai stato, comprese quelle che ha fatto finta di essere, è “simpatico”. È il segno che ormai è totalmente innocuo. Potrà racimolare qualche carica per i suoi gerarchett­i, da incompresi ministri costituent­i a capi della intelligen­ce, purché il suo nome non compaia sotto gli occhi degli elettori che non fanno che punirlo dal 2014. Questo fenomeno che urlava “gli italiani sono con noi” e ha fatto perdere al Pd sei milioni di voti dal 2008 dovrà accontenta­rsi di fare l’onorevole nel Senato che voleva abolire, ma è litigatiss­imo nella Silicon Valley e come influencer di Instagram, dove posta ogni dì poetici selfie con la figlia Ester, racchette, albe, tramonti. Lui lo hanno rovinato le elezioni, sennò chissà dove arrivava.

TAJANI ANTONIO

Il Guido Bertolaso del Parlamento europeo, usato da B. come controfigu­ra per l’incidente elettorale, ha fermato l’ordine per le targhette di ottone con su scritto “Pres. del Consiglio” appena in tempo.

ZINGARETTI NICOLA Appena riconferma­to governator­e del Lazio si è candidato per le primarie del Pd del 2019, fregandose­ne di ciascuno dei 1.018.736 voti ricevuti. Premio della critica.

ZINGARETTI SALUTA GLI ELETTORI

Due giorni dopo aver incassato oltre un milione di voti per governare il Lazio si candida alle primarie del Pd CERCASI PIETRO GRASSO

Dov’è finito il trascinato­re di folle che ha portato Liberi e Uguali fino al 3,2%? È fuggito in Sudamerica?

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Emma Bonino
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Pietro Grasso
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Marco Minniti
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Nicola Zingaretti
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Carlo Calenda
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Giancarlo Giorgetti

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