Il Fatto Quotidiano

IL SANGUE FORTE DEI CALABRESI

- » FRANCO ARMINIO

LACALABRIA delle case e delle strade sembra molto simile a quella degli arbusti che spuntano a caso in mezzo alla strada. È come se qui l’unico piano urbanistic­o possibile fosse la primavera. E quando vai in giro solo raramente senti la pressione di un mondo organizzat­o nei suoi lavori. Si lavora ma c’è tempo per l’indugio. Ognuno anche qui ha le sue traiettori­e, masono meno dritte, a un certo punto le perdi di vista. E poi i calabresi rimasti in Calabria non sono tanti. E a me piacciono i luoghi con poca gente. Mi piacecammi­nare davanti al mare senza vedere nessuno. Quando vedo uno spazio bello che non sta usando nessuno mi pare che questo spazio sia ancora più prezioso. Qui quello che vedi non è frutto di un progetto ma di una smania. La modernità come fioritura selvaggia più che come acquisizio­ne lenta, condivisa. E poi la modernità qui sembra una rivalsa contro l’orografia. Le montagne ci hanno procurato tanta fatica. Ci vendichiam­o costruendo tutte le case nelle pianure (che qui hanno la forma che hanno le unghie). Il calabrese ha un sangue forte perché il sangue deve scendere e salire. E la discussion­e subito si fa accesa, i toni non sono mai moderati. Anche la vita emotiva pare senzaproge­tto, pare una fioritura primaveril­e. Qui non c’è il clima depressivo col grigio chiaro che ti avvolge nelle grandi pianure. Qui hai un filamento cupo che sta nel fascio dei nervi, come se tra i colori dell’arcobaleno ci fosse anche il nero.

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