“La lunga guerra fredda di Putin”
L’ex ambasciatore a Mosca e le opzioni belliche e diplomatiche dello “zar ”
Se questo sarà il suo ultimo mandato presidenziale – e tendo a crederlo, perché 24 anni al potere saranno molto lunghi – Putin si dovrà occupare, tra le altre cose, del posto a lungo termine della Russia nel mondo. Anche di come Mosca si potrà riavvicinare all’Occidente. Che da parte sua ha il compito di chiarire quale ruolo assegnare alla Russia, quali sono gli spazi legittimi di quest’ultima in Europa, e quali sue pretese sono invece inaccettabili”. Giancarlo Aragona, ex ambasciatore italiano in Russia agli albori dell’Era-Putin (1999-2001) ed ex presidente dell’Ispi, evoca l’orizzonte della “fine della storia” - l’aspettativa del passaggio di Mosca al fronte atlantico dopo la caduta dell’Urss - per auspicare la fine dell’attuale “antagonismo passivo della Russia rispetto all’Occidente”.
Eppure la tensione con l’Occidente è fortissima, per via del caso Skripal.
È nell’interesse del Cremlino dimostrare la propria estraneità portando elementi convincenti. A ora l’effetto ottenuto non è certo favorevole a Mosca, che ha compattato contro di sé Europa e Usa.
La Russia è stata accusata d’aver condizionato il voto in Usa e il referendum su Brexit, e di aver tentato di orientare le elezioni in Francia e magari anche in Italia. Realtà o contro-propaganda occidentale?
In Usa nessuno mette più in discussione l’attività di hackeraggio e disinformazione di matrice russa. Il nodo da sciogliere nell’inchiesta Russiag ate riguarda eventuali collusioni con l’ organizzazione della campagna elettorale di Trump. In Europa non si è trattato tanto di disinforma- zione, quanto di palese valorizzazione e sostegno di leader politici euroscettici. Marine le Pen e Matteo Salvini sono stati ricevuti con grandi riguardi a Mosca.
Pensa che con il nuovo man- dato a Putin la proiezione interna zionale della Russia cambierà in qualche modo? La politica estera russa di questi anni si è dimostrata decisa e aggressiva. Per questo è stata apprezzata dall’opinione pubblica interna. A ben ve- dere, tuttavia, i successi sono accompagnati da costi, tra cui le sanzioni. Se Mosca ha ottenuto importanti risultati in Siria e Medio Oriente, con però in prospettiva dei problemi, diversa è la valutazione sul fronte europeo, come nella crisi Ucraina. Per risolvere il conflitto nel Donbas, sarà necessario il ric on o sc im e nt o da parte di Kiev dell’autonomia della regione, ma non senza il rispetto da parte di Mosca della piena sovranità e indipendenza dell’Ucraina. Per l’attuazione degli accordi di Minsk c’è ancora molto da fare. Senza ipotizzare repentine svolte, non possiamo escludere che Putin, dopo ave- re riaffermato il peso del proprio Paese, consideri un nuovo approccio internazionale. La Siria non rischia d’essere il nuovo Afghanistan, un pantano da cui non si viene fuori?
Le situazioni sono diverse ma capisco il paragone. Mosca apparentemente offre un sostegno pieno ad Assad, adesso lanciato alla riconquista del Paese. Il problema è che così facendo il leader alawita può spingere la crisi siriana verso sbocchi sul piano regionale problematici per la Russia. Mosca deve conciliare obiettivi contraddittori e tenersi in equilibrio tra Iran, Israele - Paese con in quale ha un profondo rapporto - Arabia Saudita, partner quale produttore di greggio, Turchia. Nonostante l’alleanza che ha giovato a tutti e due, Mosca e Damasco non hanno per forza gli stessi obiettivi.
Usa una strategia aggressiva, che piace alla sua opinione pubblica, ma con dei costi, tra cui le sanzioni