Il Fatto Quotidiano

“La lunga guerra fredda di Putin”

L’ex ambasciato­re a Mosca e le opzioni belliche e diplomatic­he dello “zar ”

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Se questo sarà il suo ultimo mandato presidenzi­ale – e tendo a crederlo, perché 24 anni al potere saranno molto lunghi – Putin si dovrà occupare, tra le altre cose, del posto a lungo termine della Russia nel mondo. Anche di come Mosca si potrà riavvicina­re all’Occidente. Che da parte sua ha il compito di chiarire quale ruolo assegnare alla Russia, quali sono gli spazi legittimi di quest’ultima in Europa, e quali sue pretese sono invece inaccettab­ili”. Giancarlo Aragona, ex ambasciato­re italiano in Russia agli albori dell’Era-Putin (1999-2001) ed ex presidente dell’Ispi, evoca l’orizzonte della “fine della storia” - l’aspettativ­a del passaggio di Mosca al fronte atlantico dopo la caduta dell’Urss - per auspicare la fine dell’attuale “antagonism­o passivo della Russia rispetto all’Occidente”.

Eppure la tensione con l’Occidente è fortissima, per via del caso Skripal.

È nell’interesse del Cremlino dimostrare la propria estraneità portando elementi convincent­i. A ora l’effetto ottenuto non è certo favorevole a Mosca, che ha compattato contro di sé Europa e Usa.

La Russia è stata accusata d’aver condiziona­to il voto in Usa e il referendum su Brexit, e di aver tentato di orientare le elezioni in Francia e magari anche in Italia. Realtà o contro-propaganda occidental­e?

In Usa nessuno mette più in discussion­e l’attività di hackeraggi­o e disinforma­zione di matrice russa. Il nodo da sciogliere nell’inchiesta Russiag ate riguarda eventuali collusioni con l’ organizzaz­ione della campagna elettorale di Trump. In Europa non si è trattato tanto di disinforma- zione, quanto di palese valorizzaz­ione e sostegno di leader politici euroscetti­ci. Marine le Pen e Matteo Salvini sono stati ricevuti con grandi riguardi a Mosca.

Pensa che con il nuovo man- dato a Putin la proiezione interna zionale della Russia cambierà in qualche modo? La politica estera russa di questi anni si è dimostrata decisa e aggressiva. Per questo è stata apprezzata dall’opinione pubblica interna. A ben ve- dere, tuttavia, i successi sono accompagna­ti da costi, tra cui le sanzioni. Se Mosca ha ottenuto importanti risultati in Siria e Medio Oriente, con però in prospettiv­a dei problemi, diversa è la valutazion­e sul fronte europeo, come nella crisi Ucraina. Per risolvere il conflitto nel Donbas, sarà necessario il ric on o sc im e nt o da parte di Kiev dell’autonomia della regione, ma non senza il rispetto da parte di Mosca della piena sovranità e indipenden­za dell’Ucraina. Per l’attuazione degli accordi di Minsk c’è ancora molto da fare. Senza ipotizzare repentine svolte, non possiamo escludere che Putin, dopo ave- re riaffermat­o il peso del proprio Paese, consideri un nuovo approccio internazio­nale. La Siria non rischia d’essere il nuovo Afghanista­n, un pantano da cui non si viene fuori?

Le situazioni sono diverse ma capisco il paragone. Mosca apparentem­ente offre un sostegno pieno ad Assad, adesso lanciato alla riconquist­a del Paese. Il problema è che così facendo il leader alawita può spingere la crisi siriana verso sbocchi sul piano regionale problemati­ci per la Russia. Mosca deve conciliare obiettivi contraddit­tori e tenersi in equilibrio tra Iran, Israele - Paese con in quale ha un profondo rapporto - Arabia Saudita, partner quale produttore di greggio, Turchia. Nonostante l’alleanza che ha giovato a tutti e due, Mosca e Damasco non hanno per forza gli stessi obiettivi.

Usa una strategia aggressiva, che piace alla sua opinione pubblica, ma con dei costi, tra cui le sanzioni

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