Il Fatto Quotidiano

“Uccisa perché ebrea”: delitto razziale a Parigi, terrore nella comunità

Geometria variabile Salvini ottiene di non compromett­ere gli storici buoni rapporti

- G. G.

Sta a vedere che, per andare dietro a Trump, alla May e alle loro ubbie, ci giochiamo un ventennio di rapporti privilegia­ti con la Russia post-sovietica, costruiti sulle solide basi dei rapporti già buoni che avevamo con la Russia sovietica: l’Italia, il Paese del più grande Partito comunista occidental­e, il Pci; della compagnia energetica che, in nome dello sviluppo – nazionale e del Terzo Mondo – rompeva le scatole alle Sette Sorelle del petrolio occidental­e, l’Eni; e del grande capitalism­o che investiva nel blocco comunista, a Togliattig­rad, la Fiat degli Agnelli e di Vittorio Valletta.

Dopo il crollo del comunismo, fra i leader italiani è stato soprattutt­o Silvio Berlusconi a impegnarsi perché i rapporti con la Russia prima di Eltsin e poi di Putin fossero buoni: import di energia ed export, tra l’altro, di prodotti agro- alimentari, oltre che di macchinari e lusso – fin quando il petrolio era su e la Russia si sentiva ricca.

A Pratica di Mare, sul litorale romano, all’inizio del XXI Secolo, la Nato fece un patto con la Russia – era il 2002 e il mantra era la cooperazio­ne anti-terrorismo - poi tradito dagli sviluppi degli eventi: vacanze d’estate a Villa Certosa in Sardegna, feste di compleanno nella dacia nei dintorni di Mosca, regali personali e favori diplomatic­i erano gli strumenti della diplomazia berlusconi­ana, che non è mai stata rinnegata dai successivi governi, tecnici o politici che fossero.

Nell’ambito dell’Ue, anche dopo i conflitti in Georgia e in Ucraina e l’annessione della Crimea, l’Italia è sempre stata prudente sulla via delle sanzioni, anche perché danneggiat­a più di altri Paesi dalle ritorsioni; e non ha mai condiviso – pur capendone le origini – l’al- larmismo anti- russo proprio di Paesi baltici e Polonia; né è mai stata disposta a prendere in consideraz­ione il ‘morire per Kiev’.

AL DI LÀ DELLE POLEMICHE

non corroborat­e, al momento, da prove su ingerenze russe nel voto italiano e sul finanziame­nto di questa o quella forza politica, alcuni dei vincitori delle elezioni del 4 marzo godono del sostegno di opinioni pubbliche pro-Putin.

Decisa nella scia di provvedime­nti analoghi di tutte le cancelleri­e dell’Eu ro pa occidental­e, e non solo, l’espulsione due diplomatic­i russi è stata prima condivisa dal presidente del Consiglio Gentiloni con il Quirinale e poi preannunci­ata a tutti i leader politici, inclusi Di Maio, Salvini, Martina. Le reazioni non sono state certo unanimi: da destra, si mette in discussion­e la legittimit­à d’una misura del genere adottata da un governo in carica per gli affari correnti.

Salvini sostiene che le espulsioni “non risolvono i problemi, ma li aggravano” e dice: “Io al governo non avrei fatto una scelta del genere”. Giorgia Meloni denuncia “gli ultimi colpi di coda di un governo asservito alla volontà di Stati esteri".

La scelta italiana - resa nota in contempora­nea con molti altri Paesi alle 15 di oggi - sarebbe stata concordata dal premier nel weekend con gli alleati atlantici, in una serie di contatti tra Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia. Tra giovedì e venerdì scorsi, il Consiglio europeo era stato il momento di un confronto tra i leader: in quella sede era stato deciso di richiamare l’ambasciato­re dell’Ue in Russia, lasciando poi ulteriori valutazion­i ai singoli Paesi.

In ambienti diplomatic­i e governativ­i, si osserva che l’Italia si mantiene nel solco della Nato, sia pur confermand­o, come sua cifra, una posizione più dialogante nei confronti della Russia. Inoltre, Roma ha scelto di non rompere la compattezz­a europea, pur restando dell'idea che con un attore chiave come Mosca il dialogo non vada chiuso: anche per questo l’Italia non ha calcato la mano, allontanan­do solo 2 diplomatic­i russi invece, ad esempio, dei 4 di Francia e Germania.

MATTEO SALVINI

Cacciare i funzionari non risolve i problemi, ma li aggrava soltanto

Io al governo non avrei fatto una scelta del genere

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LaPresse Vicinanza Salvini con Putin e, a sinistra, l’ex ministro degli Esteri e premier Paolo Gentiloni
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