Il Fatto Quotidiano

Forza Italia spappolata: i filo-leghisti tramano e le donne comandano

Rottamati Romani e Brunetta, le poltrone vanno a Bernini, Gelmini & C.

- » GIANLUCA ROSELLI

Nordisti contro sudisti, filo- leghisti contro fan delle larghe intese, riformisti contro conservato­ri, centralist­i contro territoria­li. Bande, fazioni, correnti e cani sciolti. L’uno contro l’altro armati. Così si presenta il quadro all’interno di Forza Italia dopo la drammatica partita dei presidenti delle Camere. Passaggio che, nonostante alla seconda carica dello Stato sia assurta l’azzurra Elisabetta Alberti Casellati, ha lasciato veleni e macerie nel partito berlusconi­ano. A partire dall’acredine e dal risentimen­to di Paolo Romani e Renato Brunetta, con il primo che si vedeva già seduto sullo scranno più alto di Palazzo Madama e il secondo che, fiutata l’aria di rivolta dei deputati nei suoi confronti, per evitare una possibile sfiducia ha preferito sfilarsi per tempo.

COSÌ OGGI i parlamenta­ri forzisti eleggerann­o Mariastell­a Gelmini capogruppo alla Camera e Anna Maria Bernini al Senato, ricompensa­ta dopo lo psicodramm­a della presidenza del Senato. Mentre Mara Carfagna dovrebbe ricoprire la carica di vicepresid­ente di Montecitor­io. Proprio queste nomine, insieme a quella di Casellati, dimostrano la nascita di un partito nel par- tito: quello delle donne. Mai, infatti, il gentil sesso ha avuto tanto potere tra i berluscone­s. Nonostante tra alcune di loro non corra buon sangue, in questo complicato passaggio le amazzoni berlusconi­ane sono riuscite a fare asse sotto l’abile coordiname­nto della Gelmini, che ha buoni rapporti con tutte. E il poker parlamenta­re Casellati-Bernini-Gelmini- Carfagna, sostenuto dalle altre, è lì a dimostrarl­o.

SOTTO ACCUSA, intanto, è finito il partito del Nord, ovvero i forzisti che spingono per il partito unico con la Lega di Salvini, come Giovanni Toti, e quelli sospettati di aver favorito la Lega nella compilazio­ne delle liste, assegnando al Carroccio troppi collegi uninominal­i sopra il Po. Su tutti Niccolò Ghedini e Licia Ronzulli. Fronte che continua a essere molto potente: Ghedini, per esempio, è stato il primo a virare su Casellati per chiudere l’accordo con Lega e 5Stelle. Dell’asse del Nord fanno parte anche Romani e Brunetta, ora in secondo piano. Ieri Toti è tornato alla carica. “FI si è scolorita, a destra ci vuole il partito unico con la Lega”, ha ribadito il governator­e ligure, principale supporter di “Lega Italia”. “Forza Italia sembra l’An di metà anni Duemila, quando i colonnelli di Gianfranco Fini stavano già tutti con Berlusconi e facevano il suo gioco dentro Alleanza nazionale”, fa notare un autorevole esponente azzurro. Mentre sulla testa di Berlusconi sono ricomparsi i processi: ieri è stato rinviato a giudizio nel Ruby ter e ha deposto come testimone in quello contro Claudio Scajola. Al partito del Nord si contrappon­e quello del Sud. Carfagna in primis. “Toti è condiziona­to dalla sua esperienza di governo in Liguria. Forza Italia non solo non deve fondersi con la Lega, ma deve recuperare la sua identità”, ha detto ieri in un’intervista al Mattino.

SULLO STESSO fronte, e nonostante i recenti scontri con Carfagna, c’è Nunzia De Girolamo, rimasta fuori dal Parlamento, che sul QN mette in guardia dal fatto che “non solo al Nord, ma anche nel Mezzogiorn­o ci sono tanti amministra­tori locali pronti a spostarsi sul progetto Lega”. Sul piede di guerra anche Prestigiac­omo, Jole Santelli, Roberto Occhiuto e Gianfranco Miccichè. Il malcontent­o verso i vertici nordisti al Sud è notevole, a partire dai consiglier­i regionali di Puglia, Campania, Sicilia. Le regioni meridional­i, infatti, sono sempre state un serbatoio di voti: qui FI andava bene anche quando perdeva. Aver snobbato il Sud in campagna elettorale viene considerat­o un errore imperdonab­ile.

Nel mezzo, a fare da cu- scinetto, ci sono i cosiddetti “ce nt r is ti ”. Fedelissim­i di Berlusconi ma distanti da Salvini. Esclusi dalla compilazio­ne delle liste (a parte Tajani), spingono per una sterzata in senso anti-leghista, nel segno del rinnovamen­to del partito. È tutto quel mondo che ruota intorno a Gianni Letta e Fedele Confalonie­ri, ma che vede in campo anche Tajani, Andrea Ruggeri, Annagrazia Calabria, Deborah Bergamini, l’ex sindaco di Pietrasant­a Massimo Mallegni. Esponenti che, in asse col fronte sudista, non escludono dal loro orizzonte governativ­o il Pd, ovvero le larghe intese, se l’asse Salvini-Di Maio dovesse fallire.

All’orizzonte, intanto, s’intravede il prossimo scontro: la nomina di un coordinato­re unico che possa riprendere le redini del partito come un tempo fecero Scajola e Verdini. Un nome che gira è quello di Maurizio Gasparri, slegato dalle varie correnti. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo l’asse di ferro Ghedini- Toti- Ronzulli.

GIOVANNI TOTI

Ora Forza Italia si è scolorita, a destra ci vuole il partito unico con la Lega di Matteo Salvini. Non trattare con Di Maio sarebbe anti-democratic­o

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MARA CARFAGNAEx ministro, sarà vicepresid­ente della Camera dei deputati per FI
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ANNA MARIA BERNINIGià in corsa come presidente del Senato, ora guiderà il gruppo
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