Il Fatto Quotidiano

I SEPOLCRI IMBIANCATI SU B. E LA CASELLATI

- » TOMASO MONTANARI

Caro direttore, fossi stato un senatore non avrei mai avuto lo stomaco di votare per portare ai vertici dello Stato una protagonis­ta del cerchio magico dei legulei di Berlusconi. Ma mentre capisco e condivido lo spaesament­o e anche la delusione e lo sdegno di non pochi militanti 5Stelle e dei non molti che non hanno mai provato alcuna indulgenza verso il Caimano e la sua corte, trovo intollerab­ilmente ipocrita la fiammata di antiberlus­conismo dei sepolcri imbiancati che in questi anni hanno sostenuto, giustifica­to e spesso perfino cantato la politica del Pd di Matteo Renzi.

POSTO CHE NESSUNO può rimprovera­re al Movimento 5 Stelle la determinaz­ione a prendersi la presidenza di una Camera, e posto che questo significav­a accettare l’elezione di un presidente indicato o dalla reggenza del Pd o da Silvio Berlusconi, ciò che si dovrebbe allora disapprova­re è l’aver messo queste due eventualit­à sullo stesso piano. Il che, a rigor di cronaca, non è neanche vero: perché se Martina avesse accettato di votare per Roberto Fico alla Camera, oggi il Senato avrebbe un presidente

Pd.

Ma tralasciam­o questa circostanz­a e andiamo al nocciolo: davvero possiamo condannare qualcuno che oggi dica di non riuscire a distinguer­e, sul piano morale prima ancora che politico, tra Forza Italia e Pd? Io non lo credo. È stato il Pd ad annullare, con forsennata pervicacia, le enormi differenze che c’erano: dalla Bicamerale di D’Alema al Patto del Nazareno di Renzi c’è stato un crescendo spaventoso, culminato nella riscrittur­a comune della Costituzio­ne, che poi Berlusconi ha rinnegato solo all’ultimo e non certo per una qualche difformità di pensiero. Per non parlare del fatto che il Pd ha garantito con devoto rispetto il permanere del conflitto d’interessi televisivo.

Con l’avvento di Matteo Renzi, poi, non si è trattato più di alleanze di fatto: ma della conclamata egemonia (culturale, morale e direi antropolog­ica) di Berlusconi sul Pd. Il ruolo di Denis Verdini ha reso plasticame­nte evidente che non si poteva più distinguer­e: c’era un solo modo di fare politica. Anzi, di vedere il mondo. I frutti di questa orrenda mutazione sono notori e innumerevo­li: ma qua basterà rammentarn­e uno, strettamen­te pertinente. Quando, il 15 settembre 2014, Maria Elisabetta Casellati Alberti viene eletta dal Parlamento a far parte del Consiglio Superiore della Magistratu­ra (!!), ciò avviene con i voti determinan­ti del Partito democratic­o guidato da Matteo Renzi.

E DUNQUE: come si fa a sdegnarsi se oggi i Cinque Stelle non riescono a distinguer­e tra quelli che Beppe Grillo ha chiamato, non a torto, il Pdl e il Pdmenoelle? Dirò di peggio. E cioè che scorrendo i nomi dei senatori del Pd, tutti selezionat­i dagli ormai trapassati pretoriani di Renzi, non riesco a trovarne nemmeno uno che, all’atto pratico, non avrebbe concesso a Berlusconi le stesse cose che, senza fallo, gli concederà la Casellati. Davvero avremmo dovuto preferire l’elezione di Luigi Zanda, cioè del segretario di Cossiga ai tempi del caso Moro, poi presidente del venefico Consorzio Nuova Venezia e protagonis­ta intramon- tabile di un sistema di potere da abbattere? Io non riesco a vedere un peggio e un meglio: sono peggio tutti e due.

Dunque tutto bene così? No. Se il Movimento avesse voluto fare davvero politica e volare alto avrebbe avuto qualche altra scelta, almeno sul piano (cruciale) dei simboli e dei messaggi: avrebbe, per esempio, potuto votare fin dall’inizio Elena Cattaneo, mettendo il Pd nella condizione di perdere la faccia se avesse rifiutato di convergere su un nome di quel profilo, e su una senatrice a vita nominata da Napolitano.

Si è scelta, purtroppo, un’altra strada. Ma ora è vitale che venga dissipato ogni dubbio: chiarendo che davvero la partita delle presidenze non annuncia le fattezze del futuro governo. Nonostante le martellant­i prediche dei nuovi irresponsa­bili apostoli del ‘tanto peggio tanto meglio’, la storia del Movimento 5 Stelle non c’entra nulla con quella di un partito xenofobo, razzista e ora pericolosa­mente prossimo al nuovo fascismo. Credo che dentro il Movimento la maggioranz­a la veda così: e così la vede certamente il nuovo presidente della Camera.

In molti ripetono, a ragione, che andare al governo con la Lega sarebbe un suicidio, per i 5Stelle. Ma non è questo il punto. Il punto è che al Senato i 5Stelle hanno fatto il proprio interesse. Ora devono dimostrare di esser capaci di decidere “nell’interesse esclusivo della Nazione”. Se lo faranno, saranno davvero diversi da tutti gli altri.

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