MA LA CONSULTA NON PUÒ FARSI LE LEGGI DA SOLA
La Procura di Roma ha chiesto al gip di archiviare l’inchiesta che vede indagato il giudice della Consulta Nicolò Zanon per peculato d’uso per l’utilizzo improprio dell’auto di servizio: il veicolo, con l’autista e i relativi buoni benzina a lui destinati, sarebbero stati usati per finalità non di servizio. Zanon avrebbe messo a disposizione della moglie, l’auto in questione da lei utilizzata per lunghi periodi, per trasferte a Forte dei Marmi, Siena e trasferimenti in città, quando il marito era assente.
LA DECISIONE dei pm è legata all’approvazione, il 21 marzo scorso, di un nuovo regolamento della Consulta che all’art. 5 prevede che l’uso delle autovetture assegnate ai giudici è “esclusivo e personale” sicché – questo è il ragionamento dei pm – “deve ritenersi introduca un limite fino a quel momento inesistente”.
Si tratta di una motivazione opinabile in quanto finisce con il riconoscere che un nuovo regolamento, successivo al fatto addebitato a Zanon, legittimi una interpretazione “estensiva” della precedente norma regolamentare al punto che essa attribuirebbe al giudice costituzionale un (inammissibile) possesso uti dominus del veicolo di Stato tanto da disporne a piacimento anche consentendone, in sua assenza, l’utilizzo, con autista e a spese dello Stato, a un proprio familiare. Nessuna norma regolamentare può mai prevedere ( e comprendere) una situazione del genere in cui si sostanzia un abuso e, ove statuisse in tal senso, sarebbe in contrasto con una norma penale (nella specie: l’art. 314 c.p.), come tale, disapplicabile dal giudice ai fini dell’accertamento del reato.
A nulla vale invocare, come fa la Corte, che i regolamenti interni hanno “valenza di normazione primaria” perché la questione è tutt’altro che pacifica. Di certo c’è che solo i regolamenti parlamentari sono previsti dalla Costituzione (artt. 64 e 72) e assurgono, quindi, a norme di rango primario, sottratti a qualsiasi giurisdizione del giudice comune, mentre i regolamenti relativi alla organizzazione interna e al funzionamento degli altri organi costituzionali non sono previsti dalla Carta e sono adottati con leggi ordinarie. Pertanto, i regolamenti della Corte costituzionale non trovano il loro fondamento nella Costituzione bensì in una legge ordinaria: la n. 87/1953 (artt. 14 e 22). Tali atti devono essere classificati, a rigor di logica e di diritto, come fonti secondarie, gerarchicamente subordinate alla legge. Se questo è il quadro normativo – e, premesso che la legge n. 87/’53 non solo non ha valore costituzionale ma neanche “carattere rinforzato rispetto ad altre leggi”(come affermato dalla stessa Consulta) – è davvero arduo – come sostiene parte della dottrina che fa leva sulla posizione istituzionale della Corte e su un (generico) principio di autonomia in ordine alla organizzazione della stessa – attribuire alla potestà regolamentare concessa alla Corte da una legge ordinaria un fondamento costituzionale e ricollegare i regolamenti “implicitamente” alla Costituzione, attribuendo, così, alla Corte un potere normativo primario, a competenza riservata, e, quindi, con la impossibilità per leggi successive di modificare la disciplina regolamentare.
CASO ZANON
Chiesta l’archiviazione per l’utilizzo improprio dell’auto di servizio La motivazione: un nuovo regolamento interno
LA REALTÀ È che i “regolamenti” istituiti per legge ordinaria rimangono sempre e solo “regolamenti” in senso tecnico e, quindi, subordinati alle norme legislative che essi non possano derogare e, ove ciò avvenga, ben può il giudice penale sindacarli e disapplicarli ai fini dell’accertamento di un reato.
Queste sono le questioni che il gip dovrebbe porsi nell’esaminare la richiesta di archiviazione. Comunque, in uno Stato democratico, sarebbe auspicabile che sia un (pubblico) dibattimento ad accertare se un giudice costituzionale (ex Csm e nominato “saggio” dal capo dello Stato) abbia o meno commesso un reato contro la Pubblica amministrazione.