Così Jack White mantiene alta la bandiera rock
Se il rock può ancora salvarsi e sopravvivere – ev ent ua li tà sulla quale non punteremmo i nostri ultimi risparmi – forse può farlo solo attraverso il paradosso. Negando in qualche modo se stesso, per riaffermarsi in altre forme. In fondo è quello che ha sempre fatto. Jack White, in questo senso, sembra uno dei più attrezzati per portare avanti la bandiera gloriosa ma consunta del r’n’r.
Lui un maestro del paradosso lo è fin dall’inizio della sua carriera. Lo dimostra il fatto che con i White Stripes ha avuto un successo clamoroso e trasversale suonando la stessa identica musica con cui migliaia di altre garage-band facevano la fame. Unendo alla fedeltà un po’ talebana al vangelo “vintage” – soprattutto per quel che riguarda le tecniche di registrazione – una capacità di scrittura, un gusto per il gancio indie-radiofoni- co e un’abilità assassina nei riff assolutamente fuori dal comune. Con Boarding House Reach , terzo album solistico dopo LazarettoeBlunderbuss ( senza contare progetti extra- White Stripes come i Raconteurs e i Dead Weather) il quarantatreenne di Detroit prova nuovamente a mescolare le carte e a spiazzare tutti quelli che da anni si aspettano un’altra Seven Nation Army. Missione compiuta, anche se con qualche eccesso di zelo che smorza quello che diversamente avrebbe potuto essere un giudizio entusiasta. C’è del coraggio, in queste nuove tredici canzoni (per due terzi delle quali il
13 BRANI C’è voglia di rischiare e di avventurarsi fuori dalla comfort-zone: in alcuni casi c’è riuscito molto bene, non sempre convince totalmente
termine – “canzoni” – non è del tutto appropriato). C’è voglia di rischiare e di avventurarsi al di fuori della propria comfort-zone, assemblando un minestrone sonoro in cui le spezie r&b, hip hop, funk, electro (non a caso i musicisti di cui si è circondato in questa occasione provengono tutti, o quasi, da quegli ambiti) sovrastano decisamente il sapore tradizionale della cucina rock- blues dell’a utore. I timbri, il ritmo, i suoni sono più importanti delle belle forme, la struttura dei brani è spesso al confine tra freeform e caos puro e semplice. In alcuni casi funziona, in altri meno. La voglia di sperimentare è evidente, ma il risultato qui e là appare legnoso e posticcio. Il rapping in Ice Station Zebra è francamente ridicolo, i riffacci su base funk-hip hop di Corporation non sono proprio il massimo dell’originalità ( cose come questa i Primal Scream le facevano venticinque anni fa), Respect Commander sembra