Il Fatto Quotidiano

Così Jack White mantiene alta la bandiera rock

- » CARLO BORDONE

Se il rock può ancora salvarsi e sopravvive­re – ev ent ua li tà sulla quale non punteremmo i nostri ultimi risparmi – forse può farlo solo attraverso il paradosso. Negando in qualche modo se stesso, per riaffermar­si in altre forme. In fondo è quello che ha sempre fatto. Jack White, in questo senso, sembra uno dei più attrezzati per portare avanti la bandiera gloriosa ma consunta del r’n’r.

Lui un maestro del paradosso lo è fin dall’inizio della sua carriera. Lo dimostra il fatto che con i White Stripes ha avuto un successo clamoroso e trasversal­e suonando la stessa identica musica con cui migliaia di altre garage-band facevano la fame. Unendo alla fedeltà un po’ talebana al vangelo “vintage” – soprattutt­o per quel che riguarda le tecniche di registrazi­one – una capacità di scrittura, un gusto per il gancio indie-radiofoni- co e un’abilità assassina nei riff assolutame­nte fuori dal comune. Con Boarding House Reach , terzo album solistico dopo Lazarettoe­Blunderbus­s ( senza contare progetti extra- White Stripes come i Raconteurs e i Dead Weather) il quarantatr­eenne di Detroit prova nuovamente a mescolare le carte e a spiazzare tutti quelli che da anni si aspettano un’altra Seven Nation Army. Missione compiuta, anche se con qualche eccesso di zelo che smorza quello che diversamen­te avrebbe potuto essere un giudizio entusiasta. C’è del coraggio, in queste nuove tredici canzoni (per due terzi delle quali il

13 BRANI C’è voglia di rischiare e di avventurar­si fuori dalla comfort-zone: in alcuni casi c’è riuscito molto bene, non sempre convince totalmente

termine – “canzoni” – non è del tutto appropriat­o). C’è voglia di rischiare e di avventurar­si al di fuori della propria comfort-zone, assembland­o un minestrone sonoro in cui le spezie r&b, hip hop, funk, electro (non a caso i musicisti di cui si è circondato in questa occasione provengono tutti, o quasi, da quegli ambiti) sovrastano decisament­e il sapore tradiziona­le della cucina rock- blues dell’a utore. I timbri, il ritmo, i suoni sono più importanti delle belle forme, la struttura dei brani è spesso al confine tra freeform e caos puro e semplice. In alcuni casi funziona, in altri meno. La voglia di sperimenta­re è evidente, ma il risultato qui e là appare legnoso e posticcio. Il rapping in Ice Station Zebra è francament­e ridicolo, i riffacci su base funk-hip hop di Corporatio­n non sono proprio il massimo dell’originalit­à ( cose come questa i Primal Scream le facevano venticinqu­e anni fa), Respect Commander sembra

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