Il Fatto Quotidiano

Le vergini violate

- » MARCO TRAVAGLIO

Siccome il Fatto, secondo alcuni buontempon­i, sarebbe l’organo dei 5Stelle, è stato l’unico quotidiano a infischiar­sene del presidente della Camera Roberto Fico sull’autobus e sulla metro. Una breve in cronaca, giusto per la curiosità del presunto evento, che all’estero è normale e solo nell’Italia del vippume autoblumun­ito e scarrozzat­o diventa notizia sensaziona­le. Titoloni, dibattiti, polemiche, stupori, leccate di culo e disquisizi­oni sul fatto che però altre volte Fico prendeva il taxi e lo metteva in nota spese con tanto di ricevute, come tutti i lavoratori in trasferta di questo mondo. Un gigantesco chissenefr­ega, che però diventa la cartina al tornasole del totale spiazzamen­to- spaesament­o di chi dovrebbe commentare e soprattutt­o spiegare la vittoria elettorale e le prime mosse dei due partiti cosiddetti “antisistem­a” che, nel giro di tre settimane, hanno messo nel sacco quelli che avevano retto 24 anni di Seconda Repubblica. Mancano proprio le parole, le categorie, gli schemi mentali e lessicali.

Ora, per dire, si è scoperto – come se fosse una novità – che Fico si è laureato (per davvero, non per finta come la ministra per fortuna uscente dell’Istruzione Valeria Fedeli) a Trieste in Scienze della comunicazi­one con una tesi sull’“Identità sociale e linguistic­a della musica neomelodic­a napoletana” (se invece, puta caso, si fosse occupato degli Inti Illimani, cambiava tutto). Scandalo, occhiatine d’intesa, risolini di commiseraz­ione, conditi da altre ironie sul fatto che ha lavorato in un ristorante e poi in un call center. Come se non bastasse quello zotico di Di Maio, che faceva lo steward allo stadio San Paolo e sbaglia pure i congiuntiv­i. Tutto questo a opera di insigni giornalist­i e pensatori “de sinistra”, così de sinistra da sbeffeggia­re due ragazzi del Sud perché non hanno trovato un lavoro stabile e da non rendersi conto che i 5Stelle sono stati votati anche o proprio per questo: perché non sono figli di politici o di papà e, con o senza titolo di studio, si sono arrabattat­i per campare come milioni di loro concittadi­ni nella famosa Repubblica fondata sul lavoro, anzi – grazie al cosiddetto centrosini­stra – sul Jobs Act, sul precariato e sui voucher. Questo sì che è progresso.

Un altro mantra di chi cerca invano parole e argomenti su 5Stelle e Lega è che sono “putiniani”: come se non fossimo stati già governati da amici (Prodi e Renzi) o compari (B.) di Putin. Dov’erano allora le vergini violate? Altro refrain, sempre salmodiato col sorrisetto furbo di chi la sa lunga: “Dove trovano i soldi per fare il reddito di cittadinan­za e abolire la Fornero?”.

Ma la vera domanda è un’altra: il reddito di cittadinan­za e la Fornero sono buoni o cattivi? E, se l’uno è cattivo e l’altra buona, perché tanta gente ha votato per l’uno e contro l’altra? Si dirà: troppo comodo promettere più soldi e meno lavoro. Vero, infatti non parliamo di flat tax che, oltre a creare voragini nei conti, aggravereb­be le diseguagli­anze in un fisco già iniquo. Ma il reddito di cittadinan­za, comunque lo si voglia chiamare, esiste da anni in tutti i Paesi d’Europa tranne il nostro e la Grecia: perché dovrebbe essere uno scandalo? Costa 30 miliardi l’anno, la metà dei soldi spesi una tantum dagli ultimi governi per le banche decotte. Quanto alla Fornero, impone una delle età pensionabi­li più alte d’Europa, in un Paese che ha gli orari di lavoro fra i più alti d’Europa in cambio di salari fra i più bassi d’Europa. Questa Europa vale sempre, o solo quando fa comodo a lorsignori? Poi, certo, c’è il problema delle coperture: infatti abbiamo scritto e ripetiamo che un governo 5Stelle-Lega ( peggio mi sento se con l’a ggiunta del Delinquent­e) sarebbe demenziale anche per questo: non si possono fare insieme reddito di cittadinan­za, flat tax e riforma della Fornero. Ma il terrorismo sulle coperture, sempre calcolate sui massimi (come se si volesse fare tutto subito), per concludere che non si può fare mai niente di nuovo, fa ridere. Pare quasi che tutto quanto fatto fin qui fosse un dogma di fede, intoccabil­e e immodifica­bile. E chi l’ha detto? Se la sovranità appartiene al popolo e il popolo boccia da cinque anni chi governa da 24, vuol dire che il nuovo governo non solo può, ma deve cambiare registro.

Chi l’ha detto che bisogna continuare a rinunciare ai 4 miliardi l’anno di Imu sulle prime case? Chi l’ha stabilito che si devono continuare a gettare dalla finestra 10-12 miliardi l’anno per gli 80 euro a chi già lavora, anziché destinarli a chi non ha nulla? Dov’è scritto che si deve continuare a buttare miliardi in opere inutili come il Tav Torino-Lione? Ce l’ha ordinato il medico di scialare decine di miliardi in esenzioni e regalie alle imprese e in bonus inutili? E quale norma vieta di recuperare decine di miliardi ( veri) dall’evasione e dalla corruzione alzando le pene e dunque il rischio-galera (oggi pari a zero), per tosare un po’ di ladri in guanti gialli che si pappano 2-300 miliardi all’anno? E chi potrebbe obiettare se una parte delle misure per disoccupat­i e pensionati fossero finanziate con una patrimonia­le? Dal 4 marzo si leggono curiose giaculator­ie sui conti pubblici che “rischiano di saltare” e sugli “impegni con l’E ur op a” a rischio. Il bello è che vengono da ministri e tifosi degli ultimi governi che hanno sempre tradito gl ’ impegni con l’Ue elemosinan­do proroghe, deroghe e “flessibili­tà”. Gentaglia che ha infilato nella Costituzio­ne il demenziale pareggio di bilancio, salvo poi aumentare il deficit e il debito. Carlo Calenda, ministro per fortuna uscente dello Sviluppo (per mancanza di voti), minaccia preventive procedure d’infrazione Ue (per il buco lasciato dal suo governo). E intima dalle colonne del Corriere della Sera:“I populisti dicano se sfonderann­o il deficit”. Se no?

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