Israele all’attacco di Hamas: 15 morti e 1400 feriti a Gaza
La protesta contro gli espropri finisce in strage
■ Le decine di migliaia di persone che manifestavano al confine sono state colpite da pallottole e lacrimogeni delle Forze armate di Gerusalemme. Gli scontri si allargano poi anche alla Cisgiordania
La “Grande Marcia del Rit orno” o rchest rata da Hamas con migliaia e migliaia di manifestanti portati fino a ridosso del confine fra la Striscia di Gaza e Israele è diventata rapidamente un bagno di sangue. I palestinesi uccisi sono almeno 15 e i feriti abbondantemente sopra il migliaio. In centinaia hanno invaso le malconce strutture ospedaliere della Striscia portandole al collasso. È stata una giornata di guerra. In oltre 1400 hanno affollato ogni pronto soccorso, ogni ospedale di Gaza. In serata è finito il filo di sutura, niente più lastre, niente analgesici, bende ricavate stracciando le consunte lenzuola delle corsie. L’ospedale “Al Shifa” di Gaza City dopo le 20 – quando partono i vecchi generatori elettrici a gasolio per superare l’ennesimo blackout – alza bandiera bianca. Non è più in grado né di assistere né di soccorrere alcuno.
LA GIORNATAche si annunciava drammatica è diventata tragica fin da metà mattinata quando – portati dai pullman organizzati da Hamas, in circa trentamila – secondo le stime dell’esercito israeliano – migliaia di manifestanti in 6 punti distinti lungo il confine con Israele hanno cercato di avvicinarsi alla barriera protettiva lanciando copertoni incendia- ti e sassi, provocando la reazione delle truppe israeliane schierate in forze lungo tutta la frontiera. L’Idf nel tentativo di evitare sfondamenti della barriera ha usato droni lanciagranate stordenti e fumogene, pallottole di gomma e pallottole vere. Anche i tank hanno aperto il fuoco, nonostante il portavoce del comando israeliano per il sud, il generale Ronen Manelis, avesse promesso moderazione nel tentativo di tenere lontani i palestinesi dalla barriera.
L’Anp ha chiesto “un intervento internazionale immediato e urgente per fermare il bagno di sangue”. L’esercito israeliano dice di aver preso di mira con i suoi cecchini “i prin- cipali istigatori” delle proteste violente. La leadership di Hamas si è dispersa fra i vari gruppi della marcia. Il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a est di Gaza City; Yahya Sinwar nel sud e il potente “ministro degli Interni” Fathi Hamad nel nord. Ci sono le loro immagini tra la folla, mentre incoraggiano la gente mostrando il loro sostegno al tributo di san- gue che i disperati di Gaza hanno offerto ai padroni del loro destino da più di dieci anni. “Le minacce di Israele non ci spaventano – le roboanti parole di Haniyeh – non ci sono alternative alla Palestina e al diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi”.
La protesta da Gaza si è allargata anche ai Territori occupati: scontri sono scoppiati in Cisgiordania – all’ingresso di Ramallah e nel quartiere di Bab a-Zawiya a Hebron – tra forze di sicurezza israeliane e decine di manifestanti che hanno dato fuoco a pneumatici e lanciato pietre. Le forze dell'ordine hanno risposto, cercando di disperderli.
Hamas a Gaza conta di ripetere ogni venerdì nelle prossime settimane queste marce di protesta, fino al 15 maggio – il giorno della Nakba (catastrofe) per i palestinesi – che ha segnato lo spostamento di migliaia di persone nel conflitto che scoppiò nel 1948 dopo la nascita di Israele.
DA SETTIMANE Hamas ha intensificato la sua attività perché vede l’opportunità di uscire da un pantano da cui non riesce a districarsi. Dalle guerra del 2014 le condizioni interne alla Striscia sono andate via via degradando; acqua imbevibile, elettricità solo per 4 ore al giorno, aumento della disoccupazione. Il tentativo di Hamas di gestire la vita civile è fallito. Per questo il nuovo leader della Striscia, Yahia Sinwar ha
compiuto un passo audace nel tentativo di riconciliarsi con di Abu Mazen nella speranza di consegnare le redini dell’amministrazione all’Anp. Ma la “riconciliazione” è morta lo scorso mese con il fallito attentato al premier Rami Hamdallah mentre entrava a Gaza.
Adesso per Hamas restano due scelte. La guerra con Israele, ma le sue conseguenze intimoriscono gli islamisti. Oppure le manifestazioni di massa come quella di ieri che spingeranno Israele a rispondere e nel caso di numerose uccisioni riporteranno la questione palestinese sulla scena internazionale. Un disegno folle e pericoloso, che sfrutta ancora una volta la disperazio- ne della popolazione civile.
La scorsa settimana nel kibbutz di Nahal Oz, che si trova a meno di un chilometro dalla barriera con Gaza, è stato commemorato un membro della comunità ucciso nel 1956 da una banda di infiltrati palestinesi dalla Striscia. Fu Moshe Dayan a pronunciare l’elogio funebre, che allora sembrò una previsione pessimistica: “Come possiamo lamentarci del loro intenso odio nei nostri confronti? Da otto anni stanno seduti nei campi profughi di Gaza mentre davanti ai loro occhi stiamo espropriando le loro terre e villaggi, dove prima di loro abitavano i loro antenati”.