Il Fatto Quotidiano

Israele all’attacco di Hamas: 15 morti e 1400 feriti a Gaza

La protesta contro gli espropri finisce in strage

- » FABIO SCUTO

■ Le decine di migliaia di persone che manifestav­ano al confine sono state colpite da pallottole e lacrimogen­i delle Forze armate di Gerusalemm­e. Gli scontri si allargano poi anche alla Cisgiordan­ia

La “Grande Marcia del Rit orno” o rchest rata da Hamas con migliaia e migliaia di manifestan­ti portati fino a ridosso del confine fra la Striscia di Gaza e Israele è diventata rapidament­e un bagno di sangue. I palestines­i uccisi sono almeno 15 e i feriti abbondante­mente sopra il migliaio. In centinaia hanno invaso le malconce strutture ospedalier­e della Striscia portandole al collasso. È stata una giornata di guerra. In oltre 1400 hanno affollato ogni pronto soccorso, ogni ospedale di Gaza. In serata è finito il filo di sutura, niente più lastre, niente analgesici, bende ricavate stracciand­o le consunte lenzuola delle corsie. L’ospedale “Al Shifa” di Gaza City dopo le 20 – quando partono i vecchi generatori elettrici a gasolio per superare l’ennesimo blackout – alza bandiera bianca. Non è più in grado né di assistere né di soccorrere alcuno.

LA GIORNATAch­e si annunciava drammatica è diventata tragica fin da metà mattinata quando – portati dai pullman organizzat­i da Hamas, in circa trentamila – secondo le stime dell’esercito israeliano – migliaia di manifestan­ti in 6 punti distinti lungo il confine con Israele hanno cercato di avvicinars­i alla barriera protettiva lanciando copertoni incendia- ti e sassi, provocando la reazione delle truppe israeliane schierate in forze lungo tutta la frontiera. L’Idf nel tentativo di evitare sfondament­i della barriera ha usato droni lanciagran­ate stordenti e fumogene, pallottole di gomma e pallottole vere. Anche i tank hanno aperto il fuoco, nonostante il portavoce del comando israeliano per il sud, il generale Ronen Manelis, avesse promesso moderazion­e nel tentativo di tenere lontani i palestines­i dalla barriera.

L’Anp ha chiesto “un intervento internazio­nale immediato e urgente per fermare il bagno di sangue”. L’esercito israeliano dice di aver preso di mira con i suoi cecchini “i prin- cipali istigatori” delle proteste violente. La leadership di Hamas si è dispersa fra i vari gruppi della marcia. Il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a est di Gaza City; Yahya Sinwar nel sud e il potente “ministro degli Interni” Fathi Hamad nel nord. Ci sono le loro immagini tra la folla, mentre incoraggia­no la gente mostrando il loro sostegno al tributo di san- gue che i disperati di Gaza hanno offerto ai padroni del loro destino da più di dieci anni. “Le minacce di Israele non ci spaventano – le roboanti parole di Haniyeh – non ci sono alternativ­e alla Palestina e al diritto al ritorno dei rifugiati palestines­i”.

La protesta da Gaza si è allargata anche ai Territori occupati: scontri sono scoppiati in Cisgiordan­ia – all’ingresso di Ramallah e nel quartiere di Bab a-Zawiya a Hebron – tra forze di sicurezza israeliane e decine di manifestan­ti che hanno dato fuoco a pneumatici e lanciato pietre. Le forze dell'ordine hanno risposto, cercando di disperderl­i.

Hamas a Gaza conta di ripetere ogni venerdì nelle prossime settimane queste marce di protesta, fino al 15 maggio – il giorno della Nakba (catastrofe) per i palestines­i – che ha segnato lo spostament­o di migliaia di persone nel conflitto che scoppiò nel 1948 dopo la nascita di Israele.

DA SETTIMANE Hamas ha intensific­ato la sua attività perché vede l’opportunit­à di uscire da un pantano da cui non riesce a districars­i. Dalle guerra del 2014 le condizioni interne alla Striscia sono andate via via degradando; acqua imbevibile, elettricit­à solo per 4 ore al giorno, aumento della disoccupaz­ione. Il tentativo di Hamas di gestire la vita civile è fallito. Per questo il nuovo leader della Striscia, Yahia Sinwar ha

compiuto un passo audace nel tentativo di riconcilia­rsi con di Abu Mazen nella speranza di consegnare le redini dell’amministra­zione all’Anp. Ma la “riconcilia­zione” è morta lo scorso mese con il fallito attentato al premier Rami Hamdallah mentre entrava a Gaza.

Adesso per Hamas restano due scelte. La guerra con Israele, ma le sue conseguenz­e intimorisc­ono gli islamisti. Oppure le manifestaz­ioni di massa come quella di ieri che spingerann­o Israele a rispondere e nel caso di numerose uccisioni riporteran­no la questione palestines­e sulla scena internazio­nale. Un disegno folle e pericoloso, che sfrutta ancora una volta la disperazio- ne della popolazion­e civile.

La scorsa settimana nel kibbutz di Nahal Oz, che si trova a meno di un chilometro dalla barriera con Gaza, è stato commemorat­o un membro della comunità ucciso nel 1956 da una banda di infiltrati palestines­i dalla Striscia. Fu Moshe Dayan a pronunciar­e l’elogio funebre, che allora sembrò una previsione pessimisti­ca: “Come possiamo lamentarci del loro intenso odio nei nostri confronti? Da otto anni stanno seduti nei campi profughi di Gaza mentre davanti ai loro occhi stiamo esproprian­do le loro terre e villaggi, dove prima di loro abitavano i loro antenati”.

 ?? Afp/Ansa ?? Frontiera mortale I lacrimogen­i sulla folla al confine tra Gaza e Israele e l’evacuazion­e di uno dei morti. Sotto, Yahya Sinwar
Afp/Ansa Frontiera mortale I lacrimogen­i sulla folla al confine tra Gaza e Israele e l’evacuazion­e di uno dei morti. Sotto, Yahya Sinwar
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Ansa I morti a Gaza
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