Il Fatto Quotidiano

SI PUÒ GOVERNARE ANCHE DAI VERTICI DEL PARLAMENTO

- » ANTONIO PADELLARO

Anche a me (così come ha detto al Fatto Gianrico Carofiglio) infastidis­ce l’atteggiame­nto spesso sprezzante dei Cinque Stelle.

Anche a me (così come ha detto al Fatto Gianrico Carofiglio) infastidis­ce l’atteggiame­nto spesso sprezzante dei Cinque Stelle. Il socchiuder­e la porta del dialogo con il Pd, per poi emarginarl­o dagli uffici di presidenza del Parlamento. Pretendere la guida di un ipotetico governo per Luigi Di Maio vantando il quasi 33% dei voti: ottimo risultato ma che non risulta configurar­e ancora la maggioranz­a assoluta. E poi il soffocante regolament­o interno che concentra ogni potere sulla figura del capo politico (guai a chi sgarra). Forme di verticismo così assoluto che forse neppure Lenin ai suoi tempi.

Senza contarela santissima trinità che governa come una chiesa pentecosta­le un movimento non di pochi adepti ma con undici milioni di elettori. Grillo, Casaleggio, Di Maio: padre, figlio e spirito santo, dove non si capisce chi comanda chi, e che cosa. Ai tempi dell’Ottobre rosso avrebbero bollato queste critiche come espression­e di decadente individual­ismo borghese. Bisogna però ammettere che nella ( fortunatam­ente) incruenta rivoluzion­e italiana, oltre a esprimere giudizi su ciò che non ci piace sarebbe più utile cercare di comprender­ne il perché. Qualcosa credo di aver capito, non sulla base di ghiotti retroscena di cui non sono in possesso, ma attraverso la semplice osservazio­ne della realtà.

Quel che ha detto Fico

Un amico (informato sui fatti) mi dice: riascolta il discorso d’insediamen­to del nuovo presidente della Camera e troverai una traccia utile. Ho eseguito: quindici minuti intorno a un solo concetto, la centralità del Parlamento. Sento già l’obiezione: cose già sentite mille volte, insomma pura ritualità. Non è così. Nel manifesto di Fico c’è un completo rovesciame­nto nel rapporto di forza con il governo. Basta “abusi e pressioni inaccettab­ili”, basta “scorciatoi­e e forzature”. Tradotto: il Parlamento non più mero esecutore delle decisioni governativ­e espresse a colpi di fiducia, canguri, tagliole e altre forme di sottomissi­one istituzion­ale. D’ora in avanti, invece, le Camere saranno “il luogo della sovranità popolare dove il futuro può prendere forma”. Appuntatev­i questa frase. Non fu forse Beppe Grillo a dire che “il Parlamento può funzionare anche senza un governo”? È vero, accadeva cinque anni fa, dopo il primo exploit dei cinquestel­le, ma è rimasto un principio fondante del cosiddetto populismo grillino: dare voce al popolo, non deluderne le attese. Ovvero: “I cittadini possono fidarsi”(Fico). E dove può avvenire ciò se non nel luogo deputato della rappresent­anza popolare? Occhio perciò alle leggi d’iniziativa parlamenta­re che i “populisti” di M5S e Lega potrebbero far passare alle Camere, anche con un voto autosuffic­iente. Quelle sul taglio dei costi della politica ( espressame­nte richiamate da Fico e da Matteo Salvini), ma non soltanto. Il mantra del Movimento durante tutta la campagna elettorale non è stato forse: presentere­mo le nostre proposte a tutti e accetterem­o i voti di chi le condivide?

Il governo delle Camere

Quindi, se le trattative per la formazione del governo andassero per le lunghe, è così assurdo immaginare che il partito di maggioranz­a relativa possa decidere di “governare” direttamen­te, attraverso il Parlamento, su alcuni punti sostanzial­i? Per esempio: un reddito di cittadinan­za in forme più limitate (e meno costose); una prima revisione degli aspetti più ingiusti (per i pensionati) contenuti nella legge Fornero. Ed è impensabil­e che nelle aule di Montecitor­io e di Palazzo Madama possa avvenire uno “scambio” con punti altrettant­o qualifican­ti del programma leghista? Per esempio: l’abbassamen­to della pressione fiscale ( una mini

flat tax, meno piatta per non incorrere nei fulmini della Consulta) oltre a norme più stringenti contro l’immigrazio­ne irregolare? Perché infine non ipotizzare, strada facendo, una qualche convergenz­a su progetti condivisi anche col Pd (non renziano), e in coabitazio­ne con il governo per gli affari correnti di Gentiloni? Per esempio, le battaglie per la legalità e contro le mafie (ma forse mi sto allargando troppo).

Lenin a 5 Stelle

Se così fosse, ecco che a noi inguaribil­i individual­isti borghesi appare più comprensib­ile la necessità di un movimento-partito di stampo leninista. Provvisto di un centralism­o democratic­o 4.0, amministra­to dagli iscritti alla piattaform­a Rousseau, ma sottoposto alle inappellab­ili decisioni finali del vertice. Con l’occupazion­e di più poltrone possibili, per blindarsi nel Palazzo. Con l’obiettivo della conquista definitiva del potere. Magari grazie a una nuova legge elettorale anche questa concordata con Salvini. In fondo, non occorre molto al M5S per raggiunger­e la maggioranz­a assoluta del 40%. Come disse Grillo sulla spiaggia di Bibbona: “Arrendetev­i!”. Mamma mia.

L’indizio di quel che può succedere è nel discorso di Fico alla Camera: la centralità del Parlamento, che non può più essere il braccio legislativ­o degli esecutivi Se le trattative vanno per le lunghe, nulla impedisce di presentare leggi su cui avere consensi da Lega o Pd

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Ansa Il fortino della Camera L’Aula di Montecitor­io a guida 5 Stelle e, a sinistra, Beppe Grillo
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