SI PUÒ GOVERNARE ANCHE DAI VERTICI DEL PARLAMENTO
Anche a me (così come ha detto al Fatto Gianrico Carofiglio) infastidisce l’atteggiamento spesso sprezzante dei Cinque Stelle.
Anche a me (così come ha detto al Fatto Gianrico Carofiglio) infastidisce l’atteggiamento spesso sprezzante dei Cinque Stelle. Il socchiudere la porta del dialogo con il Pd, per poi emarginarlo dagli uffici di presidenza del Parlamento. Pretendere la guida di un ipotetico governo per Luigi Di Maio vantando il quasi 33% dei voti: ottimo risultato ma che non risulta configurare ancora la maggioranza assoluta. E poi il soffocante regolamento interno che concentra ogni potere sulla figura del capo politico (guai a chi sgarra). Forme di verticismo così assoluto che forse neppure Lenin ai suoi tempi.
Senza contarela santissima trinità che governa come una chiesa pentecostale un movimento non di pochi adepti ma con undici milioni di elettori. Grillo, Casaleggio, Di Maio: padre, figlio e spirito santo, dove non si capisce chi comanda chi, e che cosa. Ai tempi dell’Ottobre rosso avrebbero bollato queste critiche come espressione di decadente individualismo borghese. Bisogna però ammettere che nella ( fortunatamente) incruenta rivoluzione italiana, oltre a esprimere giudizi su ciò che non ci piace sarebbe più utile cercare di comprenderne il perché. Qualcosa credo di aver capito, non sulla base di ghiotti retroscena di cui non sono in possesso, ma attraverso la semplice osservazione della realtà.
Quel che ha detto Fico
Un amico (informato sui fatti) mi dice: riascolta il discorso d’insediamento del nuovo presidente della Camera e troverai una traccia utile. Ho eseguito: quindici minuti intorno a un solo concetto, la centralità del Parlamento. Sento già l’obiezione: cose già sentite mille volte, insomma pura ritualità. Non è così. Nel manifesto di Fico c’è un completo rovesciamento nel rapporto di forza con il governo. Basta “abusi e pressioni inaccettabili”, basta “scorciatoie e forzature”. Tradotto: il Parlamento non più mero esecutore delle decisioni governative espresse a colpi di fiducia, canguri, tagliole e altre forme di sottomissione istituzionale. D’ora in avanti, invece, le Camere saranno “il luogo della sovranità popolare dove il futuro può prendere forma”. Appuntatevi questa frase. Non fu forse Beppe Grillo a dire che “il Parlamento può funzionare anche senza un governo”? È vero, accadeva cinque anni fa, dopo il primo exploit dei cinquestelle, ma è rimasto un principio fondante del cosiddetto populismo grillino: dare voce al popolo, non deluderne le attese. Ovvero: “I cittadini possono fidarsi”(Fico). E dove può avvenire ciò se non nel luogo deputato della rappresentanza popolare? Occhio perciò alle leggi d’iniziativa parlamentare che i “populisti” di M5S e Lega potrebbero far passare alle Camere, anche con un voto autosufficiente. Quelle sul taglio dei costi della politica ( espressamente richiamate da Fico e da Matteo Salvini), ma non soltanto. Il mantra del Movimento durante tutta la campagna elettorale non è stato forse: presenteremo le nostre proposte a tutti e accetteremo i voti di chi le condivide?
Il governo delle Camere
Quindi, se le trattative per la formazione del governo andassero per le lunghe, è così assurdo immaginare che il partito di maggioranza relativa possa decidere di “governare” direttamente, attraverso il Parlamento, su alcuni punti sostanziali? Per esempio: un reddito di cittadinanza in forme più limitate (e meno costose); una prima revisione degli aspetti più ingiusti (per i pensionati) contenuti nella legge Fornero. Ed è impensabile che nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama possa avvenire uno “scambio” con punti altrettanto qualificanti del programma leghista? Per esempio: l’abbassamento della pressione fiscale ( una mini
flat tax, meno piatta per non incorrere nei fulmini della Consulta) oltre a norme più stringenti contro l’immigrazione irregolare? Perché infine non ipotizzare, strada facendo, una qualche convergenza su progetti condivisi anche col Pd (non renziano), e in coabitazione con il governo per gli affari correnti di Gentiloni? Per esempio, le battaglie per la legalità e contro le mafie (ma forse mi sto allargando troppo).
Lenin a 5 Stelle
Se così fosse, ecco che a noi inguaribili individualisti borghesi appare più comprensibile la necessità di un movimento-partito di stampo leninista. Provvisto di un centralismo democratico 4.0, amministrato dagli iscritti alla piattaforma Rousseau, ma sottoposto alle inappellabili decisioni finali del vertice. Con l’occupazione di più poltrone possibili, per blindarsi nel Palazzo. Con l’obiettivo della conquista definitiva del potere. Magari grazie a una nuova legge elettorale anche questa concordata con Salvini. In fondo, non occorre molto al M5S per raggiungere la maggioranza assoluta del 40%. Come disse Grillo sulla spiaggia di Bibbona: “Arrendetevi!”. Mamma mia.
L’indizio di quel che può succedere è nel discorso di Fico alla Camera: la centralità del Parlamento, che non può più essere il braccio legislativo degli esecutivi Se le trattative vanno per le lunghe, nulla impedisce di presentare leggi su cui avere consensi da Lega o Pd