“Frida Kahlo non era colorata come pensate”
La scrittrice messicana di “Bestiario sentimentale”: “Pesci rossi e scarafaggi sono molto simili a noi”
“Gli animali e la natura che ci appaiono feroci e mostruosi in realtà sono esattamente come noi”. Va dritta all’epigrafe del suo libro – Bestia
rio sentimentale nelle librerie italiane in questi giorni per La nuova frontiera – la scrittrice messicana Guadalupe Nettel. Dritta e secca, come la sua scrittura. Come il Messico inaridito dai narcos, isolato da Trump, ma “pieno di creatività, di stimoli e di fermento intellettuale”, come lei stessa ci racconta qualche giorno prima di intraprendere un nuovo viaggio per l’Europa, dove ha vissuto a lungo, tra Parigi e Barcellona. “Sarò in Italia a maggio al Salone del Libro di Torino. Non è stato facile tornare a vivere a Città del Messico, a volte è sconfortante la realtà del mio Paese”, racconta l’autrice in una risata amara.
“MA LO DOVEVOal
Messico, non ai messicani, ma a questo luogo che mi ha dato tanto. Sentivo di dover tornare a dare il mio contributo per cambiare le cose. E mentre Guadalupe Nettel, classe 1973, prova a spiegare il Messico dalla sua peculiare lente senza filtri, uno non può fare a meno di pensarla com’era. Come deve essere stato non vedere da un occhio e dover sopportare che per “aiutarla” le tappassero anche quello buono. Si diventa così una specie di animale? Con i sensi più aguzzi? Forse sì. Sarà per questo che, mentre ripassa con noi le metafore del mondo delle bestie che popolano la sua raccolta di racconti, accogliamo come ineluttabile il patto con la scrittrice che ci legge dentro. “Ogni animale da cui prendo spunto per i racconti ha un carattere subdolo quasi, un intento sotterraneo, qualcosa di mai evidente. Questo perché per me ciò che è importante è ciò che di noi non vediamo: la nostra ferocia e le altre emozioni sconosciute a noi stessi”. Ma anche la coscienza ha un ruolo fondante.
“Non credo troppo nel potere della ragione, anche se ovviamente è ciò che ci distingue dagli animali. D’altra parte credo che ragionare troppo ci renda immobili, come il millepiedi che tenta di capire come riesca a muovere le zampe per camminare e alla fine per troppo pensarci, non lo sa più fare”. E a svolgere il ruolo del protagonista nei racconti di Nettel in effetti non è certo la ragione: “più la coscienza, ma soprattutto la coscienza del dolore. Per il dolore bisogna passare per comprenderlo e per comprenderci. È l’unico sentimento che ci permette di guardarci davvero dentro”.
E i suoi racconti ce lo svelano il dolore, in tutta la sua crudezza: “Questo perché è anche il miglior viatico per l’empatia. Quando il protagonista soffre, a tutti viene voglia di abbracciarlo. Così lo scrittore può stabilire un patto con il lettore: generando empatia, appunto, e questo permette a chi legge di aprire gli occhi e di prendere coscienza della propria sofferenza”.
MA NON PER QUESTO i libri di Nettel sono senza scampo. “C’è una buona notizia: a salvarci può arrivare l’ironia”. Un altro sentimento molto diffuso nel Bestiario, un’ironia agrodolce, come quando una delle protagoniste si cura da un fungo sull’unghia con una medicina cinese – ah, grande invenzione! – sarà proprio con una cinese che si curerà dal mal di vivere suo marito.
Ma la donna è forte, almeno nella penna della scrittri- ce messicana, che si dice “felice del movimento femminile mondiale, pur nella sua durezza. “Per le nuove semine c’è sempre bisogno di smuovere in profondità il terreno, ma è così che nasceranno nuovi frutti. Siamo di fronte ad un nuovo ‘68 e ci portiamo dietro quelle conquiste per lasciarne delle nuove alle nostre figlie. In Messico una famiglia su tre subisce violenza domestica, e non bastano gli appelli alla sicurezza, così come con i narcos. La violenza è dentro di noi, bisogna imparare a riconoscerla e combatterla da dentro perché le cose possano cambiare davvero”.
Come le ha cambiate la sua “vicina di casa”, l’artista Frida Kahlo rivalutata ora in Europa. “Sono contenta che stia vivendo una nuova vita, lo merita. Restò sempre all’ombra di suo marito (Diego Rivera, ndr), pur essendo una maestra nel trasformare in arte il dolore. Ma attenti a come la rappresentate: non era così gioviale ed estroversa come la dipingete”.
Sono contenta che la pittrice viva ancora: sapeva trasformare il dolore in arte, ma non era così estroversa
Siamo animali feroci: non basta la sicurezza, anche contro i narcos: la violenza è dentro di noi