Barcellona, niente vela: c’è tempesta politica al governo
B“L’imperatore” Adriano è finito in ospedale per un infortunio alla mano. L’ex attaccante dell’Inter e della Roma, infatti, si sarebbe ustionato e gli sarebbero stati applicati dei punti di sutura per evitare l’infezione. Ma l’arto è ancora gonfio, così è probabile che questo infortunio allunghi i tempi del ritorno in campo col Flamengo arcellona. La formula strombazzata ai quattro venti, è proprio il caso letterale di questa vicenda, può sembrare tanto semplice quanto letale: “Inestabilidad política”, cioè “instabilità politica”. A causa della quale la Barcelona World Race, famosa competizione di vela, è stata sospesa. Che c’entra la vela con l’indipendentismo catalano? Gli ineffabili organizzatori della regata del giro del mondo che prevede imbarcazioni con due membri d’equipaggio, partenza (il prossimo 12 gennaio 2019) e arrivo a Barcellona, hanno cercato di spiegarla, sebbene in modo goffo: “Il clima di indefinitezza istituzionale e la mancanza di stabilità politica che ha vissuto la comunità catalana nell’ultimo anno” è stata decisiva per sospendere la regata. Gli sponsor, o meglio, “i potenziali patrocinatori” avrebbero manifestato infatti “la propria sfiducia”.
UN EVENTO sportivo di questa portata – si legge nel loro comunicato diffuso giovedì 29 marzo – necessita di sponsorship private significative, le quali rappresentano l’unica fonte di finanziamento”: gli eventi di questi ultimi mesi, aggiungono “hanno impedito al Fnob di garantire la sponsorizzazione”. In ogni caso, gli organizzatori non intendono mettere a rischio il corretto svolgimento della competizione nell’interesse “sia delle squadre che del pubblico”.
Se questa è la situazione, allora perché non sospendere le partite di calcio, a cominciare da quelle del Barcellona che sta vincendo il titolo spagnolo... E perché non viene cambiato il tracciato della Vuelta ciclistica? In realtà, le motivazioni della Fundación Navegación Oceánica de Barcelona (Fnob) che organizza la regata assomigliano tanto a quelle del governo di Madrid. Ossia il conto salato del separatismo: che avrebbe indotto alla fuga 3 mila aziende e il 15 per cento dei turisti. Quanto al Barcellona, il presidente Josep Maria Bartomeu ha schierato la squadra a favore del referendum – in testa l’al le na to re Guardiola, fermato una volta perché sospettato d’aver fatto viaggiare nel suo jet personale Puigdemont – e ha rivendicato il diritto a decidere sull’indipendenza da parte dei catalani, ma ha anche ribadito che vuole continuare a giocare nella Liga. Colpire il Barcellona sarebbe troppo oltraggioso e pericoloso. Causerebbe una rivolta davvero incontrollabile. Meglio prendersela con chi è più fragile: come la ve- la delle regate attorno al mondo. E poi c’è il fatto che la Fnob ha tra i soci varie istituzioni, tra le quali il municipio. Che non è un accenno casuale. Infatti chi lo guida?
L’alcaldedi sinistra Ada Colau, che in questi giorni ha difeso con tutto il suo peso politico l’organizzazione catalana Pro Activa Open Arms, la cui nave sequestrata nel porto di Pozzallo dalla magistratura italiana che accusa armatori e capitano di aver salvato dei migranti in modo illecito. La Colau è convinta che il sequestro abbia come obiettivo eliminare dal Mediterraneo tutte le ong che cercano di salvare i migranti. Inoltre, per la prima volta, l’organizzazione catalana è stata costretta a chiedere aiuto al governo spagnolo per poter attraccare in un porto europeo: “Se fossimo uno Stato, la città di Barcellona farebbe di tutto per accogliere le navi di Open Arms e salvare esseri umani”.
IL PROBLEMA è che il partito indipendentista Esquerra Republicana de Catalunya accusa l’alcaldesa di essere “riluttante” nel realizzare la regata e di voler porre fine ai progetti che “proiettano la Catalogna nel mondo, senza menzionare l’instabilità che ha generato il processo di secessione”. Una strambata che aggiunge veleni alla già tossica situazione.