Stipendio legato alle presenze: 40 euro al mese per Angelucci, Ghedini & C.
Come sarebbero i compensi degli eletti con l’ultima idea leghista
Potrebbero
esserci parlamentari che farebbero fatica ad arrivare alla fine del mese. Con dei casi limite. Tipo Antonio Angelucci, che nella passata legislatura ha fatto registrare il 99,5% di assenze a Montecitorio. Collegando lo stipendio (che nel Palazzo si chiama indennità) alle presenze in Parlamento, invece di 5000 euro mensili, il patron di Tosinvest si fermerebbe a 25 euro. In Senato, invece, il recordman è stato Niccolò Ghedini: per lui il tasso assenze è stato pari al 99,2%. Se l’indennità fosse equiparata alle presenze, per lui solo 40 euro al mese.
Sotto la soglia di pover- tà di qualsiasi Paese europeo.
La proposta di legare lo stipendio dei parlamentari alle presenze è tornata a rimbalzare in questi giorni in cui si parla di taglio ai vitalizi per gli ex. Ad avanzarla è un leghista, Lore nzo Fontana, tra gli astri nascenti del partito di Matteo Salvini e appena eletto vice presidente della Camera. Ma non è la prima volta che se ne discute. Ne ll ’ ottobre 2016 fu l’allora premier Matteo Renzi ad avanzare l’idea, giocando d’anticipo sul M5S che in quei giorni presentava una proposta per il taglio delle indennità. “Io preferirei un sistema a gettoni: più sei presente in Parlamento e più guadagni. Di Maio ha il 37% di presenze eppure guadagna il doppio di me, dovrebbe prendere il 37% dello stipendio”, disse Renzi. Naturalmente non se ne fece nulla. Ora, però, col nuovo Parlamento, se ne riparla.
MA QUANTOsi risparmierebbe? Per fare un calcolo bisogna ragionare sulle medie. Il tasso di assenza nella XVII legislatura è stato del 21,75% a Montecitorio e del 17,34% a Palazzo Madama. Vuol dire che un deputato, in media, avrebbe dovuto percepire circa 1.087 euro in meno di indennità, mentre un senatore 867 euro. Così facendo i 5.000 euro si sarebbero trasformati in 3.913 euro alla Camera e 4.133 euro al Senato. Ciò significa che a Montecitorio, dove siedono 630 deputati, si sarebbero risparmiati circa 684 mila euro al mese, ovvero 8 milioni e 217 mila all’anno. In Senato, invece, il risparmio mensile sui 315 senatori sarebbe stato di 273.105 euro, ovvero 3 milioni e 277 mila annui. In totale, dunque, circa 11 milioni e 500 mila euro che per cinque anni fa 57 milioni e 500 mila euro. Non proprio noccioline.
Le ragioni di chi si oppone a simili calcoli sono di due specie. La prima è che una decurtazione allo stipendio in base alle assenze è già previsto. Non sui 5 mila euro mensili di inden-
Assenteisti Oggi c’è la diaria variabile, con questo metodo si risparmiano quasi 60 milioni all’anno
nità, ma sulla diaria. Fissata in base a una legge del 1965, la diaria “viene riconosciuta a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma”, come spiega il sito della Camera. Oggi è pari a 3.503,11 euro. “Tale somma viene decurtata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dall’Assemblea in cui si svolgono votazioni con il procedimento elettronico”, recita il testo. Assente, secondo la legge, è considerato quel deputato che non partecipa a oltre il 70% delle votazioni giornaliere. L’ufficio di presidenza ha poi deliberato “un’ulteriore decurtazione fino a 500 euro mensili in relazione alla percentuale di assenze dalle sedute di giunte e commissioni parlamentari”.
Altra obiezione che viene fatta è sul criterio di valutazione. Lo sanno bene quelli di Openpolis, che dal 2011, oltre alle assenze/ presenze, pubblicano la classifica dei parlamentari più produttivi, incrociando diversi fattori: numero di leggi presentate, emendamenti, tasso di successo, ecc. Secondo questo criterio, per esempio, tra il 2013 e il 2018 i deputati più produttivi sono stati Daniela Ferrante (Pd), Gianluca Pini (Lega) e Marco Causi (Pd). In Senato sono in testa Giorgio Pagliari (Pd), Giorgio Santini (Pd) e Felice Casson (Mdp). Per quanto riguarda i gruppi parlamentari, alla Camera guidano la classifica Lega, Si-Sel e M5S; in Senato Mdp, Pd e Ap.
“LA QUESTIONEè complessa e non si può ridurre solo al fatto di stare in Aula a premere un pulsante. Oltre alle proposte presentate, bisognerebbe vedere la loro qualità e quanto il singolo parlamentare è stato in grado di influenzare il percorso legislativo di un provvedimento che, magari, non porta il suo nome”, sottolinea l’ex capogruppo del Misto alla Camera, Pino Pisicchio. Vero. Come però è anche vero che quei banchi vuoti, magari inquadrati impietosamente dalle telecamere, nei cittadini qualche reazione la suscita. E i cittadini votano.