A Roma scatta la rivolta di Otello Celletti
Il nuovo comandante obbliga alla divisa: apriti cielo
Il
personaggio di Otello Celletti, interpretato da Alberto Sordi ne Il vi
gile ( Luigi Zampa, 1960), una volta indossata la divisa da “pizzardone” ritrovava spavalderia e autorità di fronte agli avventori della latteria sotto casa, che erano soliti deriderlo. Certo, quella tenuta d’ordinanza, negli anni del boom, era fatta di scomode giacche e scarponi in pelle che cigolavano a ogni passo, tanto che il figlio del vigile vedendolo per la prima volta in abiti da lavoro sintetizzava: “Papà, me pari un marziano”. Sono passati quasi sessant’anni da quella pellicola ma a Roma i vigili continuano ad avere problemi con il loro vestiario. O meglio, ad auto-ingigantire questioni tutto sommato minimali rispetto alla portata dei problemi del traffico cittadino, della lotta all’abusivismo commerciale o della sicurezza urbana. Stavolta è il turno della protesta di alcuni agenti contro l’obbligo di indossare la divisa.
Da venti giorni è cambiato il comandante della Polizia di Roma Capitale, come si chiama adesso il corpo dei vigili urbani. Adesso al vertice c’è Antonio Di Maggio, dirigente di lungo corso, dai modi schietti, spesso impiegato nelle operazioni su strada più spigolose: dal contrasto alla prostituzione all’a n t i - a b u s i v ismo fino alla gestione dei campi rom. Dopo il suo insediamento il nuovo comandante ha impartito alcune direttive organizzative ai circa settemila agenti della municipale, puntando a ripri- stinare l’autorevolezza e la riconoscibilità del corpo, due caratteristiche messe a dura prova negli ultimi anni di fronte agli occhi dei romani da una serie di episodi. Basti ricordare l’assenza in massa dal lavoro, causa malattia, di quasi 900 agenti la notte del Capodanno 2015, che vede sette vigili rinviati a giudizio con l’accusa di truffa assieme a sei medici.
Tra le direttive del comandante ci sono due ordini di servizio che chiedono agli agenti di indossare la divisa, a eccezione delle operazioni in borghese. Una misura pensata soprattutto per le unità impegnate in strada nella disciplina del traffico negli orari di maggiore con- gestionamento: la mattina dalle 7 alle 10 e il pomeriggio dalle 17 alle 20. Indossare la divisa favorisce una maggiore riconoscibilità, mentre talvolta capita di imbattersi in agenti chiamati in servizio con poco preavviso che si presentano a incroci e semafori con un look casual, non propriamente cool, identificabili grazie a un fratino di colore fosforescente. Come dire, un accorgimento di buon senso: essere riconoscibili in mezzo al traffico aiuta a far percepire meglio la presenza.
Ma, a quanto rivelato dal Messaggero, gli ordini di servizio non sarebbero piaciuti ad alcuni agenti e diverse tra le decine di sigle sindacali della municipale, che si sarebbero lamentati con il comando. Le motivazioni suonano alquanto bizzarre: d al l’assenza di locali spogliatoio adeguati nelle sedi di alcuni gruppi alla scomodità delle uniformi. Insomma, una protesta nemmeno troppo velata contro l’obbligo di divisa.
E pensare che, a fine settembre dello scorso anno, il Campidoglio ha pubblicato una gara di appalto da 3 milioni di euro per rinnovare divise e calzature per tutto il corpo. Il capitolato specificava che “i capi di vestiario professionale e tecnico” sono spesso “soggetti a usura, in particolare quelli destinati ai dipendenti impiegati nei servizi di viabilità”.
Anzi le nuove divise, in conformità alle direttive del ministero dell’Ambiente, dovranno essere “a minore impatto ambientale”. Ora il problema sarà convincere i vigili riottosi a indossarle, magari con lo stessa gioia di Otello Celletti.
Fischietti I sindacati lamentano la scomodità dell’uniforme e la mancanza di spogliatoi