Il tira e molla tra Salvini e B. per l’accordo con Di Maio
L’ex Cavaliere boccia i grillini che l’hanno bocciato, Giorgetti: “Un errore tattico”. La Lega: “O l’intesa o si torna al voto, noi non ne abbiamo paura”
Il gioco dentro al centrodestra è complicato e l’accordo col M5S – l’unico possibile in questo Parlamento – appeso a un filo. Eppure quel filo c’è e non pare dei più sottili: perché non si spezzi, però, devono coincidere molte, forse troppe, condizioni. Forza Italia dovrà essere parte dell’accordo con Luigi Di Maio, ma nascondendo Silvio Berlusconi dietro qualche tecnico d’area e nomi politici che non ricordino troppo i fasti del fu Caimano (o “Psiconano” nel grillismo d’antan); per convincere il proprietario di Forza Italia si dovrà garantirgli – come s’è iniziato a fare con l’ingresso di Cdp in Tim – l’unica cosa a cui tiene, il benessere del suo impero economico anche dal gover- no; col centrodestra unito i 5 Stelle dovranno rinunciare a bei pezzi del loro programma e a parecchie caselle dell’esecutivo, forse pure a quella di premier. Ora quel che serve, oltre alla volontà di tutti i
contraenti, è il tempo.
L’OGGI è invece ancora il tempo delle schermaglie tattiche. Il M5S parla al suo elettorato mettendo un veto sull’uomo nero Berlusconi e offrendo un patto di governo solo a Lega e Pd (quest’ultimo a perdere). L’ex Cavaliere, al Colle, reagisce mettendo un veto a sua volta a “governi pauperisti” e “populisti”, cioè ai 5 Stelle. E qui si divarica il centrodestra. Per Matteo Salvini, invece, quella è l’unica via per evitare le elezioni (“ma non ne abbiamo paura”): “Non ci vuole uno scienziato a capire che altre soluzioni sarebbero improvvisate”. E Giorgia Meloni, polemica: “Il gioco di Di Maio è chiaro: dividere chi è arrivato primo, così diventa primo lui. Non ci vuole Bismarck”.
Giancarlo Giorgetti, leghista con solidi agganci in quel che resta dei poteri forti, la mette così: “Strategicamente non lo so, ma tatticamente Berlusconi ha sbagliato. Lui preferisce guardare al Pd, ma il Pd ha perso le elezioni. Il M5S invece ha avuto la fiducia di oltre 11 milioni di elettori. Può non piacere, ma la realtà è questa e se si vuole fare un governo per fare cose importanti si deve fare un governo forte con numeri forti”. Tradotto, garanzia leghista e benedizione del buon Silvio nascosto, il quale ha un solo problema: se si dimostra troppo debole, si tiene le aziende ma perde mezzo partito (e chissà se gli dispiacerebbe).
Le condizioni Il capo di FI dovrà nascondersi: il leghista media, i 5 Stelle pronti a garantire il Biscione