Il Fatto Quotidiano

Dal Celeste a Bobo, la grande torta della Lombardia

Prima il sistema-Formigoni e gli scandali San Raffaele e Maugeri. Poi l’arresto di Rizzi, braccio destro di Maroni

- » GIANNI BARBACETTO

parlare loro del progetto Domino, che verrà approvato a marzo 2017. Di un incontro con loro in Regione, “mentre c’era lì Maroni”, Navone parla con Calori: “Ho detto ‘dottor Daverio, si tratta di siglare una partnershi­p fra noi quattro su un progetto molto carino’. M’ha detto ‘ma se è per così poco perché non me l’hanno detto subito?’. E gli ho detto ‘mi sosterrà?’ e Giulio (per il gip verosimilm­ente di Gallera, ndr) ha detto ‘lei deve essere sostenuta a prescinder­e’”.

Navone un anno fa in una puntata di Porta a porta assicurava: “Il piano anticorruz­ione verrà attuato al Pini al più presto”. È lei però, secondo i lettorale del 2015, criticò il progetto. Poi la sorpresa: alle recenti cene elettorali del centrodest­ra genovese viene annunciata la presenza dei vertici Pessina. Ecco la sanità di Toti. Che moltiplica i posti letto privati (oggi appena 290). “Mentre la Regione chiede continui efficienta­menti al pm, a ricevere da Brenicci un cesto di Natale, il pagamento delle spese per partecipar­e a un paio di congressi e la promessa di uno stage per la figlia. “Si è laureata la mia bambina l’altro ieri, posso dartela gratis”, dice al telefono a Brenicci, che risponde: “Amore, ma con piacere”. L’imprendito­re dal 2012 al 2017 ha incassato dal Pini per la vendita dei presidi sanitari circa 3,3 milioni. Alto anche il giro d’affari con il Galeazzi. Qui lavoravano Drago e Romanò, ai quali sarebbero riconducib­ili, per il 25% a testa, le quote di una delle società di dispositiv­i medici di Brenicci, la I4 srl. pubblico. Addirittur­a al Gaslini, eccellenza per la pediatria”, conclude Salvatore. E c’è poi il progetto che rischia di stravolger­e i consultori infantili, eccellenza della sanità pubblica ligure. Conclude il M5S: “Intanto si spendono centinaia di milioni per progetti privati”.

Ci vorrebbe non una pagina di giornale, ma un volumone da Encicloped­ia Britannica per raccontare i mille scandali nella sanità scoppiati in Lombardia. Ogni volta il politico di turno promette che sarà l’ultima, assicura che la mela marcia è stata isolata, che il sistema sarà riformato; poi le cronache s’incaricano di smentirlo. Ogni scandalo della sanità, in Lombardia, è sempre il penultimo. Il motivo sta tutto in due cifre, 18 e 75: 18 miliardi di euro all’anno è la spesa pubblica sanitaria in Lombardia, il 75 per cento del bilancio della Regione. Un bottino che fa gola. Ora tocca a quattro primari di due importanti ospedali milanesi. Storia nuova, ma che s’incastra a cannocchia­le su storie vecchie, se è vero che la quinta arrestata, il direttore sanitario dell’Ortopedico Paolo Pini, Paola Navone, fu sfiorata da un’inchiesta di una decina di anni fa che riguardava la falsificaz­ioni di cartelle cliniche per ottenere più rimborsi sanitari all’ospedale San Carlo. Quel processo si concluse con l’assoluzion­e degli imputati, come tanti altri in cui non è stato possibile dimostrare che venivano pagati più soldi di quanto giustifica­to dalle prestazion­i fornite.

LA MADREdi tutti gli scandali è, nel 1997, la macchina messa in piedi da Giuseppe Poggi Longostrev­i, medico e proprietar­io di cliniche private. Aveva assoldato una rete di medici di famiglia che mandavano i loro pazienti nei suoi laboratori, molte volte a chiedere esami inutili, o più costosi di quelli davvero eseguiti, oppure mai realmente forniti. In cambio, ai medici arrivavano un regalino a Natale o un compenso, 50 o 100 mila lire. Ma il suo sistema è costato alla Regione Lombardia almeno 60 miliardi di lire. Per far funzionare questo meccanismo ci voleva un santo in paradiso, o almeno al Pirellone. Era Giancarlo Abelli, braccio “sanitario” del presidente della Regione Roberto Formigoni e poi devoto a Silvio Berlusconi: i magistrati scoprirono che Poggi Longostrev­i aveva pagato ad Abelli una mazzetta da 72 milioni di lire, ma lui spiegò che era una consulenza, benché non fatturata, e la storia finì con un processo per false fatture da cui fu assolto. E subito premiato con l’assessorat­o alla sanità in Lombardia e poi con un posto in Parlamento. Premiati anche i manager “politici” della sanità coinvolti in un vecchio scandalo con epicentro all’ospedale Fatebenefr­atelli di Milano. Ma a e- lencarli tutti, gli scandali sembrano le litanie dei santi: San Carlo, Santa Rita, San Giuseppe, San Raffaele... Se in principio fu Poggi Longostrev­i, l’evoluzione della specie arriva, nel 2011, con l’esplosione del sistema Formigoni e gli scandali San Raffaele e Fondazione Maugeri. Arrestato Pierangelo Daccò, mediatore tra il “Celeste” e le strutture sanitarie private “dell’eccellenza lombarda”: beneficate con 250 milioni di soldi pubblici regionali, in cambio di “benefit” (forma postmodern­a di tangente) per 70 milioni di euro in viaggi, cene, vacanze, yacht, sconti su una villa in Sardegna. Il fondo è stato toccato con “la clinica degli orrori”, la Santa Rita di Milano, in cui il primario di chirurgia toracica Pier Paolo Brega Massone eseguiva operazioni superflue, inutili o dannose. Arrestato nel 2007, è stato condannato in appello all’ergastolo, per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà, per la morte di quattro pazienti e 45 casi di lesioni.

USCITO DI SCENAFormi­goni, al Pirellone è arrivato Roberto Maroni che ha subito annunciato una riforma della sanità, realizzata dal suo braccio destro per il settore, Fabio Rizzi, medico e leghista. Bobo non fa in tempo a magnificar­e la bontà dei suoi cambiament­i che Rizzi viene arrestato. Il 16 febbraio 2016 scattano 21 manette: Operazione Smile, la chiamano, perché stavolta le ruberie hanno a che fare con le cure odontoiatr­iche e il personaggi­o più rilevante, accanto al leghista Rizzi padre della nuova riforma che cambia il nome alle Asl in Ats, è l’imprenditr­ice Maria Paola Canegrati, detta “Lady Dentiera”. Le sue società avevano conquistat­o il monopolio dei servizi odontoiatr­ici appaltati in esterno dagli ospedali lombardi e pagati con i soldi della Regione. A finire in carcere, l’anno prima, è stato l’uomo più potente di Forza Italia in Lombardia: Mario Mantovani, console berlusconi­ano e già vice di Maroni in Regione. Accusa: corruzione e concussion­e per appalti nella sanità, compresa una gara sul trasporto dei dializzati.

di euro all’anno La spesa regionale per il comparto Voce del bilancio Tanto vale la “Salute” per il Pirellone

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Ansa L’Ospedale San Raffaele di Milano

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