Il Fatto Quotidiano

L’Esplorator­e

- » MARCO TRAVAGLIO

Stremato da 40 giorni di stallo post-elettorale con due vincitori, nessun governo e due giri di consultazi­oni a vuoto, lunedì 16 aprile il presidente Sergio Mattarella diede i primi violenti segni di insofferen­za: una lieve, quasi impercetti­bile increspatu­ra del labbro inferiore, peraltro ermeticame­nte incollato a quello superiore. Un inequivoca­bile presagio di tempesta in arrivo, che allarmò non poco i suoi più stretti collaborat­ori, ormai pronti al peggio. Infatti il capo dello Stato proruppe in un urlo belluino con quanto fiato aveva in gola (il solito refolo delle grandi occasioni, udibile soltanto con apparecchi acustici di altissima precisione e da alcuni cani addestrati con gli ultrasuoni): “Basta Di Maio, basta Salvini. Ora do un incarico esplorativ­o. Trovatemi un esplorator­e. Dunque, vediamo... La Casellati?”. Il suo staff replicò a una sola voce: “Quella s’è montata la testa, non risponde nemmeno al cellulare della figlia”. “Fico?”. “Alla Camera ha tagliato pure i telefoni. Pare che stia su un autobus da qualche parte: irraggiung­ibile ”.“Proviamo con M acca nico, che nel ’95 fu esplorator­e di Scalfaro”. “Presidente, è morto!”. “Ah, certo, è un bel problema. Allora chiamatemi Marini, che esplorò nel 2008 per conto di Napolitano dopo la caduta di Prodi”. “Niente da fare: dopo l’ inchiappet­tata del 2013, dice chele p aro le‘Pd’ e‘ Quirinale’ gli danno il vomito, e comunque sta alla macchia nel Parco nazionale d’Abruzzo, travestito da lupo marsicano ”.“Andiamo bene: allora scendete in piazza e portatemi il primo che trovate ”.

Funzionari e corazzieri si precipitar­ono giù e, vista l’ora (era appena scoccata la mezzanotte), trovarono soltanto una persona: il ragionier Torquato Pezzella, impiegato al catasto che, rimasto intrappola­to in una buca con la sua auto, aveva chiamato invano i soccorsi e si era ormai rassegnato a trascorrer­e la notte all’addiaccio. “Ragioniere, venga con noi senza fare domande”, gli dissero e lo condussero al cospetto del capo dello Stato. Il quale fu chiaro e perentorio: “Mi scusi, ragioniere, se l’ho importunat­a, ma l’ora oltreché tarda è grave. Quei deficienti dei politici che abbiamo appena eletto (si fa per dire) non riescono a combinare nulla, anche perché non si parlano. Quindi la nomino mio esplorator­e e lei, che è una persona normale, quindi sveglia, mi incontra i leader dei partiti (dica che la mando io, vedrà che la ricevono). Chiede a ciascuno che tipo di governo vuole e per fare cosa. Poi mi riferisce, così magari ci capisco qualcosa anch’io. Non mi dica di no perché sono disperato. Tanto lei non stava facendo nulla di importante, o sbaglio?”.

Tutto preso dall’alta funzione istituzion­ale, il ragionier Pezzella partì in missione per conto del Colle. Anzitutto a Palazzo Grazioli, unico domicilio conosciuto di un leader: Silvio Berlusconi. Visto il lasciapass­are presidenzi­ale, la sicurezza lo fece passare e lui si ritrovò subito coinvolto in un trenino al ritmo di samba con una sessantina di ragazze poco vestite, in testa al quale intravide il noto capino catramato. “Presidente, mi manda Mattarella: lei che governo vuole e per far che?”. “Guardi, mi va bene tutto, sono pure disposto a farmi generosame­nte da parte per il bene del Paese. Basta che al mio posto ci sia Ghedini, o Letta, o Confalonie­ri, o Doris, o Marina, o Renzi, o una di queste belle bambine... A proposito, vuol favorire? Katiuscia e Samantha, andate col signore, mi sa che non ciula dal congresso di Vienna...”. Il ragionier esplorator­e si schermì: “Grazie, presidente, come se avessi accettato. A proposito, sa mica dove abita Salvini?”. Quello gli indicò un hotel del centro, precisando che la camera era facilmente individuab­ile dalla presenza di sei paparazzi di Chi incollati al buco della serratura e nove 007 sul cornicione. Salvini fu molto cordiale: “Voglio un governo M5S-centrodest­ra. Detto fra noi, lo preferirei senza Silvio, ma non posso dirlo né tantomeno farlo, sennò quello mi rovina”. Poi, congedando­lo, svelò al ragioniere l’indirizzo di casa Di Maio. Pezzella faticò a riconoscer­e il leader grillino, per via della retìna elastica sui capelli. Capì che era lui dal pigiama col faccione di Grillo contornato da 5 stelle gialle. E gli ultimi dubbi svanirono quando Di Maio parlò: “Io preferissi un governo col Pd o la Lega o tutt’e due, a patto che io sarei premier. E che Berlusconi non parteciper­ebbe, sennò gli elettori mi rovinasser­o”.

Ormai si erano fatte le quattro e mancava all’appello il Pd. Ma, non sapendo chi in quel preciso istante ne fosse il leader, Pezzella raggiunse piazza del Nazareno e si accovacciò sul portone, in attesa dell’alba. Alle 7 lo svegliò Martina che tentava di entrare. “Lei è il segretario reggente, vero? Mi manda Mattarella”.“No, mi spiace, lei è male informato. Ieri mi hanno sfiduciato, ora il reggente è Orfini. Però mi han detto di venire ancora perché faccio bene le pulizie”. E sventolò lo spolverino di piume con la mano destra.

Alle 8.30 arrivò Orfini. “Mi manda Mattarella...”. “Non lo dica a me, io mi sono già dimesso da reggente. Parli con Renzi”. Questi arrivò alle 9 e andava di fretta: “Senti, o barbone, ’un c’ho spicci, vai da codesti populisti a 5Stelle e chiedi il reddito di cittadinan­za”. Pezzella lo corresse: “Ma che ha capito? Ho il mandato esplorativ­o del Quirinale per sapere che governo volete”. “A me lo chiedi? Io ’un voglio nessun governo, così gli italiani imparano. Hanno punito me? E io punisco loro. Tiè”. Ettore Rosato, neo-vicepresid­ente della Camera, giunse poco dopo con le idee molto chiare: “Puntiamo a un governo Lega-5Stelle che fallisca subito”. “Bel progetto: tanto peggio, tanto meglio”. “Ma che ha capito: non vogliamo un governo che fallisca”.“Ah, ho frainteso. Però puntate a un Lega-M5S, giusto?”. “No, sarebbe pessimo”. “Quindi un governo centrode- stra-Pd?”. “Macché, noi siamo alternativ­i alla Lega. E non vogliamo tornare al voto, sennò stavolta gli elettori ci asfaltano e a me tocca trovarmi un lavoro”. “Ok. Ma, siccome non potete allearvi col Pd perché voi siete il Pd, come fate a evitare contempora­neamente il Di Maio-Salvini, il Pd-Centrodest­ra e le elezioni?”. “Ah, non lo chieda a me”. “Scusi, ma perché non andate a vedere le carte di Di Maio, che ve lo chiede da un mese? Se poi è un bluff, lo smascherat­e”. “Per carità, siamo alternativ­i e incompatib­ili. Le dirò di più: se proponiamo a Di Maio il nostro programma, lui lo accetta subito senza neanche leggerlo”. “Fantastico: allora correte da Di Maio e avrete un governo che realizzerà il vostro programma: ancora meglio di Renzi, che realizzò il programma di Berlusconi... Che faccio: dico al presidente che incontrere­te Di Maio?”. “Non scherziamo: poi Di Maio accetta le nostre proposte e noi come facciamo a rifiutare?”. “Quindi dico a Mattarella che si torna alle urne?”. “Mavalà, con quella legge di merda?!”.“Mi scusi, ma non l’ha scritta lei?”. “Io? E chi gliel’ha detto?”. “Si chiama Rosatellum e lei è Rosato...”. “Mi scusi, ma non sono autorizzat­o a parlare. Chieda al capogruppo Marcucci che sta arrivando”. “Marcucci, che governo volete?”. “Non vedo l’ora che giuri il governo Di Ma io - Sa lvi ni ”. “E perché?”. “Boh, mi è venuta così”. “Altre idee?”. “Me ne viene solo una al giorno. Per le altre chieda in giro, ma non a Franceschi­ni o Emiliano o Orlando: quelli vo- gliono addirittur­a parlare coi 5Stelle... Ecco, guardi, c’è Delrio, il mio parigrado”. “Scusi, Delrio, Marcucci tifa per il governo Di Maio-Salvini. E lei?”. “Non ci credo, avrà capito male, noi siamo contro i populisti. Perciò stiamo all’opposizion­e”. “Ma per opporvi a chi, se non si sa ancora chi va al governo?”. “Ai populisti, no?”. “Ma ha appena detto di non volere un governo dei populisti”.“Sì, ma che possiamo farci? Di Maio ha il 32% e Salvini il 17”. “Se è per questo, voi avete il 18!”. “Ah già, è vero, come non detto”. “Quindi cosa devo riferire al presidente?”. “Faccia così: dica che al Nazareno non ha trovato nessuno”.

Il ragionier Pezzella salì al Colle sconsolato: “Presidente, io ci ho provato. Ma, con tutto il rispetto, temo che lei abbia sbagliato persona. Qui non ci vuole un esplorator­e: qui serve proprio uno psichiatra. E ora, se permette, io me ne tornerei nella mia bella buca. Già mi manca, lo sa?”. E, mentre scendeva le scale, udì un colpo di pistola.

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