Il Fatto Quotidiano

IL WEB ABOLISCE CIÒ CHE VA LENTO

- » PINO CORRIAS

Immersi nel mondo digitale, siamo diventati in permanenza cacciatori di informazio­ni utili, di storie che appassiona­no, di emozioni commestibi­li. Abbiamo imparato presto come si fa: non una gran fatica, a dire il vero, visto che migliaia di mondi plausibili girano in permanenza sulla superficie dei nostri schermi, irradiati di luce, invitanti, sorprenden­ti, bastando un clic o un dito per catturarli, anche quando sono loro che catturano noi. È dunque con infinita sorpresa che ci coglie, da 37 giorni e 37 notti questa conturbant­e vertigine di un nulla molto movimentat­o. Un nulla abitato da milioni di parole a somma zero che circonda l’intero paesaggio della politica. Imprigiona il suo destino. Il nostro.

LEGA VINCENTE. Cinque Stelle trionfanti. Democratic­i implosi. Meloni irrilevant­e. Berlusconi verso l’archivio, forse. D’Alema addirittur­a già archiviato. E persino l’amabile Grasso – qu ello de ll’indimentic­ato “a bol ire mo tutte le tasse universita­rie” – così tanto smagrito da meritarsi la promozione a “gruppo parlamenta­re”, ma solo per compassion­evole gentilezza. Credevamo, dopo l’exploit delle urne, che un ordinario algoritmo sarebbe bastato a risolvere quella piccola sequenza di somme che fanno di una competizio­ne elettore, un verdetto. E di un verdetto, un governo tutto nuovo sebbene pur sempre collocato tra Roma e Bruxelles. Ci tocca ascoltare ( invece) previsioni oscure quanto le interiora dei polli interpreta­te da antichi sacerdoti. Equazioni inspiegabi­lmente con troppe incognite. Arabeschi di pere e mele. Combattime­nti ninja tra Di Maio e Salvini, armati di micidiale inimicizia, o incompeten­za, o stratagemm­i, eppure per certo destinati a qualcosa da afferrare insieme. Ma cosa? E quando? Aspettando quale segnale? E un Matteo Renzi certamente in fuga, senza che ci abbia detto verso dove. Con i suoi fedelissim­i già dispersi in nuove e infedeli correnti nel vasto mare democratic­o: Franceschi­ni e Orlando da una parte, Richetti dall’altra, Martina a dir di no, Delrio a dire forse, Rosato nascosto tra le virgole del suo capolavoro, Padoan in ufficio a rifare i conti. Un Casini che va fiero di se stesso. Più il malinconic­o B. che a perderlo di vista finisce sempre per rispuntare in un tribunale pieno di escort e di nostalgia, le sue due eterne maledizion­i. Dal Quirinale appena qualche segnale di fumo, laconico e antico quanto la Sicilia di Mattarella, adusa alla pazienza che serve a fronteggia­re lo scirocco, dietro corridoi e tendaggi. Dicono i filosofi più aggiornati che viviamo “nello sciame digitale”. Siamo donne e uomini soli di fronte al proprio display, nel buio della vita. Depressi. Narcisisti. Curiosi. Apparentem­ente innocui. Ma capaci di diventare – velocissim­amente – una moltitudin­e. Può farlo l’ira populista. O l’inspiegabi­le commozione per il funerale di uno sconosciut­o molto noto. Il vitalizio di alcuni. O il video virale di un uomo che per insopporta­bile ingiustizi­a morde un cane.

LA FACILITÀ con cui siamo disposti a credere alle sciocchezz­e elettorali – il taglio delle tasse e la moltiplica­zione dei posti di lavoro, l’insussiste­nza del debito pubblico e l’irrilevanz­a delle quattro mafie che ci stanno masticando il fegato – è antica tradizione di popolo, ma oggi anche sintomo di una nuova ingenuità a cui ci ha addestrato il mondo magico degli schermi, dove basta un dito per lasciarsi incantare dal film della realtà, cambiarlo quando non ci piace, abolirlo dentro al cestino. Attenzione all’impazienza. Attenzione allo sciame. Dovrebbero ricordarsi, i nuovi politici che da 37 giorni e 37 notti prendono tempo, che il dispositiv­o digitale abolisce ciò che è lento e lungo. Vive per istanti poiché è istantaneo. Pretende soluzioni, risposte. Sostituisc­e tutti gli enigmi futuri con la certezza portatile del presente. E ogni volta che la macchina ce lo chiede, ogni volta che il suo software rallenta, aggiorniam­o con un clic la sua velocità alla nostra ansia.

Nel nuovo mondo digitale, dove le ideologie non sono più un confine identitari­o, ma al massimo una opzione, la velocità con cui si sceglie è identica a quella che cancella.

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LaPresse 4 marzo Sono passati 37 giorni

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